Storia e opere di uno scultore poco conosciuto, ma in grado di riconoscere che «ogni giorno Dio fa della realtà un’opera nuova»
di Francesca Morselli
Venanzio Crocetti è uno scultore italiano che ha avuto nella vita molte onorificenze, soprattutto all’estero, ma in Italia, nonostante la sua pluripremiata produzione artistica e le sue opere importanti, è ancora poco conosciuto. Nel 2002 è stata inaugurata una fondazione-museo nell’atelier che lo scultore aveva a Roma, sulla via Cassia, che racchiude, oltre ad una cappella da lui progettata che le sue ceneri, 70 anni di produzione artistica di questo scultore.
Nato in Abruzzo il 4 agosto 1913 e morto il 3 febbraio 2003, Crocetti ha lavorato per quasi ottant’anni senza tregue, senza rincorrere le avanguardie artistiche e le novità, senza rotture e sperimentazioni, ma seguendo una sua idea di classicismo che lo ha avvicinato agli artigiani che hanno tramandato i reperti archeologici della sua terra, l’Abruzzo.
La sua arte è senza tempo, legata alle suggestioni antiche, alla sua tradizione contadina. I suoi soggetti sono donne umili che lavorano e che compiono azioni quotidiane, e soprattutto animali: buoi, cavalli ma anche leoni e tigri che lui studia allo zoo e nei circhi di Roma. La sua tradizione figurativa fonda le radici nel cosiddetto “Guerriero di Capestrano” (scultura del VI sec. a.C.), fino ad arrivare alla realtà del suo tempo, senza oltrepassare il limite del reale e del vero.
Dall’Abruzzo si sposta a Roma e viene assunto come apprendista restauratore in Vaticano, dove ha la possibilità di vivere all’interno dei Musei Vaticani e dove può studiare e copiare le opere degli antichi e del Rinascimento. Nel 1950 vince il concorso per la Porta del Sacramento di San Pietro, composta da 8 grandi pannelli in bronzo che lui realizza in bassorilievo e descrivono la ieraticità del celebrante e la compostezza del fedele nel ricevere il sacramento. Il suo stretto rapporto con la fede lo porta a dire che «ogni giorno Dio fa della realtà un’opera nuova», e lo lega a commissioni religiose, come nel caso della grande croce nella chiesa di San Giovanni Bosco a Roma e all’Annunciazione per la porta del Duomo di Teramo.
D’altronde Il suo interesse per l’arte sacra inizia da subito e il sacro Crocetti lo percepiva nel mondo da lui scolpito, un mondo semplice, fatto di pastori, di animali di cavalieri (il gruppo scultoreo del Giovane cavaliere della Pace del 1989, dal Giappone all’ONU a Strasburgo fino ad approdare in Svizzera farà il giro del mondo).
Eppure il suo lavoro è rimasto a lungo nascosto ai più, in silenzio, lontano dal mercato e dalla critica d’arte. Fortunatamente questo suo modo di essere contemporaneo ma legato alla sua storia l’ha reso famoso in tutto il mondo: al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo una sala è dedicata proprio a lui, così come le sue opere risultano famose in Giappone e in altre parti del mondo. In Italia ha vinto la biennale d’arte di Venezia nel 1938, nel 1946 subentra ad Arturo Martini all’accademia di Venezia, e poi all’Accademia di San Luca a Firenze, ma il suo lavoro è rimasto a lungo nascosto ai più. Persona schiva e gran lavoratore, si è sempre tenuto lontano dai salotti e dalla mondanità e, così come spiega in un’intervista del 1984, «Le sperimentazioni, le provocazioni, evaporeranno col tempo, ma queste opere non hanno tempo e resteranno perché avranno ancora storie da raccontare» .
Mercoledì, 9 giugno 2021