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La guerra e l’Europa che verrà

26 Luglio 2016 - Autore: Marco Invernizzi

Stavo riflettendo sull’idea di “crisi di civiltà” usata da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere per descrivere il mondo occidentale odierno, quando mi ha raggiunto la notizia che un prete cattolico è stato sgozzato dai due uomini in una chiesa nei pressi di Rouen, in Francia. Gli assassini sembra abbiano inneggiato all’islam, prima di entrare in azione.

Hanno così cominciato a colpire i luoghi di culto dell’Occidente, come molti presentivano da un po’ di tempo. Ma la riflessione è ripresa subito. Chi e che cosa colpiscono questi terroristi di matrice islamica? Chi siamo noi, oggi?

Crisi di civiltà è un’espressione antica, che accompagna la nostra storia da secoli. Crisi di civiltà descrive il passaggio epocale dalla società antica a quella cristiana, attraverso le persecuzioni dei primi tre secoli e la Prima evangelizzazione dell’Europa dei successivi, un tempo segnato da persone straordinarie oltre che da grandi santi, come per esempio il generale Stilicone, un barbaro romanizzato e convertito al cristianesimo, che difese l’impero fino alla morte e cercò sempre di salvarlo dalla fine, cercando di integrare i barbari per farli collaborare nella difesa dell’Impero e che credette nei consigli di Sant’Ambrogio che invitava a trattare i barbari con la legge della Misericordia, perché soltanto così si sarebbero convertiti. Ma crisi di civiltà è per esempio il titolo di un libro del grande storico olandese Johan Huizinga, che addirittura negli Anni trenta del secolo scorso intuiva la crisi profonda in cui versava l’Europa, in balia delle ideologie che pochi anni dopo avrebbero provocato la Seconda guerra mondiale.

Crisi di civiltà è la parola giusta per descrivere la nostra povera Europa di oggi, immersa nella dittatura del relativismo, dopo la crisi delle ideologie. Un’Europa che non è in grado di dire e dare nulla ai suoi pochi giovani che vi nascono e vivono. E tuttavia a questa Europa, ai suoi abitanti la Chiesa è sempre in grado di offrire una speranza. È quanto sta facendo Papa Francesco indicando la strada della Misericordia e del perdono, offerti a uomini disastrati eppure ancora capaci di conversione. Uomini che se si convertissero sarebbero ancora capaci di rispondere in modo significativo alla “terza guerra mondiale a pezzi” in cui si trova immerso il nostro mondo. Uomini ai quali, forse, oltre all'”ospedale da campo“, andrebbe offerta l'”opzione Benedetto“, cioè una grande prospettiva ideale di rinascita culturale e spirituale, che all’inizio verrà custodita soltanto da piccole minoranze, ma che poi, come accadde con la Prima evangelizzazione, riuscirà a far nascere un mondo nuovo, la Cristianità.

Marco Invernizzi

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