di Michele Brambilla
Con l’udienza generale dell’8 gennaio Papa Francesco riprende le catechesi basate sugli Atti degli Apostoli. «Il libro degli Atti degli Apostoli», spiega infatti il Pontefice, «nella parte finale, racconta che il Vangelo prosegue la sua corsa non solo per terra ma per mare, su una nave che conduce Paolo prigioniero da Cesarea verso Roma (cfr At 27,1–28,16), nel cuore dell’Impero, perché si realizzi la parola del Risorto: “Di me sarete testimoni […] fino ai confini della terra” (At 1,8)» e venga ottemperata la legge romana, che consentiva a chi, come Saulo, era stata concessa la cittadinanza romana alla nascita di appellarsi al foro personale dell’imperatore.
Tuttavia «la navigazione incontra fin dall’inizio condizioni sfavorevoli». «Il viaggio si fa pericoloso. Paolo consiglia di non proseguire la navigazione, ma il centurione» delle guardie che lo scortano, figlio di una cultura giuridica per la quale la sentenza doveva essere applicata fino in fondo, costi quel che costi, «non gli dà credito e si affida al pilota e all’armatore». Questi perdono però il controllo della nave durante una tempesta tremenda e naufragano sull’isola di Malta.
Equipaggio e prigionieri si salvano grazie all’Apostolo delle genti, che riceve dall’Alto la garanzia che nessuna vita sarebbe andata perduta (At 27,22) affinché anche in quell’occasione si rivelasse la provvidenza di Dio, a cui i cristiani danno testimonianza nel servizio disinteressato al prossimo. Infatti, osserva il Papa, «anche qui Paolo, da vero discepolo di Cristo, si mette a servizio per alimentare il fuoco con alcuni rami. Durante queste operazioni viene morso da una vipera ma non subisce alcun danno», riportando alla mente una delle promesse di Gesù che riguardano la missione dei discepoli: «[…] prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno» (Mc 16,18).
Il mare era considerato sia dagli Ebrei sia dalla cultura greco-romana come il luogo del pericolo estremo e del mistero, una massa ingovernabile che infliggeva una fine “ingloriosa”, mentre il veleno dei serpenti era associato al sacro nel senso più inquietante («mysterium tremendum»). Il superamento del naufragio e l’invulnerabilità al morso delle vipere erano chiari segni di protezione divina, e permettono quindi a san Paolo di manifestare ancora una volta la vittoria pasquale di Cristo, che «[…] guida» gli uomini «alle acque che danno salvezza», come canta il Preconio pasquale ambrosiano.
Quando si riceve il Battesimo si è tutti immersi nella morte e nella risurrezione di Cristo. Francesco allora esorta: «riscoprite la grazia che proviene dal Sacramento e sappiatela tradurre negli impegni quotidiani di vita». «E io vorrei che ognuno di noi sapesse la data del battesimo» così come si usa ricordare quella del compleanno, perché è nel fonte battesimale che siamo nati alla Vita vera.
Giovedì, 9 gennaio 2020