Chi ha vinto le primarie della Lega Nord? E, soprattutto, quale linea politica e culturale ha prevalso?
Il risultato era obiettivamente scontato. Matteo Salvini controlla il partito oramai da molti anni e l’opposizione interna appariva soltanto una opposizione a “sua maestà”, ovvero una opposizione tollerata per mostrare che siamo pur sempre in Italia, non nella Bulgaria del socialismo reale. A parte il “caso Umberto Bossi”, ovviamente.
A me, però, non interessano tanto le vicende interne alla Lega, quanto l’ambizioso progetto del suo segretario di portare in tutta Italia un’alternativa reale al renzismo e al grillismo, i due volti politici del relativismo dominante nella cultura politica del nostro Paese, e di farlo costruendo un’alternativa vera e propria soprattutto al primo, diversamente dalle posizioni ambigue e altalenanti che, sempre nel Centrodestra, caratterizzano la politica attuale di Silvio Berlusconi.
Personalmente credo sia giusto cercare di portare in tutte le regioni italiane un progetto culturale e politico che ha funzionato in Lombardia e in Veneto, pur con tutti i limiti dovuti al fatto che le due Regioni appartengono a uno Stato centralista che le ha ostacolate in ogni modo. Un progetto che non si fonda soltanto sulla Lega, ma su tutti i partiti di Centrodestra alleati, ma nel quale certamente la Lega ha una importante voce in capitolo. Un progetto, inoltre, che sembra stia attecchendo anche in Liguria, guidata dalla stessa coalizione politica. Del resto, il federalismo, l’autonomismo e la centralità del Comune nell’Italia dei mille campanili, rappresentano una cultura politica alternativa che può funzionare al Sud come al Nord, pur con necessari adattamenti. Ma, soprattutto, è la centralità attribuita alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione che differenziano queste regioni dalla politica nazionale. Non dimentichiamo la presenza dei gonfaloni di Liguria, Lombardia e Veneto all’ultimo Family Day, le loro politiche pro-family, i convegni in difesa della famiglia a Milano nel 2015 e a Genova poche settimane fa, le leggi regionali che prevedono un buono scuola a favore delle famiglie, e, in Lombardia, la legge sul Fattore Famiglia, gli asili nido gratis, il bonus bebè, gli interventi per gli anziani, i disabili e le altre componenti fragili all’interno del nucleo famigliare (nonché per i genitori separati), il bonus affitti, la dote sport.
Poche cose? Sì, forse poco dal mio punto di vista, ma qualcosa da ricordare, non da dimenticare. E lo dice uno che non ha mai avuto molta fiducia nella politica perché sa perfettamente come, in Occidente, la partita si vinca conquistando il consenso, ossia influenzando il modo di ragionare delle persone. La cultura, in sostanza. Ma anche in questa prospettiva non si possono non ricordare le politiche culturali di queste regioni, per promuovere e difendere le identità radicate nel territorio.
La cosa che però mi preoccupa è che il progetto non viene percepito in questi termini dall’opinione pubblica: non saprei se per carenza comunicativa di Salvini o per il solito semplicismo ideologico di gran parte dei giornalisti, ma la realtà mi pare questa.
La gente percepisce il progetto di portare la Lega in tutte le regioni italiane come un accodarsi a un populismo nazionalista di moda, che reagisce contro i disastri dell’Unione Europea, la quale umilia i popoli per favorire le banche e danneggia l’economia nazionale a vantaggio della finanza internazionale. Ora, è indubbio che queste ragioni siano autentiche e che sia giusto proteggere o ripristinare un po’ di sovranità nazionale contro l’invadenza dì Bruxelles o rivedere le politiche economiche liberiste che impoveriscono le classi medie facendo diventare i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ma questo è semplice buon senso e lo hanno capito persino Matteo Renzi e Beppe Grillo, che spesso e volentieri criticano la UE per non perdere consensi.
Ma lo specifico della Lega è un altro. Il suo merito storico è avere ricordato che l’Italia moderna è nata e si è sviluppata attorno a un peccato originale, quello di uno Stato che, con la forza, ha cercato di occupare la società per “fare gli italiani” secondo i diversi progetti ideologici della storia nazionale, il liberalismo, il nazionalismo, il fascismo, il catto-comunismo e anche il craxismo. Nemmeno i dieci anni di governi Berlusconi, con tanto di ministri leghisti, sono riusciti a invertire la rotta, perché mancavano la convinzione, la volontà e anche, bisogna riconoscerlo, i poteri reali per mettere in pratica una revisione così radicale.
La Lega avrà ancora una funzione storica se saprà mantenere accesa questa luce, che il federalismo va bene per tutti i popoli italiani, che la famiglia è la base su cui cominciare a ricostruire una società liquida e lacerata, che se la vita non viene difesa sempre, dal concepimento alla morte naturale, nulla si può costruire perché il bene comune verrebbe compromesso, e infine che lo Stato deve fare bene le cose che gli competono, senza occupare la società.
È lecito sperare che questo possa accadere nei prossimi mesi?
Marco Invernizzi