di Silvia Scaranari
Il segno della croce, entrando in chiesa, con le dita intinte nell’acqua benedetta – o anche a casa, se si ha la buona abitudine di conservare un po’ di quell’acqua –, è un gesto che ricorda il Battesimo. Lo dice il Santo Padre, concludendo l’udienza generale di mercoledì 2 maggio dedicata ai gesti che accompagnano la celebrazione del sacramento battesimale.
Il Battesimo ha come materia principale l’acqua, ma non un acqua qualunque, bensì quella vivificata dalla presenza dello Spirito Santo. Riprendendo gl’insegnamenti delle precedenti udienza, Papa Francesco torna sull’importanza dell’acqua come segno di purificazione. Se l’immersione o l’aspersione è tipica di molte religioni, nel cristianesimo essa assume un valore particolare perché non è solo la materia H2O, ma qualcosa di più.
Già l’Antico Testamento ha presentato l’acqua come “segno”: nel Genesi si parla dello Spirito di Dio che aleggia sulle acque (cfr. Gen 1, 1-2), poi del diluvio universale che ha purificato dal peccato rendendo possibile la promessa di alleanza fra Dio e il suo popolo (cfr. Gen 7, 6-8, 22). Anche il passaggio nelle acque del Mar Rosso è segno di salvezza del popolo eletto. Durante la vita di Gesù, l’acqua diventa ancor più prefigurazione del Battesimo sia quando Egli stesso si bagna nel Giordano di fronte a san Giovanni Battista (cfr. Mt 3, 13-17), sia quando, sulla Croce, acqua e sangue scaturiscono dal Suo costato trafitto (cfr. Gv 19, 31-37). Infine il Risorto ordina ai discepoli di battezzare tutti i popoli fino ai confini della Terra (cfr. Mt 28, 19).
«Tuttavia», sottolinea il Santo Padre, «il potere di rimettere i peccati non sta nell’acqua in sé, come spiegava Sant’Ambrogio ai neobattezzati: “Hai visto l’acqua, ma non ogni acqua risana: risana l’acqua che ha la grazia di Cristo. […] L’azione è dell’acqua, l’efficacia è dello Spirito Santo” (De sacramentis 1,15)».
L’acqua vivificata dallo Spirito Santo ha il potere di risanare dal peccato, ma il catecumeno deve avere il cuore aperto a ricevere la grazia. Per questo il rito del Battesimo prevede la professione di fede e la rinuncia a Satana. È una scelta a volte difficile e penosa, ma obbligatoria. Afferma il Pontefice: «Nella misura in cui dico “no” alle suggestioni del diavolo – colui che divide – sono in grado di dire “sì” a Dio che mi chiama a conformarmi a Lui nei pensieri e nelle opere. […] Non è possibile aderire a Cristo ponendo condizioni. Occorre distaccarsi da certi legami per poterne abbracciare davvero altri; o stai bene con Dio o stai bene con il diavolo. Per questo la rinuncia e l’atto di fede vanno insieme. Occorre tagliare dei ponti, lasciandoli alle spalle, per intraprendere la nuova Via che è Cristo».
Rinuncio e credo: sono i due verbi necessari per l’uomo che vuole essere di Cristo. E sono espressioni che di debbono dire in prima persona: «Io rinuncio» e «Io credo». In questi atti non si può avere sostituti: sono un impegno personale che dovrà essere portato consapevolmente nel proprio cuore, sulle proprie spalle per tutta la vita. Opera improba se condotta da soli, ma lieta e leggera se portata con la grazia e l’amore di Cristo.
Il Papa ricorda un detto sapienziale del popolo ebraico: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione» (Sir 2,1). Più l’uomo cammina verso Dio, più la cattiveria del demonio si fa forte: ma lo Spirito Santo dona la forza per combattere e rafforza la fede nella vittoria finale. Per questo il Papa ricorda, anche durante il saluto in lingua francese ai giovani della diocesi di Rouen, la bellezza del segno di croce con cui si fa memoria dello strumento della nostra salvezza e della nostra fede nella Santissima Trinità facendo seguire un gioioso «Amen», il «Sia così» che attesta la convinzione nella forza dell’Amore.