Ci sono contadini, piccoli produttori, allevatori, pescatori, viticoltori che portano avanti con coraggio le loro attività e incontrandoli emerge una grande cultura, una “filosofia del buon senso”. Comunità, famiglie, uomini e donne che esprimono valori profondi e un’umanità consolante.
di Susanna Manzin
Sui principali canali TV nazionali si possono vedere alcune trasmissioni che resistono strenuamente nel palinsesto da alcuni decenni e che raccontano il mondo dell’agricoltura italiana, dell’allevamento, della pesca e le loro eccellenze: il territorio declinato attraverso la ricchissima offerta enogastronomica, agroalimentare e della filiera della carne e del pesce, autentiche colonne portanti dell’economia nazionale.
Ma non solo: i conduttori di questi programmi, nel loro viaggio alla ricerca delle eccellenze della produzione alimentare, dedicano tempo e spazio anche alle ricchezze artistiche, culturali e storiche del territorio che presentano al pubblico.
Dalle interviste fatte ai contadini, ai piccoli produttori, agli allevatori, ai pescatori, ai viticoltori che portano avanti con coraggio le loro attività emerge molto spesso una grande cultura e umanità: traspare una ricchezza antropologica, un attaccamento a valori profondi, un’attenzione alla relazione interpersonale che sono a tratti davvero commuoventi. Il rapporto con la natura e i suoi ritmi diventa evidentemente occasione per fare riflessioni importanti sul senso della vita e sui suoi significati più profondi, rivelando una forte consapevolezza della propria cultura e delle radici che alimentano una civiltà ancorata a tradizioni e valori umani. Le storie che vengono raccontate sono molteplici: attività avviate da generazioni e segnate dalla dura fatica dei propri antenati, dei nonni e dei padri (e quante volte, raccontando queste storie, una lacrima di commozione solca il volto di chi ricorda coloro che lo hanno preceduto), oppure attività avviate da pochi anni grazie ad un’intuizione, ad un’amicizia, ad un’occasione particolare, oppure ancora persone che, dopo un’esperienza negativa in una grande metropoli, hanno deciso di cambiare vita per dedicarsi ad un’attività a contatto con la natura dove hanno trovato gratificazione anche grazie a relazioni sociali molto più profonde e ricche di senso.
Come abbiamo scritto nel nostro libro “La bellezza a portata di mano”, sembra esserci «uno stretto legame tra vita agricola e filosofia, non per niente la saggezza popolare ricorda: “Contadino, scarpe grosse e cervello fino”. Nell’antica Cina i filosofi dovevano obbligatoriamente tenere un orto e la loro capacità di disquisizione sui massimi sistemi veniva giudicata anche dallo stato del loro orto: chi camminando lungo la strada gettava un occhio sul loro terreno e vedeva ortaggi in cattivo stato, terreno incolto o anche solo un po’ trascurato, era subito portato ad esprimere un giudizio negativo anche sulle loro capacità come filosofi. […] Il pensiero corre al “filosofo contadino” francese del Novecento Gustave Thibon il quale agli inizi del secolo, dopo aver frequentato la scuola comunale, è costretto ad abbandonare gli studi per dedicarsi al lavoro nei campi. Questa attività non sarà di ostacolo alla sua passione per il pensiero filosofico, anzi. Come alcuni studiosi della sua opera hanno osservato, l’immersione nei ritmi della natura e nel silenzio hanno in qualche modo stimolato il suo pensiero poi trasfuso nelle sue opere. Il filosofo francese Hervé Pasqua ha scritto che “Il thibonismo è una filosofia del buon senso” ed è tale dal momento che esprime un perfetto equilibrio tra “realismo della terra” e verità soprannaturali». (La bellezza a portata di mano. Per un’estetica della vita quotidiana, D’Ettoris Editori, 2022, pag. 110).
Giovanni Paolo II nella Reconciliatio et Paenitentia ricorda che la rottura del rapporto con Dio ha provocato la rottura del rapporto con la natura, con il nostro prossimo e, alla fine, con noi stessi. Eppure c’è ancora un lucignolo che fumiga. In una società post-moderna, in un mondo globalizzato e massificato, materialista e, come dice il Censis, coriandolare, rancoroso e malinconico, c’è ancora qualcuno che va controcorrente. L’incontro con queste persone e con le loro storie di vita rivelano l’esistenza di quella “filosofia del buon senso”, di comunità, famiglie, uomini e donne che esprimono valori profondi e un’umanità consolante. In una circolarità virtuosa ed affascinante, i luoghi e i ritmi della natura ispirano una sana antropologia e, nello stesso tempo, quell’approccio alla vita consente a queste persone di custodire i loro territori nella bellezza e nella cura per la qualità dei prodotti che questa è in grado di offrire. Emergono usi e tradizioni, storie di famiglie e di popoli, culture, sapienze e arti, sagre paesane con il loro ricco corollario di processioni e tornei dal sapore medioevale. La diffusione, anche televisiva, di queste testimonianze è un fatto decisamente positivo, che consente di cogliere una importante declinazione della Via della bellezza: lungo gli itinerari che vengono proposti, spesso si può comprendere cosa significa vivere in una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio.
Sabato, 8 luglio 2023