Niente riconoscimenti agli italiani per la strage del 19 dicembre. Ma la Germania non sa affrontare la minaccia
Risarcimento negato dal governo tedesco ai familiari di Beatrice Di Lorenzo, vittima italiana della strage di Berlino del 19 dicembre. Si trattava di un normale incidente stradale, secondo la legge. Che alla guida del camion ci fosse un terrorista dell’Isis determinato a compiere un attentato fra la folla, poco importa. Se la 31enne fosse rimasta in casa, o in patria, non le sarebbe successo nulla.
Coerentemente, nessuna ricompensa giungerà dalla Germania per gli agenti che hanno eliminato Anis Amri, il terrorista fuggito da Berlino dopo aver ucciso dodici persone e averne ferite 45. Colpa dei post su Facebook, dove i poliziotti avevano inserito qualche riferimento troppo esplicito a Benito Mussolini.
È la stessa politica di Angela Merkel che non prevede pietà per i terremotati italiani. Spiacenti, ma l’importante è non infrangere i parametri. Perciò, anche per quanto riguarda i profughi in arrivo dal Mediterraneo, frontiere chiuse e tolleranza zero.
Occupati come sono a imporre le proprie soffocanti regole di bilancio ai partner europei, i tedeschi nondimeno aspirano a primeggiare nel rigore. Lo trovano conveniente, visto che consente loro di prosperare a spese altrui.
Peccato che il sistema non funzioni. O meglio, sia efficace come un’ascia a doppio taglio.
A casa loro, le regole si applicano ciecamente. Nel senso che non sono in grado di individuare un terrorista nemmeno se glielo mettono davanti. Amri fu segnalato dalle autorità italiane a quelle tedesche come soggetto «pericoloso e radicalizzato».
Lo lasciarono preparare indisturbato l’ attacco ai mercatini di Natale. E solo ieri, a oltre due mesi di distanza, quando ormai era stata chiusa da una settimana, hanno perquisito la moschea frequentata da Amri. Ritengono che fosse un punto di incontro per gli estremisti e che servisse anche per raccogliere denaro per l’ Isis in Siria. Non ci voleva tanto a capirlo, soprattutto dopo che il terrorista era stato ripreso nei pressi del luogo di culto islamico della capitale tedesca immediatamente dopo la strage.
Invece lo hanno lasciato fuggire mentre a fermarlo ci hanno pensato il 23 dicembre a Sesto San Giovanni, gli italiani, benché fascisti immeritevoli di incassare la taglia sul ricercato.
Da allora, la salma del 24enne, ucciso dopo un conflitto a fuoco con due poliziotti a Sesto San Giovanni, si trova nell’obitorio comunale in piazzale Gorini a Milano. Il suo corpo, secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Bild sarebbe stato chiesto per sedici volte, attraverso il ministero degli Esteri tunisino, al governo italiano.
Ma nessuno vuole sostenere le spese del trasporto. Sta a vedere che tocca all’Italia, sospetta l’assessore lombardo Viviana Beccalossi: «Non vorremmo si arrivasse alla macabra beffa per cui gli italiani, che oggi leggono del trattamento riservato al governo tedesco ai genitori della povera Fabrizia Di Lorenzo, a cui viene negata ogni forma di risarcimento per la figlia, vittima di Anis Amri, debbano invece provvedere alle spese per un terrorista morto che cercava di uccidere due poliziotti.A ogni cosa c’è un limite».
Per evitarlo, la Beccalossi si rivolge al capo della diplomazia. «Al ministro Angelino Alfano, che giorni fa aveva invocato la necessità di effettuare “tutte le verifiche del caso perché l’ Italia è uno Stato di diritto” dico di non fare scherzi», sottolinea l’esponente di Fratelli d’ Italia, autrice della legge lombarda anti moschee. I tedeschi se ne lavano le mani e la lotta all’Isis la lasciano fare agli altri, che comunque li superano in efficienza.
Le forze di sicurezza tunisine hanno arrestato a Sfax, città costiera della Tunisia orientale, un uomo sospettato di legami con Amri. Guarda caso, era stato espulso da Berlino nel 2016 e apparterrebbe a una cellula terroristica attiva in Germania che sarebbe composta da tedeschi, russi e turchi.
Andrea Morigi
Da “Libero” del 1 marzo 2017. Foto Time