Di Massimo Calvi da Avvenire del 06/05/2021
La notizia che l’assegno unico e universale non partirà a luglio nella sua forma definitiva, come era stato annunciato, ma si dovrà attendere gennaio 2022 affinché la misura entri pienamente a regime, non è un fatto positivo. La delusione è molta, considerato da quanto tempo si aspetta una riforma dei sostegni per la famiglia, e soprattutto se si pensa che tra i tanti benefit avviati in questi anni, l’unico a slittare è proprio quello che riguarda i figli.
Per chi ha seguito da vicino il cammino della riforma il rinvio in realtà era altamente probabile. Troppo pochi tre mesi a disposizione dal via libera alla legge delega il 30 marzo 2021, per riuscire a fare tutte le cose necessarie: smontare l’impianto delle detrazioni per i figli a carico, cancellare gli assegni familiari in vigore, pensare a una clausola di salvaguardia e stanziare le risorse aggiuntive, calcolare gli esatti importi dell’assegno unico, decidere se pagarlo con credito di imposta o bonus erogato dall’Inps, chiedere a 7 milioni e mezzo di famiglie di rivolgersi ai Caf per calcolare il reddito Isee, preparare i decreti legislativi e approvarli… La macchina da avviare per l’assegno unico, insomma, è talmente complessa che il ritardo dovrà portare un supplemento di riflessione. E questo può essere un’opportunità.
Un assegno per 6 mesi. La cosa sicura, al momento, è che entro luglio il governo deciderà comunque di erogare un contributo alle famiglie, una misura-ponte, come ha spiegato la ministra Elena Bonetti. Un’ipotesi è erogarlo per il momento solo a chi attualmente è escluso dai benefici. Operazione complessa: i lavoratori dipendenti versano contributi e percepiscono assegni e detrazioni, gli incapienti solo gli assegni, gli autonomi solo le detrazioni, e in ogni caso si tratta di emolumenti che decrescono rapidamente col reddito: tutti prendono qualcosa, molti prendono poco. Chi escludere?
I fondi in ogni caso ci sono, e si tratta di 3 miliardi per sei mesi. Facendo un calcolo puramente indicativo, se non venissero toccati per ora i 7,7 miliardi delle detrazioni, aggiungendo la spesa attuale per gli assegni dei dipendenti (4,7 miliardi) con quella degli altri sostegni alle famiglie (2 miliardi), si arriva a una dotazione complessiva di 10 miliardi per 6 mesi. Considerato che gli under 21 sono 12 milioni se ne potrebbe ricavare, a titolo di esempio, un bonus temporaneo di circa 140 euro al mese per tutti i figli.
Guardare oltre il 2022. Pensando al 2022, invece, l’opportunità riguarda il fatto che, a questo punto, la dotazione può essere aumentata con la prossima legge di Bilancio, dato che i 6 miliardi previsti, si è visto, sono una cifra inadeguata al varo di una vera riforma di livello europeo. Inoltre l’assegno può anche essere ripensato tenendo conto dei molti aspetti critici emersi in queste settimane nelle tante analisi prodotte.
Il vero dell’assegno unico è legato alla scelta di ancorarlo al reddito Isee, per avere una progressività nell’erogazione: senza questo passaggio non ci sarebbe stato alcun ostacolo tecnico legato alla definizione della misura e a un suo varo immediato. Un assegno-figli vincolato alla prova dei mezzi, oltretutto, è una caratteristica che nei 15 principali Paesi dell’Unione europea riguarda solo l’Italia e il Portogallo: altrove il benefit è un importo fisso pagato a tutti i genitori. Molti tra gli esperti che hanno studiato la materia ed elaborato simulazioni ritengono che l’universalità totale sarebbe stata la soluzione più corretta e più equa.
I tanti problemi dell’Isee. Il vincolo dell’Isee previsto dalla delega è più un residuato della stagione in cui la politica sociale ha sovrastato la politica familiare che una reale esigenza di giustizia. L’elenco delle criticità segnalate è lungo. Vincolare l’importo dell’assegno all’Indicatore della situazione economica equivalente della famiglia, è stato fatto notare, può ad esempio scoraggiare il secondo percettore di reddito, in genere la donna, dal cercare un impiego o dal continuare a lavorare, per non veder calare l’importo del contributo pubblico. Una correzione suggerita è congelare il secondo stipendio nel calcolo del reddito. Il ricorso all’Isee può anche penalizzare le famiglie che risparmiano per il futuro dei figli, dato che un patrimonio più alto porta a percepire un assegno ridotto. Infatti è stato anche proposto di neutralizzare una fetta della ricchezza detenuta. La Cisl ha suggerito di usare l’Isr, cioè solo la parte reddituale dell’Isee. Il fatto è che legare l’assegno al reddito può comunque incentivare o premiare l’evasione fiscale, considerato che l’importo sarà molto più alto per chi dichiara meno, rischiando così di avallare una redistribuzione non tanto tra ricchi e poveri, quanto tra chi paga le tasse e chi no.
L’Isee, inoltre, penalizza le famiglie numerose, perché contempla coefficienti poco generosi per i figli dopo il secondo, e anche qui serviranno correttivi. Un ulteriore aspetto critico riguarda il fatto che le famiglie potranno vedere l’importo variare di anno in anno, seguendo il fluttuare dell’Isee, vanificando l’obiettivo di dare stabilità al contributo e trasferire fiducia. Ma si pensi anche al caso di coppie con redditi e patrimoni non elevati, che tuttavia sono figli di genitori benestanti, la cui ricchezza non compare, ma può fare molta differenza, sia nel presente sia in termini di eredità futura.
L’equità orizzontale sospesa. A fronte di tanti dubbi emersi proprio tra gli addetti ai lavori, una domanda sorge spontanea: era veramente necessario complicarsi la vita e ancorarsi all’Isee? La questione porta dritto al tema della riforma fiscale. L’assegno unico sarà infatti in parte universale, perché avrà comunque una base minima uguale per tutti (ancora da definire) e una legata alla condizione economica formale. Ora, qualora la parte universale fosse limitata, per chi paga più tasse si porrebbe un serio problema di equità orizzontale, principio garantito dalla Costituzione all’articolo 53. Una famiglia “non povera”, cioè, si troverebbe a pagare un’Irpef pressoché identica a quella di un single. Perpetrando un’ingiustizia a carico dei genitori che dovrà comunque essere affrontata al più presto in sede di riforma fiscale.
Il valore della semplicità. A fronte di così tanti nodi da sciogliere, insomma, il tempo aggiuntivo può consentire un supplemento di riflessione. L’Isee è stato previsto dalla legge delega per ragioni (comprensibili) di carattere politico, e non si può toccare. Tuttavia nulla vieta che possa essere applicato in modo diverso rispetto a quanto simulato finora. Un assegno con caratteristiche “europee” può avere ad esempio una base comune per tutti significativa e prevedere un aumento consistente solo a chi presenta la dichiarazione che certifica il reale stato di bisogno. Oppure contemplare due-tre fasce al massimo, al posto di una complicata curva discendente legata al calcolo di un indicatore che è tutt’altro che garanzia di equità, e prevedere una riduzione dell’importo solo per i veri Paperoni, anziché alimentare contese e disuguaglianze all’interno del ceto medio di un Paese ai vertici europei per evasione fiscale. Il valore e l’equità di una misura di politica familiare si misura anche dalla sua semplicità.
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