di Michele Brambilla
I Santi sono coloro che già su questa terra ci indicano la meta, il Signore, e ci rassicurano sulla veridicità della nostra fede. Papa Francesco all’Angelus del 5 agosto ricorda ai fedeli che «(…) quarant’anni fa il Beato Papa Paolo VI stava vivendo le sue ultime ore su questa terra. Morì infatti la sera del 6 agosto 1978. Lo ricordiamo con tanta venerazione e gratitudine, in attesa della sua canonizzazione, il 14 ottobre prossimo. Dal cielo interceda per la Chiesa, che tanto ha amato, e per la pace nel mondo. Questo grande Papa della modernità, lo salutiamo con un applauso, tutti!», ma cade in questa data anche una delle ricorrenze più care ai cittadini romani, la Dedicazione della basilica di S. Maria Maggiore, detta popolarmente “Madonna della Neve”.
Correva l’estate dell’anno 352. Papa S. Liberio (Pontefice dal 17 maggio 352 al 24 settembre 366, quando morì) sognò la Madonna, che lo invitava a costruire una basilica dedicata alla Vergine sull’Esquilino. Il punto preciso sarebbe stato indicato da una nevicata miracolosa, commemorata ogni anno nella navata centrale di S. Maria Maggiore facendo piovere dal soffitto (adorno, secondo la tradizione, del primo oro portato in Europa dall’America) petali di rosa. La festa della Dedicazione offre a Francesco l’opportunità di proporre questa preghiera: «la Vergine Maria, nel giorno in cui ricordiamo la dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, la Salus populi romani, ci sostenga nel nostro cammino di fede e ci aiuti ad abbandonarci con gioia al disegno di Dio sulla nostra vita».
Il centro della vita del cristiano, infatti, rimane sempre il Signore. Anche i miracoli, ammonisce il Papa, non servono a nulla se ci appagano così tanto da non lasciarci più camminare dietro a Gesù, come si evince dal brano di Vangelo della XVIII domenica del Tempo ordinario (Gv 6,24-35). «Gesù è venuto a portarci qualcosa di più, ad aprire la nostra esistenza a un orizzonte più ampio rispetto alle preoccupazioni quotidiane del nutrirsi, del vestirsi, della carriera, e così via. Perciò, rivolto alla folla, esclama: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (v. 26). Così stimola la gente a fare un passo avanti, a interrogarsi sul significato del miracolo, e non solo ad approfittarne. Infatti, la moltiplicazione dei pani e dei pesci», oggetto del brano giovanneo della domenica precedente, «è segno del grande dono che il Padre ha fatto all’umanità e che è Gesù stesso!», vero Pane disceso dal cielo.
L’inseguimento dello “spettacolo” a tutti i costi è quanto di più deleterio se diventa fine a se stesso. «Egli, vero «pane della vita» (v. 35), vuole saziare non soltanto i corpi ma anche le anime, dando il cibo spirituale che può soddisfare la fame profonda. Per questo invita la folla a procurarsi non il cibo che non dura, ma quello che rimane per la vita eterna (v. 27). (…) Queste parole sono rivolte, oggi, anche a noi: l’opera di Dio non consiste tanto nel “fare” delle cose, ma nel “credere” in Colui che Egli ha mandato» per la nostra salvezza, come ricorda anche il prefazio della XI domenica dopo Pentecoste secondo il rito ambrosiano: «in Lui siamo stati creati, o Padre, a Tua immagine e, quando la colpa ebbe offuscato la primitiva bellezza, Egli ci ha rinnovato nella dignità originaria».
Lunedì 6 agosto 2018