di Michele Brambilla
Da 30 anni, la Conferenza Episcopale Italiana proclama la prima domenica di febbraio “Giornata nazionale in difesa della vita”. La prima venne istituita nel 1978, all’indomani dell’approvazione della Legge 194 sull’aborto e fu voluta come momento specifico di riflessione sul valore irrinunciabile della vita umana dal concepimento alla morte naturale. È stato così anche domenica 4 febbraio 2018.
Appropriato come Vangelo della V domenica del Tempo ordinario è Mc 1,21-39 dove è narrata la guarigione della suocera di Pietro, una pagina che richiama alla mente anche la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, appena entrata in vigore. Papa Francesco denuncia che «non sono tanti quelli che lottano per la vita in un mondo dove ogni giorno si costruiscono più armi, ogni giorno si fanno più leggi contro la vita, ogni giorno va avanti questa cultura dello scarto, di scartare quello che non serve, quello che dà fastidio». Per questo il Santo Padre invita a pregare affinché «[…] il nostro popolo sia più cosciente della difesa della vita in questo momento di distruzione e di scarto dell’umanità» non solo nell’Europa laicista, ma pure in molte altre parti del globo. Aggiungendo: «Dinanzi al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo, invito tutti i fedeli ad una speciale Giornata di preghiera e digiuno per la pace il 23 febbraio prossimo, venerdì della prima settimana di Quaresima», data che per i fedeli di rito ambrosiano è abitualmente di digiuno stretto, anche eucaristico (non si celebra la Messa). «La offriremo in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Come in altre occasioni simili, invito anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune».
L’appello del Pontefice riporta l’attenzione sui contenuti specifici delle letture della domenica. «Pensate che la maggior parte della vita pubblica di Gesù è passata sulla strada, fra la gente, per predicare il Vangelo, per guarire le ferite fisiche e spirituali. […] E che cosa fa dopo, Gesù? […] Gesù prega», esattamente come sono invitati a fare tutti i cattolici. «In questo modo sottrae anche la sua persona e la sua missione ad una visione trionfalistica, che fraintende il senso dei miracoli e del suo potere carismatico. I miracoli infatti sono “segni”, che invitano alla risposta della fede; segni che sempre sono accompagnati dalle parole, che li illuminano».
Un insegnamento, quello del Papa, che ha sempre avuto bene in mente il beato Teresio Olivelli (1916-45), alpino nel 1941, ex fascista e poi capo partigiano delle cattoliche Fiamme verdi nel 1943, martirizzato a soli 29 anni il 17 gennaio 1945 nel lager di Hersbruck e beatificato sabato 3 febbraio a Vigevano dal card. Angelo Amato. Il Vicario di Cristo all’Angelus menziona anche il nuovo beato: «egli ha dato testimonianza a Cristo nell’amore verso i più deboli e si unisce alla lunga schiera dei martiri del secolo scorso. Il suo eroico sacrificio sia seme di speranza e di fraternità soprattutto per i giovani».
La beatificazione di Olivelli è un altro contributo della Chiesa Cattolica, che ha già compiuto il medesimo passo per il beato Rolando Rivi (1931-45), vittima del “Triangolo rosso” emiliano, alla demolizione della vulgata comunista sulla Resistenza, in questo caso facendo riemergere le componenti non marxiste del movimento resistenziale e il ruolo determinante dell’esercito regolare.