Lo Spirito crea unità, insegna e mantiene nella memoria ciò che ha detto il Signore perché diventi linfa del mondo nuovo
di Michele Brambilla
Papa Francesco il 5 giugno inizia il Regina Coeli con il solito «cari fratelli e sorelle, buongiorno, buona domenica», aggiungendo «e oggi anche buona festa, perché oggi si celebra la solennità di Pentecoste. Si celebra l’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli, avvenuta cinquanta giorni dopo la Pasqua. Gesù lo aveva promesso più volte» e la promessa è stata mantenuta. Ma per quale scopo?
«Anzitutto lo Spirito Santo insegna. In questo modo», spiega il Papa, «ci aiuta a superare un ostacolo che si presenta nell’esperienza di fede: quello della distanza. Lui ci aiuta a superare l’ostacolo della distanza nell’esperienza di fede» riunificando l’umanità nell’unica Chiesa di Cristo. «Viene anche a noi questo interrogativo: cosa può dire il Vangelo nell’epoca di internet, nell’epoca della globalizzazione? Come può incidere la sua parola» in un’epoca in cui si cercano di imporre gli stessi concetti deteriori da una parte all’altra del globo? Anzitutto, può ricordare qual è il vero principio ordinatore e unificatore dell’universo: «con Lui le parole di Cristo non sono un ricordo, no: le parole di Cristo per la forza dello Spirito Santo diventano vive, oggi! Lo Spirito le rende vive per noi: attraverso la Sacra Scrittura ci parla e ci orienta nel presente. Lo Spirito Santo non teme lo scorrere dei secoli; anzi, rende i credenti attenti ai problemi e alle vicende del loro tempo. Lo Spirito Santo, infatti, quando insegna, attualizza: mantiene la fede sempre giovane» nel senso di attuale. Non si costruisce, però, l’autentica novità senza considerare le radici: «ecco il secondo verbo, ri-cordare. Cosa vuol dire ricordare? Ri-cordare vuol dire riportare al cuore, ri-cordare: lo Spirito riporta il Vangelo nel nostro cuore. Avviene come per gli Apostoli: avevano ascoltato Gesù tante volte, eppure lo avevano compreso poco. A noi succede lo stesso. Ma da Pentecoste in poi, con lo Spirito Santo, ri-cordano e comprendono. Accolgono le sue parole come fatte apposta per loro e passano da una conoscenza esteriore, una conoscenza di memoria, a un rapporto vivo, a un rapporto convinto, gioioso con il Signore».
Come rammenta lo stesso Pontefice, «a Pentecoste il sogno di Dio sull’umanità diventa realtà; cinquanta giorni dopo la Pasqua, popoli che parlano lingue diverse si incontrano e si capiscono. Ma ora, a cento giorni dall’inizio dell’aggressione armata all’Ucraina, sull’umanità è calato nuovamente l’incubo della guerra, che è la negazione del sogno di Dio: popoli che si scontrano, popoli che si uccidono, gente che, anziché avvicinarsi, viene allontanata dalle proprie case. E mentre la furia della distruzione e della morte imperversa e le contrapposizioni divampano, alimentando un’escalation sempre più pericolosa per tutti, rinnovo l’appello ai responsabili delle Nazioni: non portate l’umanità alla rovina per favore», ripete due volte. Non è la prima volta nella storia: «ieri, a Beirut, sono stati beatificati due Frati Minori Cappuccini, Leonardo Melki e Tommaso Giorgio Saleh, sacerdoti e martiri, uccisi in odio alla fede in Turchia rispettivamente nel 1915 e nel 1917», cioè in pieno genocidio armeno. «Questi due missionari libanesi, in un contesto ostile», radicalizzato dalla Prima guerra mondiale, «diedero prova di incrollabile fiducia in Dio e di abnegazione per il prossimo. Il loro esempio rafforzi la nostra testimonianza cristiana. Erano giovani, non avevano 35 anni», rimarca il Papa, che sollevando lo sguardo anche sulla miseria dello Yemen lancia un appello: «pensiamo ai bambini», prime vittime di qualsiasi conflitto.
Lunedì, 6 giugno 2022