
Il tema è di grande importanza per un monastero ma è ricco di spunti anche per noi laici: l’ospitalità infatti è sempre occasione di carità, scambio di amicizia e umanità.
di Susanna Manzin
San Benedetto nella sua Regola dedica un intero capitolo all’ospitalità, che considera come un dovere, un atto di fede e carità: «Tutti gli ospiti che arrivano siano ricevuti come se fosse Cristo Signore; poiché egli dirà un giorno: Fui ospite, e voi mi riceveste. Ed a tutti sia reso conveniente onore, ma molto più a quelli della nostra stessa Fede e ai pellegrini.»[1] La Regola detta un preciso cerimoniale, un’accoglienza calorosa fatta di abbracci e inchini. «Dopo questo primo ricevimento, gli ospiti siano condotti a pregare e poi il superiore o un monaco da lui designato si siedano insieme con loro». Dopo la preghiera, all’ospite «si porga ogni più umano ristoro. […] Gli si usino tutte le attenzioni che può ispirare un fraterno e rispettoso senso di umanità.»
L’accoglienza a tavola è considerato un elemento fondamentale dell’ospitalità e i cuochi incaricati della mensa degli ospiti devono svolgere quel compito «come si deve», organizzando bene i turni in cucina e prestando una cura particolare nell’arte culinaria. San Benedetto considera così sacra quella tavola che prevede addirittura che: «Se non è uno dei giorni in cui il digiuno non può essere violato, il superiore rompa pure il suo digiuno per far compagnia all’ospite.» Geniale organizzatore della vita comunitaria, il Santo di Norcia prevede che l’ospite sieda al tavolo dell’Abate, non solo per riguardo nei suoi confronti ma anche per dare all’Abate, persona di lunga esperienza e capacità di discernimento, un’occasione per una fruttuosa relazione interpersonale, in uno scambio di informazioni che può essere a vantaggio di entrambi.
L’ordine Benedettino e in genere tutti gli ordini religiosi si sono sempre molto impegnati nell’accoglienza: quando non esistevano gli alberghi e il viaggio era un’avventura pericolosa, il monastero era un luogo ideale per trascorrere la notte. Le abbazie diventano così i rifugi preferiti per i pellegrini e per chi a vario titolo doveva viaggiare. Alcuni rimangono così affascinati dall’ambiente che si fermano volentieri per un periodo di esperienza monastica e a volte vi rimangono per sempre. Per evitare comunque che si abusi dell’ospitalità del monastero, chi si ferma più giorni viene caldamente invitato (secondo certi statuti di monasteri addirittura proprio obbligato) a condividere la vita monastica nella sua totalità e gli viene quindi affidato un incarico di lavoro. L’ozio è in aperto contrasto con la vita monastica e, se l’accoglienza è un dovere, nessuno può abusarne.
Ancora oggi i monasteri sono meta di visitatori, che colgono volentieri l’occasione per dedicare qualche giorno a ritemprare lo spirito e cercare Dio in quel luogo di pace. Anche se la società è profondamente cambiata rispetto a quella medioevale e oggi ci sono alberghi e alloggi per tutti i gusti e tutte le tasche, l’accoglienza religiosa mantiene tutta la sua forza e risponde alla domanda di senso della nostra vita. Le curate e suggestive liturgie che si tengono in coro attirano chi cerca l’elevazione a Dio. L’ospite può vivere anche l’esperienza straordinaria del silenzio, nel quale può sentire più facilmente la voce di Dio. I riti del refettorio, la bontà dei prodotti monastici, la bellezza e la pace del chiostro, l’ordine e la serenità che regna tra quelle mura sono manifestazione della ricchezza spirituale e culturale delle abbazie. Lo scambio è comunque reciproco, perché anche la comunità monastica viene arricchita dalla presenza degli ospiti: ascoltando i loro racconti, le domande, le confidenze e le richieste di aiuto e sostegno, i monaci prendono più coscienza delle necessità del mondo, della propria vocazione e del proprio compito nella Chiesa.
Il tema è evidentemente di grande importanza per un monastero ma è ricco di spunti anche per noi laici: l’ospitalità infatti è sempre occasione di carità, di apertura al nostro prossimo, scambio di amicizia e umanità. La tavola in particolare favorisce la confidenza, la fraternità, è un’opportunità per entrare in profonda relazione. Il mondo contemporaneo, che si riempie la bocca di accoglienza e solidarietà intese in senso ideologico, è pervaso invece dall’individualismo esasperato che caratterizza la società coriandolare, sovente incapace di gesti concreti di vicinanza umana.
Sabato, 15 febbraio 2025
[1] Tutte le citazioni sono tratte dalla Regola di San Benedetto, Capitolo LIII.