È possibile un’architettura moderna che non dichiari guerra al passato, ma che si ponga in fecondo dialogo con il paesaggio e la storia? È possibile, a condizione di rimettere al centro la persona e aspirando a riflettere un ordine più elevato. E anche la committenza fa la differenza.
di Stefano Chiappalone
A chi pensa che «moderno» debba necessariamente coincidere con «stravagante»; a chi è convinto che la modernità non abbia altra via che opporsi ideologicamente al passato; a chi soffre di complessi di inferiorità nei confronti delle “archistar”; a chi – entusiasta o rassegnato – non vede alcuna via d’uscita dalla “cementocrazia” del paesaggio contemporaneo in cui tutte le strade portano a un vicolo cieco; a tutti costoro consiglio un giretto, almeno virtuale nel Regno Unito, precisamente a Poundbury, nel Dorsetshire.
I mattoni a vista e le finestre ornate, i portici di Middlemarsh Street, i colori e i materiali naturali e in generale la sobria eleganza delle case in stile “campagna inglese”, fanno di questa cittadina uno degli esempi più gradevoli e riposanti dell’architettura moderna. La costruzione dell’intero complesso ha avuto inizio negli anni 1990, con l’obiettivo di dar vita a una «città sperimentale». L’esperimento si direbbe ben riuscito, poiché «[…] Pooundbury ha attirato residenti entusiasti, oltre che industrie e negozi, ed è divenuta luogo di pellegrinaggio, popolare fra i turisti come qualsiasi città medievale, nonché un modello seguito anche altrove»1 – con grande costernazione dei “pretoriani” del modernismo architettonico che hanno tacciato di nostalgismo l’architetto lussemburghese Léon Krier, uno dei principali esponenti del Neourbanesimo (o New Urbanism). Secondo Krier, «l’errore fondamentale del modernismo […] è di credersi e di proporsi come un fenomeno di valore universale esclusivo (dunque inevitabile e necessario) che deve legittimamente rimpiazzare ed escludere tutte le soluzioni di tipo tradizionale»2. Invece, l’architetto deve «[…] costruire in un modo per cui tu e i tuoi cari userete i tuoi edifici, li guarderete, vi lavorerete dentro, passerete le vacanze al loro interno e vi invecchierete con gioia»3. In breve, il Neourbanesimo propone un’architettura “a misura d’uomo”, che si ponga in continuità con la storia e il paesaggio circostante, in un’ottica di sviluppo organico, non di antitesi ideologica.
Krier ricevette l’incarico dal principe Carlo di Galles che ne ha disegnato personalmente la stazione dei vigili del fuoco. Anche la committenza fa la differenza. Autore di saggi e conferenze dedicati all’argomento, promotore della The Prince’s Foundation School of Traditional Arts, nonché apprezzato acquerellista, Carlo non fa mistero di disapprovare la coltre cementizia che in forme più o meno stravaganti ha sommerso la vecchia e bella Europa. Per citare un solo esempio, la Birmingham Central Library dell’architetto britannico John Madin (1924-2012), secondo l’erede al trono britannico «è un luogo dove i libri non sono custoditi, ma inceneriti»4. Non a caso lo stile degli edifici di Madin rientra nella cosiddetta architettura «brutalista».
Secondo Carlo d’Inghilterra, l’architettura del XXI secolo dovrebbe fondarsi su 10 principi5 che possiamo sintetizzare come segue:
- Uno sviluppo rispettoso del territorio, progettato non per invadere ma per adattarsi al paesaggio.
- Un codice edilizio, poiché l’architettura è un linguaggio che si fonda su regole grammaticali, senza le quali proliferano dissonanza e confusione.
- Gli edifici devono essere in scala rispetto alle proporzioni umane ma anche agli altri edifici, poiché troppe città sono rovinate da costruzioni casuali e sovradimensionate o sproporzionate rispetto a ciò che è intorno.
- Armonia e sintonia con lo spazio circostante, che non è uniformità, ma la ricchezza stessa della natura, con una coerenza spesso sottolineata dai dettagli quali, balconi, cornici, ringhiere o lo stile delle porte.
- Recinzioni ben progettate, poiché gli spazi delimitati sono più gradevoli e anche più sicuri rispetto alle case separate e frastagliate.
- L’importanza dei materiali, preferibilmente locali, seguendo gli stili regionali, poiché la predominanza di plastica, alluminio, vetro e acciaio rendono invece i luoghi indistinti.
- Attenzione a insegne e luci: meglio coprire il più possibile i cavi e limitare la segnaletica, preferendo, per esempio, elementi naturali (un albero) o naturalmente inseriti (una curva) che spingano le auto a rallentare.
- Il pedone, non il veicolo, è al centro della progettazione.
- La densità non deve spingere a ricorrere ai grattacieli che alienano e isolano, molto meglio le terrazze e i palazzi (mansion block) di quartieri come Kensington e Chelsea, che sono i più gradevoli e insieme i più popolati di Londra.
- Flessibilità, evitando rigide pianificazioni che impedirebbero quanto esposto ai punti precedenti, integrandola piuttosto negli schemi.
«Ho perso il conto», confessa il principe di Galles, «di tutte le volte in cui sono stato accusato di voler tornare indietro a una qualche età dell’oro. Nulla di più lontano dalla mia intenzione. Mi preoccupo del futuro. Entro il 2050 avremo la sconvolgente prospettiva di altri tre miliardi di persone sul pianeta che avranno bisogno di una casa ed è enorme il ruolo degli architetti e urbanisti nel rispondere a questa sfida. […] Tuttavia, perché questi luoghi migliorino la qualità della vita delle persone e rafforzino i legami della comunità, dobbiamo riagganciarci a quegli approcci e a quelle tecniche tradizionali, affinati nel corso dei millenni, che soltanto nel XX secolo sono apparsi come “antiquati” e inutili da una modernità progressista. Ora è tempo di una visione più matura. Lo dico perché quei principi universali sono espressi dall’ordine della natura, che non può mai essere “fuori moda”. […] L’ordine naturale non è semplice. È complesso, profondamente interconnesso e intimamente splendido – un fatto degno di essere preso in considerazione. È sorprendente che non dobbiamo “pensare” di trovare bella una rosa; semplicemente lo è, e suppongo che lo sia perché avvertiamo un’immediata, intuitiva risonanza con la sua forma e struttura. Sperimentiamo la stessa cosa di fronte a un rosone di una cattedrale gotica [precisamente High Gothic nel testo originale, ndr]. Coloro che hanno creato simili strutture nell’Europa medievale hanno tentato di esprimere visibilmente l’ordine divino dell’universo – in poche parole, un modello del Cielo sulla terra [….]»6.
Sabato, 15 maggio 2021
Note
1 Roger Scruton (1944-2020), Confessioni di un eretico. Saggi scelti, trad. it., a cura di Oscar Sanguinetti, D’Ettoris, Crotone 2017, p. 75.
2 cit. in ibid., p. 74.
3 cit. in ibid., p. 76.
4 Craigh R. Withney, Prince Attacks Modern Architects Once More, in «The New York Times», 30 ottobre 1988: https://www.nytimes.com/1988/10/30/world/prince-attacks-modern-architects-once-more.html
5 Carlo, principe di Galles, Facing up to the future: Prince Charles on 21st century architecture, in «The Architectural Review», 20 dicembre 2014: https://www.architectural-review.com/essays/facing-up-to-the-future-prince-charles-on-21st-century-architecture
6 Ibidem.