di Michele Brambilla
Settembre si chiude nel segno degli arcangeli. Il 29 settembre, se quest’anno non cadesse di domenica, sarebbe infatti la festa dei Santissimi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Una delle raffigurazioni più celebri del primo (e più noto) degli arcangeli è posta sopra uno dei luoghi più densi di storia di Roma, Castel Sant’Angelo. Tuttavia è un’acquisizione abbastanza recente.
Castel Sant’Angelo era infatti in origine il mausoleo dell’imperatore Publio Elio Adriano (117-138 d.C.). Nel corso dell’Alto Medioevo la tomba, un gigantesco tumulo cilindrico ricoperto di colonne e di statue in marmo, si trasformò in fortezza e fu integrato nel sistema murario già a suo tempo edificato dall’imperatore Aureliano (270-75). Nel 1277 fu approntato il cosiddetto “Corridoio vaticano”, che permetteva ai Papi di rifugiarsi nel castello in caso di assedio, come avvenne durante il famigerato Sacco di Roma del 1527. I bastioni vennero rafforzati nel 1557, fino ad assumere una forma pentagonale resistente ai colpi di cannone. Funzionò anche da prigione per i detenuti “famosi”: tra loro si contano il card. Giovanni Girolamo Morone (1509-80), imprigionato da Papa Paolo IV (1555-59) perché favorevole della riapertura del Concilio di Trento (1545-1563) ‒ sic ‒, avversato dal Pontefice teatino, il pittore Benedetto Cellini (1500-71), che evase clamorosamente, l’eretico Giordano Bruno (1548-1600), l’alchimista-affabulatore Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro (1743-95) e, pochi lo sanno, padre Lorenzo Ricci (1703-75), ultimo generale dei Gesuiti prima della soppressione dell’ordine nel 1773.
Il nome della fortezza deriva da una tradizione popolare che si tramanda dal secolo VI. Durante una pestilenza, che afflisse Roma nel primo anno di pontificato di san Gregorio Magno (590-604), l’arcangelo san Michele sarebbe apparso sulla cima del castello per annunciare la fine del morbo. La folla che seguiva una processione papale (durante la quale si cantavano incessantemente le litanie dei santi, dando origine al costume delle rogazioni, dal verbo latino rogo, «chiedo per ottenere») lo avrebbe infatti visto rinfoderare la spada, segno che la calamità era cessata. Sebbene questa tradizione sia molto antica, la statua di san Michele che si vede oggi è un capolavoro bronzeo del 1753, opera dello scultore fiammingo Peter Anton von Verschaffelt (1710-1793): in omaggio ai gusti classicheggianti del secolo XVIII, ritrae l’arcangelo vestito della lorica degli antichi soldati romani, nell’atto di rinfoderare un’enorme spada che spicca nel cielo di Roma.
Sabato, 28 settembre 2019