L’arte sacra ha valorizzato lo sguardo di Cristo e di Maria per esprimere significati che oltrepassano i contenuti rappresentati
di Francesca Morselli
Lo sguardo è la modalità più immediata per entrare in contatto con l’altro. Mediante lo sguardo si riesce a capire molto dello stato d’animo e delle intenzioni di qualcuno, perciò Platone lo chiama “specchio dell’anima”.
Anche le Sacre Scritture danno ampio spazio alla descrizione degli sguardi, i Vangeli, in particolare, descrivono lo sguardo di Cristo e di Maria in alcuni momenti specifici e significativi: all’incontro con il giovane ricco « … Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò… “(cfr Mc 10,21-23), e dopo il tradimento di Pietro, “ … il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte» “(cfr.Lc 22, 61-62). Anche nel momento più buio del Calvario Gesù volge gli occhi alla madre: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!»” (cfr.Gv, 19,26).
Nella pittura sacra il gioco degli sguardi chiarisce e commenta il significato degli episodi rappresentati, così, ad esempio, nell’affresco di Giotto (1267-1337) della Cappella degli Scrovegni a Padova, lo sguardo che Gesù rivolge a Giuda, mentre quest’ultimo lo tradisce con un bacio, è luminoso, penetrante, capace mettere a nudo l’animo del traditore.
Anche in Maria, come in Cristo, lo sguardo esprime una profondità teologica che San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716) spiega con molta semplicità nel Trattato della Vera Devozione alla Santa Vergine: attraverso lo sguardo di Gesù si arriva a Maria e, viceversa, attraverso lo sguardo di Maria si arriva a Gesù.
Così “L’ Annunciata ” di Antonello da Messina (1430-1479), conservato a palazzo Albatellis a Palermo, fotografa lo sguardo di Maria nel momento dell’Annunciazione. Il dipinto rappresenta l’avvenimento con grazia e delicatezza, attraverso uno sguardo e pochi gesti: una mano alzata dal leggio in segno quasi di timore per l’arrivo dell’Angelo nella stanza, una presenza che non si vede ma s’intuisce, e una mano che chiude il velo blu in segno di verecondia con un gesto di un’eleganza pura. Gli occhi, tuttavia, sono vivissimi: rivolti pudicamente verso il basso, mostrano sorpresa, esitazione, timidezza miste a aspettativa e fiducia in Dio. Il volto è un ovale perfetto chiuso in un triangolo formato dal velo blu, quasi a ricordarci la forma geometrica triangolare che pone al vertice Dio, mentre la luce gioca con i perfetti lineamenti della figura. Lo spettatore davanti a questo piccolo quadro, si trova direttamente coinvolto nel momento fondamentale della storia della salvezza, è come se assistesse a fianco di Maria all’arrivo dell’Angelo Gabriele e prendesse parte al momento dell’Incarnazione del Verbo. Attraverso il suo sguardo, proprio come insegna san Luigi Maria Grignon de Monfort, noi intuiamo lo sguardo divino di Dio incarnato, perché “…La Vergine Santa è il mezzo del quale nostro Signore si è servito per venire sino a noi; ed è anche il mezzo di cui noi dobbiamo servirci per andare a lui”.
Sabato, 8 ottobre 2022