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Le balaustre: solo decorazione?

29 Febbraio 2020 - Autore: Michele Brambilla

di Michela Brambilla


Dopo il 1970 sono state spesso smontate o scomposte. L’oggetto in questione sono le balaustre, che spesso nelle chiese ancora sopravvivono ancorché private di compito specifico.

In realtà le balaustre sono un elemento antichissimo, nato con una funzione sia pratica sia simbolica. Quando si edificò la basilica costantiniana di San Pietro in Vaticano (319-333), si volle collocare l’altare nell’abside presente sul lato corto perché la forma ricurva permetteva di riecheggiare la voce dell’oratore come nelle basiliche civili. Per poter allineare l’altare con la tomba di san Pietro, fu costruita una tribuna, che distingueva allo stesso tempo l’area presbiterale dalla navata. Nacque così la balaustra, la cui funzione era ricordare la distinzione di ministero tra il clero e i laici, e preservare, “esaltandolo” come perimetro specifico del sacro, il luogo in cui si celebra e conserva l’Eucarestia.

A partire del secolo V iniziò il cammino che portò, in Oriente, alla nascita, su questa base, dell’iconostasi. Il “primo passo” è tutt’ora osservabile nella basilica di Torcello, a Venezia, del secolo VII: un’elegante balaustra marmorea, sormontata da un colonnato sul quale sono state successivamente montate delle tavole con immagini sacre. Il modello evolvette in Inghilterra e in Francia nei cosiddetti jubè, una serie di archi, spesso riprodotti in legno, che delimitavano rigidamente la navata e il presbiterio nascondendo l’altare. Era un modo per enfatizzare il senso di mistero che deve pervadere il credente di fronte alla presenza reale di Cristo nell’ostia consacrata.

Poiché, però, in Gesù l’invisibile si è reso visibile, il Concilio di Trento (1545-1563) ordinò di abbattere tutte le strutture che impedivano la vista dell’altare, sostituendole con una balaustra di minore altezza. Per essa bisognava comunque scegliere i marmi più preziosi, alla pari degli altari e della pavimentazione del presbiterio, poiché in base alle regole liturgiche i fedeli avrebbero dovuto inginocchiarvisi davanti per ricevere la comunione. Ciò comportava la necessità di coprirla con lunghe tovaglie allo scopo di preservare i frammenti di Pane e le gocce di Vino offerti ai fedeli. Cristo è l’Emmanuele («Dio-con-noi»), ma rimane sempre Dio, da ricevere e adorare come a Lui conviene.

Con la riforma liturgica successiva al Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) si è voluta ulteriormente sottolineare la vicinanza di Dio a ogni uomo e la Sua presenza nell’assemblea riunita. Le balaustre sono state spesso viste come un segno di distinzione troppo netto, che impediva di comprendere lo stretto rapporto che nel corso della Messa si crea tra Cristo e la Chiesa, tuttavia ci si è presto resi conto che l’eliminazione degli antichi cancelli comportava un diminuire della sicurezza del tabernacolo, ora maggiormente esposto alle mire profane. Nel Duomo di Milano è stato, per esempio, posto un cordone di velluto per impedire lo sconfinamento dei turisti nell’area sacra. Si è così riscoperto un servizio fondamentale delle antiche balaustre.

Dedichiamo, quindi, un’occhiata meno fuggevole alle balaustre delle chiese: esse sono lì a ricordarci che esiste un limite al profano e che noi stessi siamo nel mondo, ma non siamo del mondo (cfr. Gv 15,18-21).

Sabato, 29 febbraio 2020

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Info Michele Brambilla

Michele Brambilla, celibe, di professione insegnante, nasce il 21 aprile 1987 a Monza (MB). Consegue la laurea specialistica in Lettere il 10 luglio 2013 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 22 novembre 2017 quella triennale in Scienze religiose presso l’Istituto di Scienze Religiose “Paolo VI” di Milano, con indirizzo pedagogico. Conosce Alleanza Cattolica da adolescente, nel suo ambiente parrocchiale d’origine, e diventa militante nel marzo 2017. Già nel 2012 comincia a collaborare al sito regionale lombardo di AC, Comunità Ambrosiana, per approdare poi, dopo la promessa di militanza, su quello nazionale: su entrambi cura principalmente pagine dedicate al Magistero papale ed episcopale.

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