di Michele Brambilla
Papa Francesco spiega ai fedeli riuniti per l’Angelus del 5 luglio che «il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 11,25-30)», XIV del Tempo ordinario, «è articolato in tre parti: anzitutto Gesù innalza un inno di benedizione e di ringraziamento al Padre, perché ha rivelato ai poveri e ai semplici il mistero del Regno dei cieli; poi svela il rapporto intimo e singolare che c’è tra Lui e il Padre; e infine invita ad andare a Lui e a seguirlo per trovare sollievo».
Il Pontefice rileva che «in primo luogo, Gesù loda il Padre, perché ha tenuto nascosti i segreti del suo Regno, della sua verità, “ai sapienti e ai dotti” (Mt 11,25)». Cristo «li chiama così con un velo di ironia, perché presumono di essere saggi, sapienti, e dunque hanno il cuore chiuso, tante volte»: la superbia è la tentazione tipica delle élites di ogni tempo. «La vera saggezza», ammonisce il Papa, «viene anche dal cuore, non è soltanto capire idee: la vera saggezza entra anche nel cuore», riguarda anche la sfera affettiva, «e se tu sai tante cose ma hai il cuore chiuso, tu non sei saggio».
Proprio per questo «i misteri di suo Padre, Gesù li dice rivelati ai “piccoli”, a quanti si aprono con fiducia alla sua Parola di salvezza, aprono il cuore alla Parola di salvezza, sentono il bisogno di Lui e attendono tutto da Lui». Dio Padre abbraccia anche gli «affaticati e oppressi» (Mt 11,28). «Anzi», assicura il Papa, «mette sé stesso tra loro, perché Egli è il “mite e umile di cuore” (Mt 11,29)» per eccellenza. Facendo «così Gesù, “mite e umile”, non è un modello per i rassegnati né semplicemente una vittima, ma è l’Uomo che vive “di cuore” questa condizione in piena trasparenza all’amore del Padre». «Egli», ripete ancora il Pontefice, «è il modello dei “poveri in spirito” e di tutti gli altri “beati” del Vangelo, che compiono la volontà di Dio e testimoniano il suo Regno»: si tratta, quindi, di una testimonianza attiva, non passiva, l’inizio di una nuova umanità. Il Santo Padre puntualizza infatti: «[…] il “ristoro” che Cristo offre agli affaticati e oppressi non è un sollievo soltanto psicologico o un’elemosina elargita, ma la gioia dei poveri di essere evangelizzati e costruttori della nuova umanità», parte attiva del progetto divino che porta al loro riscatto anche sulla terra.
«È un messaggio», dice il Pontefice, «per tutti noi, per tutti gli uomini di buona volontà, che Gesù rivolge ancora oggi nel mondo» a tutti coloro che si perdono dietro al desiderio del successo mondano: «quante volte noi diciamo: “Ah, vorrei essere come quello, come quella, che è ricco, ha tanto potere, non gli manca nulla!”». L’invidia e i conflitti sociali non hanno mai portato a nulla di buono: «il mondo esalta il ricco e potente, non importa con quali mezzi, e a volte calpesta la persona umana e la sua dignità. E questo noi lo vediamo tutti i giorni, i poveri calpestati». L’esaltazione degli umili da parte di Gesù «[…] è un messaggio per la Chiesa, chiamata a vivere le opere di misericordia e a evangelizzare i poveri, ad essere mite, umile». Cose che si imparano solamente alla “scuola” di Maria: «Maria, la più umile e la più alta tra le creature, implori da Dio per noi la sapienza del cuore, affinché sappiamo discernere i suoi segni nella nostra vita ed essere partecipi di quei misteri che, nascosti ai superbi, vengono rivelati agli umili».
Lunedì, 6 luglio 2020