Dom Francesco di Sales Pollien, Cristianità n. 222 (1993)
La gloria di Dio
La Pianta di Dio, trad. a cura delle monache del Monastero di Rosano, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1957, parte prima, capitolo XV, §§ 92-97, pp. 61-63.
La gloria. Che cos’è la sua gloria? Osserva un operaio: ha fatto un capolavoro. Che cos’è la gloria di quest’operaio? Il suo capolavoro stesso. Ma come mai il suo lavoro è la sua gloria? Per il fatto che l’opera mostra la sua abilità: la sua perfezione di operaio si rivela nella perfezione del suo lavoro. Perciò la gloria di Dio è lo splendore delle sue perfezioni che brilla nella sua creazione. E non soltanto è questo splendore, ma anche il riconoscimento e la lode delle sue grandezze da parte di coloro che possono conoscerLo ed apprezzarLo.
Se l’autore di un’opera magistrale non trova nessuno per giudicarne e lodarne il valore, dove sarà la sua gloria? In se stesso, senza dubbio, ma fuori di sè non ne avrà.
Intrinseca. Dio possiede nell’attività immanente della sua Trinità, una gloria infinita, la sua gloria interiore alla quale nessun essere può aggiungere nulla. Possiede il proprio essere, lo conosce, lo ama; ed è la sua gloria eterna, immutabile come Lui, assoluta come Lui; è la sua vita, è Lui stesso.
Le opere delle sue mani nella creazione non lo possono nè aumentare nè modificare. Naturalmente Egli non si è risolto a creare per aumentare la felicità della sua maestà: ha tutto, è tutto. Che bisogno può avere dei nostri beni [Ps. 15, 2]? E che cosa abbiamo che non venga da Lui?
Estrinseca. Ma se Egli non ha bisogno di nulla, se niente di noi può essergli utile, esiste tuttavia una relazione di ordine necessario di noi a Lui. Come potrebbe il frutto delle sue opere avere un fine fuori di Lui, un fine che non sia Lui? Appartiene all’ordine assoluto che la cosa sia del suo Padrone, che a Lui ne sia attribuito l’onore. Per conseguenza una necessità di relazione essenziale esige che le nostre vite siano riferite a Dio e che ogni onore e ogni gloria gli siano resi per tutto ciò che ha fatto [I Tim. 1, 17].
Non gli rendiamo se non ciò che Egli ci dà. L’essenza della sua natura e della nostra natura esige che sia così: il carattere assoluto della nostra dipendenza ci sottomette a Lui completamente e noi Lo glorifichiamo quando Gli facciamo omaggio di ciò che siamo, abbiamo, facciamo; è un olocausto di cui la giustizia immanente nulla ci permette di frodare [Is. 61, 8].
Per mezzo del Cristo. La gloria dell’operaio sta nella completezza della sua opera: la gloria di Dio consisterà perciò nella completezza della sua idea creatrice. Ora, tu sai bene qual’è il piano completo del pensiero divino: è il suo Cristo, quel Cristo totale, quella vite perfetta che sarà la Chiesa Eterna. Lassù sarà la glorificazione piena, il degno coronamento delle opere divine, lassù saranno manifestate, cantate, esaltate le sue munificenze e le sue perfezioni.
Il concerto di lode e di onore che Gli tributeranno gli Angeli e i Santi uniti al Cristo, divenuti una cosa sola nel Cristo, sarà il trionfo eterno. Tutto terminerà in questo frutto, intenzione prima e meta ultima della creazione.
Nella Chiesa. Tutto vi doveva far capo per mezzo della vite perfetta, dell’unione di tutti al Cristo, se la prima legge fosse stata osservata nella sua integrità.
Fermiamoci a considerare questo piano integrale di Dio, esso ci apparirà meglio nella sua purezza.
La Chiesa della terra non doveva avere più rughe o macchie di quelle che ha la Chiesa del cielo: sarebbe stata un inizio che avrebbe dovuto man mano svolgersi verso la pienezza definitiva.
Guarda la Vergine madre nostra immacolata: è stata preservata dal contagio del nostro male ed è rimasta sola, tipo ideale del nostro stato primitivo. Certo non avremmo avuto i suoi doni eminenti perchè nella sua duplice qualità di Madre di Dio e Madre della Chiesa possiede un’eccellenza di grazia che la innalza al disopra di tutti i santi insieme, ed oltre alla sua grazia personale, racchiude in sè tutte le nostre grazie, che da Lei passano in noi.
Ma prima che in Maria queste grazie sono nel Cristo. Egli ha infatti in sè le sue grazie personali che sorpassano quelle di Sua Madre; possiede quelle di Sua Madre che da Lui le riceve, quelle della Sua Chiesa che da Lui vengono a posarsi in Maria affinchè da lei ci vengano comunicate.
Così è costituito il grande albero di vita piantato in mezzo al paradiso: il Cristo è più grande di Maria, Maria più grande della Chiesa; il Cristo, Maria, la Chiesa: Trinità creata, insieme completo della pianta di Dio per la sua gloria.
Senza macchia. Il Cristo, essendo Dio, non ha potuto assumere alcuna imperfezione nella sua umanità. Maria, la quale non è altro che una creatura, è rimasta nella sua intimità vicinissima al Figlio suo, pura anche essa della primiera ed assoluta purezza.
Se la nostra vocazione si fosse mantenuta all’altezza dei disegni divini, avremmo imitato la Vergine, imitato il Cristo in questa esenzione da qualsiasi contaminazione, avremmo avuto il nostro dono secondo la misura del nostro posto nel Cristo [Ef. 4, 7].
Vi sarebbe stata diversità di grazia, di ministeri, di operazioni [I Cor. 12, 4], ma ovunque integrità, ovunque perfezione.
Ciascuno, utilizzando la pienezza del suo dono, avrebbe raggiunto la pienezza propria alla sua vita e avrebbe dato a Dio la sua misura piena di gloria.
Dom Francesco di Sales Pollien certosino