Nel canto XXV del Purgatorio con le spiegazioni di Stazio
di Leonardo Gallotta
Possiamo dire che un canto eminentemente didascalico sia bello e poetico? ร cosa ardua rispondere affermativamente e tuttavia, nella Divina Commedia, canti di questo tipo ci sono e hanno un loro perchรฉ.
Dante ha appena visto le anime terribilmente magre dei golosi ed รจ tormentato da un dubbio: come possono dimagrire quelle anime che, essendo prive di corpi materiali, non hanno la necessitร di nutrirsi? Dante teme di risultare molesto esprimendo tale dubbio, ma รจ incoraggiato da Virgilio che invita Papinio Stazio a dare una risposta precisa. Stazio, tuttavia, non scioglie subito il dubbio di Dante, ma prende la cosa alla lontana esponendo la teoria della formazione del corpo umano con lโanima vegetativa e sensitiva. Cโรจ una parte del sangue, definito โperfettoโ, che rimane nel cuore e lรฌ assume una virtรน formativa: รจ cioรจ destinato al concepimento. Infatti non รจ assorbito dal corpo, ma, ancora puro. diventa seme, scende negli organi genitali maschili e di lรฌ stilla sopra il sangue femminile nellโutero.
La virtรน attiva di cui il sangue maschile รจ portatore costituisce dapprima lโanima vegetativa come nelle piante e poi quella sensitiva, con la formazione, in questo secondo stadio, degli organi preposti ai vari sensi dellโorganismo. Ultimata la sua breve trattazione embriologica (in cui Dante non si scosta dalla scienza del tempo, seguendo sia Alberto Magno che San Tommaso dโAquino), rimane il punto piรน delicato, ovvero il passaggio dalla vita animale a quella di uomo razionale. ร un punto sul quale โ dice Stazio โ piรน di un savio ha errato. Il riferimento รจ ad Averroรจ, il filosofo arabo posto comunque da Dante tra gli โspiriti magniโ del Limbo. Ora bisogna tener presente che per Averroรจ lโintelletto possibile, cioรจ la facoltร del solo uomo di attingere le veritร universali, non รจ stato dato da Dio ad ogni singolo individuo, ma รจ unico per tutti. ร chiaro che ciรฒ implicava la negazione dellโimmortalitร dellโanima individuale. ร dunque questo lโerrore del filosofo arabo che Dante per bocca di Stazio vuole correggere. Il tono, nel testo, diviene piรน alto (โApri a la veritร che viene il pettoโ): lโanima razionale รจ emanazione diretta di Dio e le due anime inferiori con quella razionale diventano unโunica anima individuale. Con la morte poi le prime due divengono inerti, mentre la razionale, libera dagli impacci dei sensi, nella sua attivitร diviene piรน acuta di prima.
Detto tutto ciรฒ, rimane da sciogliere il dubbio iniziale di Dante e Stazio continua. Con la morte dellโindividuo, lโanima puรฒ andare alla riva dellโAcheronte, cioรจ dannata nellโInferno o alle rive del Tevere, cioรจ salvata in Purgatorio. Ora la โvirtรน formativaโ, agendo sullโaria che la circonda, forma con questa un corpo aereo del tutto simile al corpo vivo. Il corpo aereo (o sottile) si conforma poi secondo i desideri e le sensazioni dellโanima (detta anche ombra, in quanto ha figura, ma non consistenza) e questo รจ il motivo per cui Dante si meraviglia. A dire il vero la spiegazione non รจ proprio esaustiva, dal momento che non ci viene spiegato โcomeโ il dimagrimento avvenga e fino a che punto.
Tutto il discorso di Stazio avviene durante il cammino che porta alla settima e ultima cornice, quella dei lussuriosi. I penitenti camminano in una cortina di fuoco proveniente dalla roccia, ma respinto da un vento proveniente dallโesterno che lascia cosรฌ uno stretto sentiero dove i tre poeti riescono a camminare ad uno ad uno. I penitenti alternavano il canto dellโinno Summae Deus clementiae con il grido di esempi di castitร : โVirum non cognoscoโ, le parole di Maria allโAngelo e la vita di Diana cacciatrice che viveva nei boschi per amore di castitร . E ricordavano infine mogli e mariti che vissero castamente il loro matrimonio.
Che il canto XXV anche quantitativamente sia didascalico รจ un fatto. La parte narrativa รจ allโinizio ridotta al minimo ed anche le terzine degli ultimi trentun versi non rivelano un particolare impegno poetico della fantasia di Dante. Stante tutto ciรฒ, รจ chiaro che non possiamo dire che il canto che abbiamo esaminato sia bello ed entusiasmante. Certo anche in un canto didascalico ci sono delle โscheggeโ poetiche (si pensi allโimmagine del cicognino che non si azzarda a volare o a quella dellโarcobaleno che รจ ben visibile pur essendo inconsistente) come suggerisce Umberto Bosco, non sufficienti perรฒ a farci apprezzare il canto come bello.
Dobbiamo allora fare un discorso di carattere piรน ampio. La Divina Commedia รจ ormai universalmente riconosciuta come opera didascalico-allegorica che affronta le piรน diverse tematiche. E questo รจ conseguenza dellโidea che nel Medo Evo si aveva dellโuomo di cultura che tanto piรน grande era quanto piรน il suo sapere era enciclopedico. Dante, consapevole di ciรฒ, inserisce parti o addirittura canti che devono mostrare le sue ampie conoscenze e quindi rivelare la sua grandezza intellettuale e non solo poetica.
Orbene la Divina Commedia dobbiamo vederla come una Cattedrale, dove ci sono parti luminose e parti piรน scure, parti slanciate e parti piรน massicce, elementi figurativi piรน riusciti o meno riusciti. Ma non dobbiamo fissarci sui particolari. La Cattedrale va vista e apprezzata da lontano nel suo complesso. Cosรฌ รจ anche per la Divina Commedia, un poema di 100 canti, di 4.711 terzine e di 14.233 versi. Come si puรฒ non pensare che vi siano versi belli e versi brutti, terzine belle e terzine brutte, canti belli e canti brutti? La Divina Commedia รจ una Cattedrale letteraria. Leggiamola senza lente di ingrandimento e la apprezzeremo e la ameremo nei suoi contenuti, nei suoi insegnamenti e nella sua maestositร .
Sabato, 24 luglio 2021
