di Michele Brambilla
Il 17 febbraio è stata la VI domenica del Tempo ordinario, ma, nella forma straordinaria del rito romano, questa domenica prende il nome di “Settuagesima” poiché mancano 70 giorni alla Pasqua: «Per corrispondere all’appello del Maestro, che viene a cercarci fin nell’abisso dove ci ha sprofondati il peccato del nostro primo padre, andiamo a lavorare nella vigna del Signore, scendiamo nell’arena e incominciamo con coraggio la lotta, la quale si intensificherà sempre più nel tempo della Quaresima» (Messale Romano, Berruti, Torino 1935, p. 274). Anche il Messale Ambrosiano inizia, in questa domenica, a preparare il terreno per la semina quaresimale: «O Dio onnipotente, guida la nostra vita nell’obbedienza al tuo volere e dona di arricchire la propria esistenza con opere di giustizia a chi cerca di operare nel nome del Signore Gesù» (orazione all’inizio dell’assemblea liturgica della VI domenica dopo l’Epifania).
Del resto, quale preparazione migliore alla sempre più vicina Quaresima della lettura delle Beatitudini? Papa Francesco spiega che «il Vangelo di oggi (cfr Lc 6, 17, 20-26)», nel Lezionario Romano, «ci presenta le Beatitudini nella versione di San Luca. Il testo si articola in quattro beatitudini e quattro ammonimenti formulati con l’espressione “guai a voi”. Con queste parole, forti e incisive, Gesù ci apre gli occhi, ci fa vedere con il suo sguardo, al di là delle apparenze, oltre la superficie, e ci insegna a discernere le situazioni con fede». In poche parole, dice il Pontefice, «la pagina del Vangelo odierno ci invita dunque a riflettere sul senso profondo dell’avere fede, che consiste nel fidarci totalmente del Signore. Si tratta di abbattere gli idoli mondani per aprire il cuore al Dio vivo e vero».
Non è un caso che nei secoli passati le SS. Quarantore, ovvero l’adorazione continuata del SS. Sacramento nelle chiese, si collocassero proprio nel Tempo di Settuagesima, corrispondente a livello civile al Carnevale. Nella Roma a cavallo dei secoli XVI e XVIII, la possibilità di aggirarsi per le strade mascherati moltiplicava le occasioni di peccato, finanche alle rapine e agli omicidi, pertanto nelle chiese si allestivano grandiosi troni eucaristici per ricordare a tutti che l’unica cosa da bramare davvero nella vita è la presenza del Signore. «[…] Egli solo», conferma il Santo Padre, «può dare alla nostra esistenza quella pienezza tanto desiderata eppure difficile da raggiungere», ed avverte: «Fratelli e sorelle, sono molti, infatti, anche ai nostri giorni, quelli che si propongono come dispensatori di felicità: vengono e promettono successo in tempi brevi, grandi guadagni a portata di mano, soluzioni magiche ad ogni problema, e così via. E qui è facile scivolare senza accorgersi nel peccato contro il primo comandamento: cioè l’idolatria, sostituire Dio con un idolo».
Si potrebbe pensare che «idolatria e idoli sembrano cose di altri tempi, ma in realtà sono di tutti i tempi! Anche di oggi». Quei due vocaboli, insiste il Pontefice, «descrivono alcuni atteggiamenti contemporanei meglio di molte analisi sociologiche. Per questo Gesù ci apre gli occhi sulla realtà. Siamo chiamati alla felicità, ad essere beati, e lo diventiamo fin da ora nella misura in cui ci mettiamo dalla parte di Dio, del suo Regno». L’idolatria scompare a mano a mano che si agisce secondo la logica “rovesciata” delle Beatitudini. «La Vergine Maria ci aiuti ad ascoltare questo Vangelo con mente e cuore aperti, perché porti frutto nella nostra vita e diventiamo testimoni della felicità che non delude, quella di Dio che non delude mai».
Lunedì, 18 febbraio 2019