Da La bianca Torre di Echtelion del 31/05/2018. Foto da articolo
Dopo gli esempi fulgidi di progresso illuminato quali il sequestro e la soppressione di Alfie Evans da un lato, e il disastroso risultato del referendum sull’aborto in Irlanda dall’altro, che la morte sia oramai una cultura diffusa stupisce poco, tant’è che a fare notizia è il suo esatto contrario. Per esempio ciò che è accaduto in Portogallo.
Martedì 29 maggio, l’Assembleia da República, cioè il parlamento monocamerale di Lisbona, ha infatti bocciato ben quattro progetti di legge miranti a legalizzazione l’eutanasia e il suicidio assistito. Le forze politiche favorevoli alla “buona morte” sono state il partito ambientalista Pessoas-Animais-Natureza (PAN), la Sinistra radicale del Bloco de Esquerda (BE) – nato nel 1999 dalla fusione tra marxisti, trotzkisti e socialdemocratici -, il Partito socialista (PS) e il partito ecologista “Os Verdes”. La legge proposta da PAN è stata sconfitta con 116 voti contrari, 102 favorevoli e 11 astenuti. Quella promossa da BE con 117 contrari, 104 favorevoli e 8 astenuti. Quella avanzata dai Verdi con 117 voti contrari, 101 favorevoli e 8 astenuti. Quella voluta dai Socialisti con 115 voti contrari, 110 favorevoli e 4 astenuti.
Una vittoria di misura, certo, ma la notizia non è questa. Lo è invece il fatto che la maggioranza del parlamento è di sinistra, come di sinistra è il governo, guidato dal premier socialista António Luís Santos da Costa. I 230 seggi dell’Assembleia da República sono infatti così ripartiti: 86 ai Socialisti, 36 suddivisi tra le forze alleate del PS al governo, cioè il BE (19), il Partido Comunista Português (15) e i Verdi (2), e il resto distribuiti alle opposizioni, ovviamente tra loro divise, vale a dire il Partido Social Democrata (89 seggi), il Centro Democrático Social-Partido Popular (18) e il PAN (1). Insomma, anche un cieco vedrebbe che la politica portoghese è divisa, ma con disparità numeriche enormi, solo fra la galassia variegata ma imponente della Sinistra e il lumicino dei Popolari. Poi che un pezzo ambientalista della Sinistra (il PAN) non sostiene il governo formato dal resto della Sinistra (Socialisti, Sinistra radicale e un altro pezzo della Sinistra ambientalista), ma la sua voglia di eutanasia sì. Dunque che l’unica vera opposizione ideologica (un misto fra cattolicesimo democratico, conservatorismo ed euroscetticismo) sono i 18 seggi dei Popolari, minoranza assoluta.
Ora, come abbia potuto il siffatto parlamento portoghese sconfessare se stesso difendendo la vita è il vero nodo da scogliere. Per farlo, è utile mettere in fila gli elementi di fatto disponibili.
Primo, il Portogallo in cui le Sinistre governano e strabordano è un Paese che si definisce cattolico ancora all’81%. Questo non significa affatto che le Sinistre portoghesi siano “buone” (tant’è che hanno appunto presentato ben quattro proposte di legge eutanasiche), ma che il cuore dell’uomo è un mistero. Molti cattolici portoghesi hanno cioè evidentemente votato le Sinistre e queste Sinistre votate anche da portoghesi cattolici nei propri ranghi annoverano altrettanto evidentemente molti deputati che, cattolici o meno, martedì non se la sono sentita di approvare la legalizzazione dell’omicidio. Ho scritto volutamente “molti deputati”: è infatti vero – come detto – che nell’Assembleia da República il 29 maggio il fronte per la vita ha trionfato di misura, ma se uno riconsidera quanti sono i numeri parlamentari dell’unica forza davvero non di sinistra (i Popolari), allora ci si rende conto subito che, per giungere alle maggioranza con cui inesorabilmente tutte e quattro le mozioni eutanasiche sono state rispedite al mittente, il numero degli “insospettabili” che ha votato bene è davvero grande. Circa 100 deputati, più cioè (percentualmente anche di molto) delle rappresentanze parlamentari di qualsiasi partito portoghese. Questo significa che il primo partito portoghese è quello costituito da chi, per cultura politica (Sinistra), “avrebbe dovuto” in tesi votare a favore dell’eutanasia è invece ha votato contro.
Secondo, alla vigilia del voto la Conferenza episcopale portoghese ha preso in mano il timone ed è scesa in piazza. Lo ha fatto mobilitando veglie e distribuendo qualcosa come 1,5 milioni di volantini con le spiegazioni del “no”. Il fatto ha dell’eccezionale per tre ragioni. Perché imminente non era un voto popolare (referendum), bensì un voto “di palazzo” in teoria impermeabile a quelle azioni plateali che possono invece avere presa cui cittadini e risultare efficaci in pendenza di consultazioni referendarie. Perché significa che la Chiesa portoghese esercita ancora molta autorevolezza e influenza sul Paese, non solo quello reale, ma pure quello legale. E terzo perché è facile ipotizzare che la discesa in campo dei vescovi abbia “spaventato”, pur indirettamente, una parte consistente di quel “primo partito” portoghese costituito dal centinaio di deputati che per cultura politica “avrebbe dovuto” votare male e che invece ha votato bene, i quali prima o poi dovranno ripresentarsi agli elettori, idea, questa, che rafforza ulteriormente la percezione di autorevolezza della Chiesa Cattolica del Paese. Tant’è che, mentre martedì l’assemblea votava, fuori dal parlamento i cittadini (facile immaginare che tra loro vi fossero pure elettori dei partiti di sinistra) manifestavano tanto sonoramente quanto pacificamente a difesa della vita.
Terzo e ultimo perché il Portogallo sarà pure quel Paese che ci dimentichiamo cronicamente di segnare sulle nostre carte geografiche mentali, verrà pure – a torto – considerato una specie di depandance (inutile) della Spagna, ma è pur sempre quel Paese a cui la Madonna, apparendo a Fatima nel 1917, ha assicurato non verrà mai meno la fede.
Marco Respinti