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L’Afghanistan e i due Occidenti

10 Settembre 2021 - Autore: Marco Invernizzi

L’11 settembre, le Torri Gemelle, il ritorno dei Taliban

di Marco Invernizzi

L’11 settembre di venti anni fa accadde l’evento che in questi giorni viene ricordato da tutti i giornali: il terrorismo islamista colpì il “Grande Satana”, gli Usa, al suo interno, provocando la morte di tremila persone e lo sbigottimento di tutto il mondo.

Non tutti i fondamentalisti islamici sono terroristi, ma è indubbio che il terrorismo di Al-Qaeda e anche quello dell’Isis, che diede vita allo Stato Islamico proclamato in Iraq il 29 giugno del 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi, si giovarono abbondantemente di quella «rivoluzione culturale», come la chiama Gilles Keppel, che a partire dal 1979 cambiò la storia di tutti i musulmani, sia sciiti con la rivoluzione khomeinista dello stesso 1979, sia sunniti, con il finanziamento saudita (e americano) alla peraltro sacrosanta resistenza antisovietica in Afghanistan (Jihad ascesa e declino. Storia del fondamentalismo islamico, Carocci 2016).

In questi giorni, vent’anni dopo la fine del governo talebano in Afghanistan, un nuovo governo di Taliban si insedia nello stesso Paese: il primo ministro si chiama Mohammad Hasan Akhund, è nella lista ONU dei terroristi; il ministro dell’Interno è Sirajuddin Haqqani, capo della Rete Haqqani, un gruppo dedito alla guerriglia e allo sterminio di massa; Haqqani è il link tra il Pakistan, i Taliban e Al-Qaeda e sul suo capo pende una taglia da 10 milioni di dollari dell’FBI; il ministro della Difesa è Mohammad Yaqoob, figlio del Mullah Omar, che fu il primo leader del gruppo jihadista e fondatore dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan (News list di Mario Sechi, 9 settembre 2021). 

Ogni resistenza antitalebana sembra sconfitta, anche quella di quei combattenti che fra il 1979 e il 1989 accompagnammo in giro per l’Italia perché si conoscesse la loro diversità rispetto ai fondamentalisti, che c’erano già allora prima di definirsi “Taliban”, cioè gli studenti educati all’islamismo nelle scuole pakistane durante il loro esilio dall’Afghanistan in seguito all’invasione sovietica. I miliziani da noi sostenuti erano quelli che combattevano nell’Alleanza del Nord, che avevano fra i loro comandanti Ahmad Shah Massud (1953-2001) e non volevano imporre la shari’a, ma che oggi sembrano scomparsi, fuggiti all’estero o arresisi, tranne il figlio del Leone del Panshir, che sembra ancora arroccato nelle gole della sua valle natale (Michael Barry, Massud. Il leone del Panshir. Dall’islamismo alla libertà, Ponte alle Grazie, 2003).

E’ presto per una valutazione adeguata di quanto accaduto in questi venti anni, anche se tutti cerchiamo di fornire una qualche spiegazione. Certamente l’Occidente ne esce male. Ma quale Occidente? Quello che in Texas grida al mondo che l’aborto è un delitto o quello che grida ai legislatori texani che esso è un diritto?

Ci sono due “Occidenti” oggi in Occidente, e il primo sembra talmente minoritario da suscitare clamori sopra le righe ogniqualvolta riesce a lasciare un segno importante nella storia, come in Texas. Ma è l’unica speranza: un piccolo Occidente che nasce dentro un Occidente potente e ormai vecchio che muore.

Venerdì, 10 settembre 2021

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