Da Avvenire del 18/04/2020
Una cosa è certa: la ricostruzione sulla parabola del coronavirus è tutt’altro che finita. Anzi le “sorprese” sono destinate a fioccare. E a inquietare una narrazione che lo stesso regime cinese ha cercato di cavalcare, provando ad accreditarsi come Paese che ha sconfitto l’epidemia prima, come esempio da seguire nel mondo, dopo. Ma appunto la realtà che sta sotto la retorica è ancora tutta da restituire.
Ieri dal regime è arrivata una nuova ammissione (la seconda dopo la vicenda del medico–eroe Li Wenliang, riabilitato solo post mortem). E riguarda un elemento non da poco: il numero delle vittime. Ritoccato. All’insù. La “correzione” è stata resa nota dal portavoce della Commissione sanitaria nazionale, Mi Feng. I decessi, causa coronavirus, sono stati 4.632, il 39 per cento in più (1.290) di quanto ratificassero le statistiche ufficiali. Wuhan, la città focolaio della pandemia con 3.869 vittime, pesa adesso nella misura dell’83,5% sul bilancio delle vittime su scala nazionale. Rivisto anche il dato sui contagi, saliti di 325 unità, a 82.692. Secondo i media cinesi, la sottostima è stata dovuta alle insufficienti capacità di ricovero negli ospedali, sopraffatti al culmine dell’epidemia. «Nessun insabbiamento», ha tenuto a precisare il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian mentre la politica nazionale lancia un segnale di ritorno alla normalità: dal 26 al 29 aprile, è stato convocato a Pechino il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo.
A interrogare è la tempistica dell’aggiornamento. Arrivato quando la pressione internazionale su Pechino sembra farsi più forte. Dagli Usa alla Francia, passando per la Gran Bretagna, aumentano i dubbi sull’origine e la gestione di Pechino del virus. Washington, che sta indagando sull’ipotesi che il Covid– 19 arrivi non dal mercato degli animali bensì dal laboratorio di virologia di Wuhan, chiede proprio che quel laboratorio venga aperto a un team di esperti. Sulla gestione del virus in Cina «sono successe cose che non sappiamo», ha tagliato corto il presidente francese Macron. Mentre da Londra il ministro degli Esteri Dominic Raab ha tuonato: la Cina dovrà rispondere a «domande difficili su ciò che è accaduto».
Ieri un nuova tegola. Che arriva da Luc Montagnier, premio Nobel per la Medicina nel 2008 come co–scopritore del virus dell’Aids. Il Sars– CoV–2 sarebbe un virus manipolato, sfuggito accidentalmente da un laboratorio cinese di Wuhan dove si studiava un vaccino contro l’Hiv. Non solo: secondo uno studio di un team dell’università di Cambridge pubblicato dalla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), ma non ancora rivisto dalla comunità scientifica, il virus sarebbe stato in circolazione in Cina già da metà settembre. La narrazione del e sul coronavirus è, insomma, tutta ancora da scrivere, mentre nel mondo i decessi hanno superato quota 150mila.
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