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“La polmonite non distrae Pechino, che seguita a reprimere musulmani”

21 Febbraio 2020 - Autore: Marco Respinti

Di Marco Respinti da Libero del 20/02/2020

Non basta il coronavirus a fermare la mano repressiva di Xi Jinping. Nello Xinjiang oramai la situazione è insostenibile. Almeno tre milioni di uiguri (più di decine di migliaia di altri appartenenti a varie minoranze turcofone) languono nei “campi per la trasformazione attraverso l’educazione”, leggi lager; e chi ancora non è finito dietro le sbarre, sottostà a un sistema di controllo e di monitoraggio high tech totalmente invasivo, viene sottoposto alla profilazione del DNA e deve ospitare nella propria casa, a proprie spese, un commissario del Partito Comunista che veglia, sorveglia e riferisce. La colpa degli uiguri? Essere credenti (musulmani), cosa invisa al marxismo-leninismo ateo di cui si vanta il regime cinese, e stare sulla direttrice verso ovest della “nuova Via della Seta”.

Del resto, la persecuzione degli uiguri è un segreto di Pulcinella. Esistono mappature satellitari dell’arcipelago delle prigioni e le fughe di notizie si ripetono. L’ultima in ordine di tempo è quella raccolta dalla CNN, 137 pagine di documenti totalmente affidabili, dice il massimo esperto dell’argomento, il ricercatore tedesco Adrian Zenz. Al “malloppo” è stato dato il nomignolo di “Karakax List”, in riferimento alla contea of Karakax (Qaraqash), nella Prefettura di Hotan, dove vivono i 3mila uiguri perseguitati presi in considerazione. Basta poco per finire dentro: una barba lunga, avere più figli di quelli consentiti dal regime, pregare senza permesso, possedere un passaporto o essere definiti una «minaccia potenziale». Zenz analizza i documenti su The Journal of Political Risk, il periodico peer-reviewed della Corr Analytics Inc., consulente per gli affari internazionali di governi e aziende, e li definisce «la prova finora più stingente della persecuzione attiva e delle punizioni che Pechino infligge alla normale espressione di credenze religiose tradizionali, in palese violazione della Costituzione». Sì, perché la Costituzione cinese, all’articolo 36, garantisce la libertà religiosa, benché buddhisti tibetani, cattolici dissidenti, protestanti indipendenti e nuovi movimenti religiosi come il Falun Gong e la Chiesa di Dio Onnipotente non se ne siano mai potuti accorgere.

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