La distonia dell’ipocrisia, che guarda dall’alto in basso, e l’armonia del servizio umile
di Michele Brambilla
L’Angelus del 10 novembre inizia dicendo che «oggi il Vangelo della liturgia (cfr Mc 12,38-44) ci parla di Gesù che, nel tempio di Gerusalemme, denuncia davanti al popolo l’atteggiamento ipocrita di alcuni scribi». Ad essi «era affidato un ruolo importante nella comunità d’Israele: leggevano, trascrivevano e interpretavano le Scritture. Perciò erano tenuti in grande considerazione e la gente prestava loro riverenza», ricorda Papa Francesco. Il problema è che «invece di usare il ruolo di cui erano investiti per servire gli altri, ne facevano uno strumento di prepotenza e, di manipolazione. E succedeva che anche la preghiera, per loro, rischiava di non essere più il momento dell’incontro con il Signore, ma un’occasione per ostentare perbenismo e finta pietà, utile per attirare l’attenzione della gente e guadagnare consensi», denuncia il Papa, che cita in proposito la preghiera del fariseo e del pubblicano (cfr Lc 18,9-14). Come è noto, solo il secondo viene perdonato da Dio: la preghiera del fariseo era proprio una nota stonata!
«Da queste persone Gesù raccomanda di stare alla larga, di “guardarsi bene”» dall’imitarle, dato che rappresentavano un sistema disfunzionale che sviliva il concetto stesso di autorità. Il cattolico deve distinguersi per altro: quando Cristo offre una definizione di autorità, «ne parla in termini di sacrificio di sé e di servizio umile (cfr Mc 10,42-45), di tenerezza materna e paterna nei confronti delle persone (cfr Lc 11,11-13), specialmente di quelle più bisognose (Lc 10,25-37). Invita chi ne è investito a guardare gli altri, dalla propria posizione di potere, non per umiliarli, ma per risollevarli, dando loro speranza e aiuto». «Allora, fratelli e sorelle, possiamo chiederci: io come mi comporto nei miei ambiti di responsabilità? Agisco con umiltà, oppure mi faccio vanto della mia posizione? Sono generoso e rispettoso con le persone, oppure le tratto in modo sgarbato e autoritario? E con i più fragili, sto loro vicino, so chinarmi per aiutarli a rialzarsi», oppure per me sono solo una perdita di tempo?
Additando ai fedeli un esempio molto attuale, «ieri a Siviglia è stato proclamato Beato don Giuseppe Torres Padilla, cofondatore della Congregazione delle Suore della Compagnia della Croce. Vissuto nella Spagna dell’Ottocento, si distinse come sacerdote confessore e guida spirituale, testimoniando grande carità con i bisognosi», che non sono soltanto coloro che hanno bisogno di aiuto materiale, ma anche quelli che necessitano della carità spirituale.
Il pensiero del Pontefice vola in Spagna anche per i postumi delle alluvioni di questi giorni. Dopo aver pregato per i disastrati indonesiani dell’isola di Flores, dove è eruttato un vulcano, «rinnovo il mio ricordo per gli abitanti di Valencia e di altre parti della Spagna che stanno affrontando le conseguenze dell’alluvione. Vi faccio una domanda: avete pregato per Valencia? Avete pensato di fare qualche contributo per aiutare quella gente? È solo una domanda», ma decisiva per comprendere la nostra idea di carità.
Il Santo Padre non dimentica la Cop29 a Baku e ritiene «preoccupanti le notizie che giungono dal Mozambico. Invito tutti al dialogo, alla tolleranza e all’instancabile ricerca di soluzioni giuste». Allargando lo sguardo a tutte le aree di conflitto, «continuiamo, per favore, a pregare per la martoriata Ucraina, dove vengono colpiti anche ospedali e altri edifici civili; e preghiamo per la Palestina, Israele, il Libano, il Myanmar, il Sudan».
Tra i pellegrini in piazza c’è anche «la Banda italiana dell’Arma Trasporti e Materiali. Speriamo che la banda poi ci faccia sentire una cosa bella», si augura il Pontefice. Il cattolico coerente, in fin dei conti, è come una banda musicale: trasmette l’armonia dello Spirito Santo.
Lunedì, 11 novembre 2024