Da “Comunità ambrosiana” del 9 dicembre 2016
Il dato dell’affluenza è altissimo, intorno al 75%, il NO ha vinto con il 55% dei voti. Probabilmente, guardando dentro la riforma costituzionale i lombardi hanno visto una minaccia concreta al loro modello di sviluppo regionale. Centralizzare significava perdere il controllo di alcune competenze chiave come la sanità o la cultura che in Lombardia funzionano anche se la regione non gode di uno statuto “speciale”. In questo contesto c’è il dato di alcune città lombarde che “stona”: a Milano con il 51%, ma anche a Bergamo, con il 52,9%, a Monza (50,4%) e a Mantova (52,3%) ha vinto il SI.
Partiamo da alcune considerazioni di quadro: la città è sempre più crocevia di interessi non solo nazionali ma anche internazionali e, come ha sottolineato il cardinal Scola nel discorso alla città di Milano, è proprio il centro geografico dell’Europa. Inoltre EXPO ha regalato una visibilità che la città da molti anni non aveva, creando un vero e proprio circolo virtuoso, tanto da definirne una nuova rinascita. Evidentemente le élite trovano qui un luogo privilegiato per i loro commerci economici e di idee. A ciò aggiungiamo un altro fenomeno, ricordato da Papa Francesco nella Laudato Si, ovvero la grande rivoluzione antropologica in corso da secoli, l’urbanizzazione della vita umana. Ormai parlare di Milano solo riferendosi ai confini sottolineati dalla circonvallazione è riduttivo, Milano è ormai una metropoli di 10 milioni di abitanti.
Per il NO si sono spese diverse forze politiche oltre a realtà di piazza, certamente non omogenee: i comitati per il NO compresi quelli nati dalle piazze del Family Day, il centro-destra con sottolineature diverse, la sinistra, il M5S.
Dal nostro punto di vista è interessante notare due elementi. Il primo è che nelle città se “dividiamo” i voti del fronte del NO la prospettiva del politically correct è vincente (come hanno dimostrato le recenti elezioni comunali a Milano) non avendo di fronte un progetto alternativo credibile che sappia conquistare le élite; secondo, la trazione leghista del centro destra, e il movimentismo del M5S, convincono solo in provincia. Confrontando i risultati delle ultime amministrative è plausibile però considerare che il NO in provincia sia di provenienza Leghista.
Se è vera l’analisi si pongono due problemi per le forze che vorrebbero proporsi come alternativa al centro sinistra e ai grillini: uno di tipo progettuale e uno di tipo strategico territoriale.
Iniziamo dal secondo: le città non possono essere abbandonate. Solo a titolo di esempio, ricordiamo che la rivolta contro il ddl Scalfarotto è nata in provincia ma ha avuto a Milano il suo apice con veglie delle Sentinelle in Piedi che superavano i mille aderenti e il convegno che ha rotto la cappa del politicamente corretto (Difendere la famiglia per difendere la comunità) ha avuto sede a Milano (l’organizzazione era della Regione Lombardia ma in altra location non avrebbe avuto la stessa rilevanza). Pensando al futuro, il processo di urbanizzazione non termina oggi, andrà avanti, rendendo ancor più importante “la città” per qualsiasi progetto politico che voglia governare il paese.
La questione progettuale è forse la più ardua. Le prospettive in cui si muovono le forze politiche in campo sembrano sostanzialmente delle fotocopie (ad esclusione della Lega) tutte improntate su un politicamente corretto più o meno accentuato con punte sinistre preoccupanti. La domanda è semplice, perché l’elettore dovrebbe votare una copia e non l’originale?
Secondo aspetto, la vicenda Lega. Dovrebbe far riflettere che un partito dato per morto qualche anno fa ha saputo intercettare l’esigenza di rappresentanza di una parte di elettorato abbandonato dalla politica dopo la caduta del Governo Berlusconi nel 2011. Il “Popolo della Libertà”, partito che conquistò il consenso e permise a Berlusconi di diventare premier, era l’espressione dell’elettorato della maggioranza silenziosa del paese certamente “conservatrice”. Si tratta dell’elettore sensibile ai principi non negoziabili, contento di essere lombardo e italiano, che vede nell’Europa una minaccia al proprio stile di vita. La Lega Nord, da partito morto si è ritrovato ad essere il terzo partito italiano, sebbene non riuscendo a sfondare in quell’elettorato che mal sopporta i toni “da bar” che spesso caratterizzano la comunicazione leghista.
Questa piccola storia può aiutare a costruire una piattaforma su cui edificare una prospettiva alternativa al politically correct.
Quali possono essere gli elementi che potrebbero rinsaldare il cosiddetto elettorato moderato? Se allarghiamo il quadro all’elezione di Trump e alla vicenda Brexit e non ultimo alla consultazione referendaria italiana possiamo individuare tre linee di forza: il rifiuto del centralismo (soft, ma invasivo, sia che si tratti di centralismo di Stato o dell’Unione Europea); la difesa della vita e della famiglia (aggredita da più parti come elemento che ostacola il sol dell’avvenire); la libera economia fatta soprattutto da artigianato e piccole industrie (in alternativa alle grandi concentrazioni economiche delle multinazionali e della finanza sovranazionale).
Queste tre linee di forza non sono parte del patrimonio delle élite che vivono nelle città lombarde, che governano il paese e l’Europa. Bisogna ricostruire intorno a questi punti un progetto credibile che sappia esprimere una classe dirigente all’altezza delle aspettative del popolo, che sappia interloquire senza complessi di inferiorità con i cosiddetti poteri forti, soprattutto culturali, che sappia governare in questi tempi difficili dove si sono innestati processi, come quello immigratorio, che non può essere semplicemente rifiutato. Riconquistare la classe dirigente delle città, far crescere giovani che abbiano a cuore il proprio paese (non in versione ideologica, ma incarnata nel proprio municipio, nel proprio campanile) e che domani siano in grado di dirigere la nazione.
Ecco il perché del “In Lombardia ha vinto il NO, forse”. La semplificazione per cui il popolo ha battuto le élite, dunque andiamo a votare, non sembra proprio azzeccata, tanto che viene proposta con forza soprattutto da Renzi, sconfitto ma con a disposizione un pacchetto di voti che potrebbe farlo diventare il partito di maggioranza relativa nel Paese.
Riconquistare Milano e riconquistare le città con un progetto all’altezza appare l’unica soluzione per riconquistare l’intero paese, dando voce a quella parte del paese che non sopporta più il politically correct.
Bisogna avere pazienza e cominciare a costruire.
Michelangelo Longo