Piccola gita a Binasco, il primo paese ambrosiano a pagare il conto dell’invasione napoleonica
di Michele Brambilla
Il 14 maggio 1796, dopo aver sconfitto le armate austriache, Napoleone Bonaparte (1769-1821) prese possesso di Milano a nome del Direttorio di Parigi e della Rivoluzione francese. I soprusi, le violenze e l’instaurazione della Repubblica Cisalpina da parte dei pochi “giacobini” locali suscitarono immediatamente le reazioni della popolazione cattolica del territorio lombardo. L’Insorgenza del 1796, la prima su suolo italiano se si prescinde dalla guerra delle Alpi (1792-96), si estese fino a Pavia, ma a pagarne lo scotto nell’arcidiocesi di Milano fu soprattutto il piccolo borgo di Binasco, attaccato e incendiato dai soldati napoleonici il 24 e 25 maggio, come raccontato da Oscar Sanguinetti in Le Insorgenze controrivoluzionarie in Lombardia (ed. Cristianità 1996).
Visitando Binasco, cosa scorgeremmo degli eventi appena ricordati?
Castello e chiesa parrocchiale sorgono entrambi sulla piazza principale. Al centro c’è un monumento ai caduti, ma si parla delle due guerre mondiali del Novecento.
Il castello è citato per la prima volta nel 1129. Essendo in una posizione strategica tra Milano e Pavia, se ne interessarono i Visconti, in particolare Filippo Maria Visconti (1392-1447), che ricevette Binasco come feudo personale. Come indica una lapide marmorea, il 13 settembre 1418 Filippo Maria vi avrebbe assassinato la moglie Beatrice di Tenda (1372-1418).
La fortezza aveva in origine quattro torri, ma Napoleone ne abbatté due. Oggi ospita gli uffici e la biblioteca comunali, enti che hanno pubblicato qualcosa in memoria degli eventi del 1796, ma in genere per prenderne le distanze e aggregarsi a quella vulgata che vuole ancora i giacobini “buoni patrioti” incompresi.
E la chiesa parrocchiale? La sommità della facciata è stata visibilmente “rattoppata”. Eppure nel 1796 la chiesa era “nuova”, dato che era appena stata ricostruita in stile barocco tra il 1750 e il 1788. Gli affreschi allora documentati oggi sono in grandissima parte non più ritracciabili. L’architetto che aveva curato il cantiere era Giulio Gallori (1715-95) e, sebbene la pianta e il disegno generale della chiesa corrispondano ancora al suo lavoro, gli arredi e i decori interni sono significativamente tutti otto-novecenteschi.
Completamente distrutte le parti lignee originali. Il coro che vediamo oggi è quello del soppresso monastero di S. Maria in Campo (1596). Dal monastero provennero anche le reliquie della beata Veronica da Binasco (1445-97), monaca agostiniana, e un’immagine della Madonna con Bambino dei primi del Quattrocento, davanti alla quale era solito raccogliersi in preghiera il beato Baldassarre Ravaschieri (1419-92), dei Frati minori osservanti, confessore della beata Veronica. Anche frate Baldassarre morì a Binasco, ma le sue reliquie sono oggi a Giussago.
I cortei storici che ogni anno attraversano Binasco si soffermano unicamente sul passato medievale e rinascimentale. L’epoca moderna, con le sue ideologie e le sue stragi, è poco attraente, mentre il fascino dei secoli della Cristianità rimane immutato. I contadini di Binasco nel 1796 furono trucidati proprio perché difendevano quella civiltà, ma non trovano ancora molta comprensione nei loro discendenti. Un’opportuna “purificazione” della memoria ufficiale sugli eventi del 1796 permetterebbe ai binaschesi di oggi di trovare il prezioso anello di congiunzione tra la bellezza degli abiti medievali e la possibile Cristianità di domani.
Sabato, 13 luglio 2024