Vescovi croati, Cristianità, 203 (1992)
Il 15 gennaio 1992, quando era ormai certo il riconoscimento della Repubblica di Croazia da parte della comunità internazionale, S. Em. il card. Franjo Kuharic ha convocato a Zagabria tutti i vescovi del paese, ai quali si sono uniti i tre vescovi della Bosnia-Erzegovina. Nell’occasione — coronata da una solenne concelebrazione nella cattedrale, presieduta dal cardinale e con la partecipazione di un gran numero di sacerdoti e di fedeli, in prima fila i rappresentanti dello Stato, del governo e delle forze politiche — è stato reso pubblico un Messaggio dei vescovi cattolici della Repubblica di Croazia, di cui diamo, con un titolo redazionale, il testo nella traduzione italiana diffusa dall’ufficio stampa dell’arcivescovado di Zagabria.
Stimati e cari fedeli,
la gioia del popolo croato per la ricostituzione e il riconoscimento internazionale dello Stato croato diventa pure la gioia dei vescovi Pastori della Chiesa in Croazia. In questo modo desideriamo manifestare il rispetto per la compatta e tenace volontà del popolo espressa in diversi modi nel passato e recentemente manifestatasi attraverso la libera consultazione elettorale e attraverso il referendum, un modo legale e democratico per l’emanazione delle decisioni politiche.
Siamo anche convinti che gli altri Stati che nascono in queste parti d’Europa potranno realizzare meglio che nel passato il progresso spirituale e materiale dei propri cittadini. Per questo rivolgiamo i migliori auguri al popolo sloveno, come pure alla Chiesa che vive in esso, per la ricostituzione e il riconoscimento dello Stato sloveno. Lo Stato croato, già dalla sua creazione, ha come premessa il conseguimento della pace, sia alle proprie frontiere sia in sé stesso. Malgrado gli attentati alla vita e alla libertà del popolo croato, tale creazione deve essere il perno sicuro degli sforzi per realizzare finalmente, anche in questa parte d’Europa, la civiltà della pace, della libertà e della collaborazione dei popoli nel mutuo rispetto.
Lo Stato croato, che ora inizia a vivere in pienezza la propria vita indipendente, attende da tutti i cittadini, ma in particolare da quelli ai quali è stata affidata l’amministrazione degli affari pubblici, saggezza e spirito di sacrificio, e l’investimento responsabile e disinteressato delle proprie capacità nella costruzione del bene comune. Si tratta di una serie di condizioni spirituali, giuridiche, culturali, economiche e di altra natura per la realizzazione di una vita degna dei singoli, delle famiglie, delle comunità e dell’intera società dello Stato croato, che deve essere sempre migliorata e perfezionata.
La Chiesa è consapevole che il suo ruolo spirituale ora si trova di fronte a nuove sfide e di fronte a nuove iniziative. Distinguendo fra i valori terreni e le responsabilità dei laici da un lato e le mete sovrannaturali della Chiesa dall’altro, nel rispetto delle competenze delle autorità civili e del compito temporale dei cittadini, la Chiesa non si estrania dalla società, ma realizza in collaborazione la propria missione: annuncia il Vangelo di Gesù Cristo, celebra i sacramenti, serve come Mater et Magistra della vita spirituale e morale. Essa rimane anche da queste parti “in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium 1).
La natura della Chiesa viene brevemente descritta dal Concilio Vaticano II, quando dice che la “vera Chiesa ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, ardente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium 2).
Dalla natura della Chiesa proviene la sua posizione nella società umana, provengono i suoi diritti e i suoi doveri; con la sua visibile e storica presenza la Chiesa incontra tutte le realtà e tutte le istituzioni umane. Le modalità di collaborazione fra la Chiesa e le istituzioni laiche si basano sul rispetto e l’accordo reciproci. Quando si tratta dei rapporti con lo Stato va sottolineata particolarmente la competenza della Santa Sede. La nostra Chiesa farà il possibile per essere, su queste basi, nell’amore e nella giustizia, il compagno di viaggio e la collaboratrice nella salvezza delle generazioni attuali e di quelle future del nostro popolo.
Parlando della propria posizione nella società, dei propri diritti e doveri, la Chiesa si impegna automaticamente al rispetto dei diritti degli altri. Il rispetto di ogni persona umana e di ogni coscienza sincera è la base di una società giusta. In particolare dobbiamo rispettare i fedeli e le comunità religiose, aiutandoli nella partecipazione — secondo la loro formazione religiosa e coscienza religiosa — alla costruzione spirituale delle persone, di cittadini con pieni diritti e di cittadini della Repubblica di Croazia. Riteniamo che non sia un’imposizione, ma semplice testimonianza, dichiarare che siamo sinceramente pronti a un dialogo ecumenico sul territorio nel quale viviamo e dove incontriamo i cristiani di altre Chiese e di altre comunità religiose.
Queste condizioni preliminari ci renderanno più facile il compito di una generale rinascita che sta di fronte a noi.
Il primo difficile compito, imposto a noi tutti dallo spietato uragano bellico, è la ricostruzione. Ricostruire nel vero senso materiale della parola: le nuove case, i nuovi villaggi e città. Dobbiamo ricostruire le fabbriche, le scuole, gli ospedali, i ponti e le strade. Dobbiamo ricostruire le chiese, così gravemente danneggiate e distrutte. Non sarà però meno impegnativo ricostruire di nuovo la comunione e l’unione spirituale e morale della comunità, ravvivare l’amore verso il paese natale e rimettere in piedi le comunità parrocchiali. Centinaia di migliaia dei nostri profughi sono stati gettati nelle condizioni di dover dipendere dagli altri e di non essere in grado di poter far rinascere da soli dalle rovine le proprie case e le proprie fattorie. Bisogna incoraggiare le loro iniziative e la loro volontà di vivere e aiutarli a realizzare, con il contributo dello Stato e delle altre istituzioni, il proprio valore umano e la gioia che riempie il cuore umano con i frutti del suo lavoro.
Le vittime cadute, molto spesso in modo così brutale, rappresentano un capitolo particolare del nostro terribile calvario. Innalziamo in loro ricordo la grande croce della nostra fede e della nostra preghiera. La vicinanza e il sostegno ai familiari deve continuare e deve portare frutti di solidarietà umana e di amore cristiano.
Il nostro animo viene particolarmente rattristato da quelli di cui siamo diventati vittime. Ci hanno provocato gravi danni. Come incontrarli nella nostra vita in futuro? Sentiamo la nostra impotenza. Ma proprio per questo preghiamo il Signore crocifisso e sua Madre sotto la croce, che ci sia concesso — anche se gradualmente nel tempo — di accettare con il cuore il grido di Cristo: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc. 23, 34). Nello stesso modo però dobbiamo accettare la preghiera insegnataci da Gesù: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt. 6, 12). Nella guerra soffrono gli aggressori e gli aggrediti, e quindi gli uni e gli altri hanno bisogno di riconciliazione e del mutuo perdono.
Da ora in poi ci presenteremo con il nostro nome e, con la nostra piena identità, collaboreremo con gli altri popoli, con le diverse strutture di carattere privato e pubblico. Questo ci apre nuove possibilità e nuove esigenze. Apporteremo al patrimonio dei popoli il contributo della nostra cultura rinnovata e purificata. Doneremo e riceveremo. Supereremo il senso di offesa e di inferiorità impostoci. Il nostro posto fra i popoli del mondo non deve essere più elevato ma neanche più basso di quello che veramente siamo e di quello che possiamo diventare come costruttori di un mondo migliore, equiparati nei diritti agli altri.
Un grande aiuto al paese proviene dai nostri connazionali all’estero. Il rispetto ottenuto con il loro comportamento e con il loro lavoro aumenta l’onore del nome croato fra tutti quelli che li incontrano. Insieme ai loro sacerdoti rappresentano la comunità cattolica di lingua e di cultura croata integrata nella Chiesa locale. Tramite loro la nostra Chiesa è presente nella vita quotidiana della Chiesa universale.
Come vescovi della Chiesa fra i croati sentiamo in modo particolare la necessità e l’obbligo di collaborare con il popolo croato che vive da secoli nelle vicine Repubbliche. Come cittadini dei loro Stati essi sono insieme agli altri concittadini degni costruttori della giustizia sociale, del benessere e della pace. Questo presuppone, per una comunità cattolica dello stesso ceppo linguistico e con la stessa storia, un collegamento nelle diverse forme dell’attività ecclesiale, dell’organizzazione e della promozione della vita ecclesiale.
Dove troveremo però le forze per un’impresa del genere?
Mutuo soccorso, solidarietà, amore cristiano, dimostrati e vissuti nelle disgrazie capitateci, testimoniati non soltanto all’interno delle frontiere del nostro paese, ma anche all’estero, hanno rivelato e mostrato l’insospettata potenzialità e l’energia spirituale che — speriamo — non verranno meno, ma rifioriranno ancora di più di fronte alle grandi sfide del rinnovamento generale.
La concordia di tutte le concezioni della vita e delle posizioni politiche negli impegni che ci attendono è una grande virtù sociale che raccomandiamo a tutti.
Teniamo molto a ringraziare pubblicamente il Santo Padre, i vescovi della Chiesa cattolica e i cattolici di tutto il mondo. La nostra appartenenza alla Chiesa universale è stata confermata in questo drammatico momento storico in tutte le forme di aiuto e di collaborazione: nella preghiera, nell’aiuto caritativo e nell’impegno per il conseguimento della pace e della giustizia. Questo si è manifestato in particolare con il riconoscimento della Croazia da parte della Santa Sede. Non possiamo però dimenticare di ringraziare ugualmente le altre comunità religiose come pure tutte le persone di buona volontà, particolarmente quelli che detengono il potere, per tutto quello che fanno per la nostra pace e per la nostra libertà. Speriamo che questa attenzione, questo amore e questa solidarietà continueranno ad accompagnarci anche in futuro.
Oltre l’aiuto e le manifestazioni di solidarietà con le nostre sofferenze, ciò che ha particolarmente fortificato il nostro spirito e rafforzato la speranza nei momenti più difficili è stata la fiducia in Dio. L’esperienza della bontà divina verso di noi si trasforma in un cantico di ringraziamento e in un solido motivo di fiducia che la mano divina ci guiderà sulla strada intrapresa.
Partiamo in nome di Dio! Con la speranza che inizi una nuova era nella storia del popolo e della Chiesa su questi territori, invochiamo la benedizione divina sullo Stato croato, su tutti i suoi cittadini, sulle autorità civili e sulle loro attività, per progredire tutti insieme, ognuno secondo il carisma ricevuto e la responsabilità affidatagli, “in sapienza […] e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc. 2, 52). Affidiamo alla Santa Vergine, la più fedele Madre-Avvocata della Croazia, noi stessi, la Chiesa, il popolo e il suo futuro!
Zagabria, 15 gennaio 1992
Card. Franjo Kuharic
Arcivescovo metropolita di Zagabria
Mons. Ante Juric
Arcivescovo metropolita di Spalato-Makarska
Mons. Vinko Puljic
Arcivescovo metropolita di Sarajevo
Mons. Anton Tamarut
Arcivescovo metropolita di Fiume-Segna
Mons. Marijan Oblak
Arcivescovo di Zara
Mons. Srecko Badurina
Vescovo di Sibenik
Mons. Anton Bogetic
Vescovo di Parenzo e di Pola
Mons. Josip Bozanic
Vescovo di Veglia
Mons. Franjo Komarica
Vescovo di Banja Luka
Mons. Ciril Kos
Vescovo di Djakovo e di Syrmie
Mons. Slavomir Miklovs
Vescovo di Crisio
Mons. Zelimir Puljic
Vescovo di Ragusa
Mons. Slobodan Stambuk
Vescovo di Lesina
Mons. Pavao Zanic
Vescovo di Mostar
Mons. Djuro Koksa
Vescovo ausiliare di Zagabria
Mons. Juraj Jezerinac
Vescovo ausiliare di Zagabria
Mons. Marko Culej
Vescovo ausiliare di Zagabria
Mons. Petar Solic
Vescovo ausiliare di Spalato-Makarska
Mons. Ivan Prendja
Vescovo coadiutore di Zara
Mons. Marin Srakic
Vescovo ausiliare di Djakovo