Storia, simbologia e funzione liturgica del celebre bronzo di Arnolfo di Cambio
di Michele Brambilla
Valicando la soglia della basilica di S. Pietro in Vaticano e giungendo ai piedi del Cupolone, si scorgerà sulla destra una grande statua bronzea del santo titolare: è il celebre San Pietro in cattedra dello scultore Arnolfo di Cambio (1245-1302/1310). Collocata originariamente nel chiostro “di S. Martino”, che sorgeva ai lati della basilica del IV secolo, fu trasferita nella posizione attuale da Papa Paolo V (1605-21).
La statua raffigura, in effetti, san Pietro assiso sulla sua cattedra episcopale. La mano destra è alzata in segno di benedizione, mentre la sinistra sorregge le chiavi del Regno dei cieli. Gli abiti sono quelli “classici”, una tunica lunga fino ai piedi e una toga virile sulla spalla, tanto che per secoli si è creduto che il bronzo fosse un’opera del V secolo riadattata. Bisogna, invece, rendere onore allo studio dell’Antichità romana da parte dello stesso Arnolfo, autore in Roma anche di altre sculture importanti, come quelle che ornano il baldacchino della basilica di S. Paolo fuori le Mura. L’intento dello sculture era rappresentare san Pietro così come effettivamente poteva essere scorto per le strade della Città Eterna 1200 anni prima, e non si può dire che non ci sia riuscito alla perfezione.
Uno dei piedi della statua, quello più avanzato verso la navata, sembra meno definito: in realtà è stato consumato da secoli e secoli di devozione popolare. Poiché a partire dalla costruzione della basilica costantiniana la tomba di Pietro divenne materialmente inaccessibile ai fedeli, gran parte dei pellegrinaggi terminava con il bacio della statua di Arnolfo di Cambio, che divenne non del tutto involontariamente la reliquia più venerata della basilica (fatta eccezione per la Veronica, scomparsa dopo il sacco di Roma del 1527). I pellegrini compivano, così, il gesto a cui erano tenuti fino a poco tempo fa tutti i capi di Stato ricevuti in udienza dal Santo Padre, vale a dire il bacio della “sacra pantofola”, bacio con il quale re e presidenti esprimevano il riconoscimento della suprema autorità spirituale del Pontefice.
Oggi non è più possibile baciare la statua perché il basamento e la stessa nicchia in cui è inserito il bronzo sono stati oggetto, nel 1871, di un’accurata ristrutturazione da parte del beato Pio IX (1846-78). In un’epoca nella quale il Risorgimento italiano stava demolendo le garanzie temporali che per secoli avevano preservato l’indipendenza della Sede apostolica e gli anticlericali sabaudi erano convinti che, abbattendo il potere temporale, avrebbero simultaneamente distrutto anche quello spirituale, Papa Mastai-Ferretti pose l’immagine del primo Pontefice sotto un nuovo, coloratissimo baldacchino dorato, ricordando a tutti che l’autorità e l’autorevolezza del Papato hanno radici molto più profonde. Una lapide, sopra il baldacchino, sottolinea un “record” significativo: lo stesso Pio IX è stato, fino ad ora, l’unico vescovo di Roma che abbia quasi «visto gli anni di Pietro». Simone regnò, infatti, per 37 anni (30-67 d.C.), il Papa marchigiano per 32.
Il nuovo piedistallo non ha impedito, però, il proseguimento di una particolare usanza liturgica della basilica. Il 29 giugno, solennità dei SS. Pietro e Paolo, il bronzo di Arnolfo di Cambio viene rivestito della tiara e dei paramenti pontificali, in particolare di un lungo piviale rosso, a rimarcare ulteriormente la potestà universale dei Successori di Pietro.
Sabato, 25 giugno 2021