L’Angelus di domenica 24 settembre, XXV del Tempo ordinario, tocca una delle parabole più celebri ed allo stesso tempo controverse del Vangelo di Matteo (Mt. 20,1-16), quella degli operai presi a giornata e retribuiti tutti allo stesso modo, sia che fossero stati chiamati la mattina, sia appena un’ora prima della paga.
Questa “ingiustizia” del padrone serve a provocare, in chi ascolta la parabola, un salto di livello, perché qui Gesù non vuole parlare del problema del lavoro o del giusto salario», dice Papa Francesco, «ma del Regno di Dio! E il messaggio è questo: nel Regno di Dio non ci sono disoccupati, tutti sono chiamati a fare la loro parte; e per tutti alla fine ci sarà il compenso che viene dalla giustizia divina – non umana, per nostra fortuna! –, cioè la salvezza che Gesù Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione».
E’ un messaggio consolante, poiché ci rende certi che Cristo non valuta i nostri sforzi sulla base di un metro meramente quantitativo. Non baderà troppo neanche alla cronologia: chi ha lottato per Cristo riceverà un’uguale veste nuziale, qualsiasi sia la posizione del secolo in cui è vissuto tra l’Incarnazione e il Giudizio finale, che sia stata un’epoca di persecuzione o di “bonaccia”, che si sia convertito da bambino o in punto di morte. Nel santorale cattolico troviamo sia un Pio IX (86 anni) che un Josè del Rio (14 anni), un aitante Luigi IX e un Ermanno lo Storpio.
E’ pure un ammonimento verso quelle parrocchie o comunità religiose sovraccariche di iniziative, nelle quali, però, si rischia di perdere il centro propulsore, che è condurre a Cristo medesimo, e si serve più il desiderio dei singoli di emergere che il riconoscimento dei carismi autentici. Nei giorni in cui in molte parti d’Italia cominciano le attività della catechesi dopo la pausa estiva, sacerdoti e laici sono chiamati a confrontarsi con un testo che mette un po’ d’ordine nelle priorità e invita a confidare in una Provvidenza che accresce il valore di ogni sforzo umano, raggiungendo dimensioni e profondità sconosciute al seminatore.
«Si tratta di lasciarsi stupire e affascinare dai «pensieri» e dalle «vie» di Dio che, come ricorda il profeta Isaia, non sono i nostri pensieri e non sono le nostre vie», poiché spesso «i pensieri umani sono segnati da egoismi e tornaconti personali», mentre dalla parabola emerge la gratuità dell’agire di Dio nei nostri confronti. Il Signore si è consegnato completamente nella Pasqua per donare all’uomo una nuova misura di amore. «Gesù vuole farci contemplare lo sguardo di quel padrone. (…) non esclude nessuno e vuole che ciascuno raggiunga la sua pienezza».
di Michele Brambilla