Un potente simbolo della concezione cristiana del potere in una città votata alla Vergine
di Francesca Morselli
Era il 1312 quando il governo dei Nove, a Siena, incaricò il pittore Simone Martini (1284-1344) di affrescare la parete nord della Sala del Mappamondo (o del Consiglio) del Palazzo Pubblico di Siena; l’incarico prevedeva l’esecuzione di un’immagine della Madonna in trono con Bambino e Santi sulla parete della grande sala, dove il Consiglio si riuniva. Il governo dei Nove fu una delle principali magistrature della Repubblica di Siena, in carica dal 1287 al 1355, composta da rappresentanti appartenenti a ricche famiglie popolari e mercantili, e diede alla città prosperità e grandezza. Ma perché incaricarono un giovane pittore senese di dipingere un grande affresco a carattere sacro e devozionale, specificatamente mariano, in un palazzo pubblico? Già un’altra Maestà era stata dipinta a Siena per il Duomo, da Duccio di Boninsegna (Siena, 1255 circa – 1318 o 1319): la grande pala era stata portata in processione da tutta la cittadinanza e aveva confermato lo stretto legame tra la città e la Vergine.
Il grande affresco di Simone Martini si presenta, a chi entra nella Sala Consiliare, come una composizione corale, immensa, che racchiude Maria e tutti i Santi che la accompagnano, da san Pietro a san Paolo, da santa Caterina ai patroni sant’Ansano, san Crescenzio, san Savino e san Vittore, raffigurati inginocchiati attorno alla Madonna.
La rappresentazione si mostra sotto un ampio baldacchino, i cui pali sono retti dai Santi stessi e i personaggi si presentano come se si fossero fermati nel mezzo di una processione, che pone al centro una Madonna Regina riccamente vestita, con gemme vere nel suo manto, e incorniciata da un’aureola in vera lamina d’oro. Simone Martini utilizza un linguaggio diverso dallo stile pittorico a lui coevo, guardando oltralpe, al Gotico francese che lui aveva conosciuto probabilmente grazie agli artisti francesi che sostavano a Siena, che era sulla via Francigena, per raggiungere Roma. Ma oltre alla bellezza, ricchezza e delicatezza delle figure descritte dal pittore, il dipinto vuole ribadire il ruolo della Vergine come Patrona della città, Regina ed Avvocata dispensatrice di Grazie, e la sua presenza proprio sulla piazza del Campo (a forma di manto di Madonna) è un abbraccio agli abitanti di Siena. Ma in realtà l’affresco racchiude un messaggio etico-politico che viene reso esplicito attraverso un corredo di iscrizioni. Nella striscia dipinta simulando il marmo si legge: «Responsio Virginis ad dicta santorum / Diletti miei, ponete nelle menti / che li devoti vostri preghi onesti / come vorrete voi farò contenti. / Ma se i potenti a’ debil’ fien molesti, / gravando loro o con vergogne o danni, / le vostre orazion non sono per questi/ né per qualunque la mia terra inganni».
È in queste parole della Vergine che si trova il cuore del messaggio. È infatti un’esortazione al buongoverno (che verrà poi esplicitamente magnificato nella celeberrima grande allegoria che dipingerà Ambrogio Lorenzetti nella sala attigua pochi anni dopo), a una corretta amministrazione della giustizia attraverso l’osservanza delle leggi vigenti. Questo si collega al cartiglio (iscrizione) del Bambino, poiché vi sono riportate le parole attribuite al re Salomone in apertura del Libro della Sapienza: «Diligite iustitiam qui iudicatis terram» (amate la giustizia, voi che siete giudici in terra). Anche l’altra iscrizione, in maiuscole gotiche in foglie d’oro su fondo nero, che corre sul gradino tra i due angeli inginocchiati, è pronunciata dalla Vergine: «Li angelichi fiorecti, rose e gigli, / onde s’adorna lo celeste prato, / non mi dilettan più che i buon consigli. / Ma talor veggio chi per proprio stato / disprezza me e la mia terra inganna, / e quando parla peggio è più lodato. / Guardi ciascun cui questo dir condan[n]na!».
Il progetto iconografico complessivo, dunque, deve iniziare da un’ immagine che possa ispirare, illuminare i governanti e farli optare per quel “Buon Governo” che, come abbiamo ricordato prima il governo dei Nove si farà ampiamente rappresentare nella sala attigua dai fratelli Lorenzetti, con gli affreschi che illustreranno sia il “Buono” che – come monito – il “Cattivo Governo”.
Ma se l’allegoria dei Lorenzetti illustrava in modo secolare le virtù e le norme morali per il governo della città con un linguaggio didattico e diretto, la Maestà di Simone Martini, nella sua abbacinante bellezza, con i suoi colori, il suo oro, con l’effusione di quella luce classica e antica che giungeva dalle icone d’Oriente, costituisce invece la premessa sacra e metafisica a quello che poi diverrà il messaggio politico per i governanti di tutti i popoli e di tutte le città. Siena, città della Vergine, sarà, insieme alla sua protettrice, simbolo universale di bellezza e di giustizia.
Lunedì, 6 dicembre 2021