Giornata per la vita e Giorno del ricordo: un sottile fil rouge
di Marco Invernizzi
Citando un suo discorso in Colombia, Papa Francesco ha scritto queste parole all’inizio del capitolo settimo dell’enciclica Fratelli tutti: «la verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia. Tutte tre unite, sono essenziali per costruire la pace e, d’altra parte, ciascuna di esse impedisce che le altre siano alterate. […] La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono».
Queste parole mi sono venute alla mente pensando al Giorno del ricordo, che si celebra ogni 10 febbraio per ricordare i massacri delle foibe e l’esodo delle popolazioni giuliano dalmate. La verità è venuta alla luce dopo decenni di menzogne e reticenze, grazie all’impegno costante di pochi giornalisti e intellettuali, riparando così a una grande ingiustizia. Poi verrà anche il tempo della misericordia e del perdono verso coloro che hanno osteggiato questa vera e propria opera di riconciliazione con un pezzo della storia europea, non soltanto italiana.
Nel mese di febbraio, ogni prima domenica, si celebra anche la Giornata per la vita, voluta dalla Conferenza episcopale italiana dopo l’approvazione della legge 194 che nel 1978 ha legalizzato l’aborto. Anche in questo caso molti innocenti aspettano verità e giustizia perché, come nel caso delle foibe, anche per l’aborto si è creato un clima di ipocrisia e, soprattutto, di non volontà di affrontare il problema. Per tanti anni si è detto, a proposito delle foibe, che la colpa era del clima di guerra civile, che non si doveva dimenticare la violenza fascista, così come ancora oggi si giustifica la legalizzazione dell’aborto con il diritto di scegliere della donna e si portano a giustificazione un certo numero, spesso gonfiato, di casi estremi e pietosi.
Allora come oggi non si vuole affrontare la verità del fatto che ci sono degli innocenti che chiedono giustizia, anche se in entrambi i casi non potranno vederla se non in cielo: nessuno, peraltro, vuole alcuna forma di vendetta.
Anche in questo caso mi viene in aiuto il Pontefice, che ha detto l’8 febbraio rivolgendosi al corpo diplomatico: «Purtroppo, duole constatare che, con il pretesto di garantire presunti diritti soggettivi, un numero crescente di legislazioni nel mondo appare allontanarsi dal dovere imprescindibile di tutelare la vita umana in ogni sua fase».
E’ una frase inserita in un contesto molto più ampio, come può essere un intervento rivolto agli ambasciatori presso la Santa Sede, che inevitabilmente tratta di tanti temi inerenti alla politica internazionale. Però è una frase importante, che risolve un tema dibattuto anche all’interno del mondo cattolico italiano circa l’iniquità o meno della legge 194.
La legge ha il dovere di tutelare la vita, dall’inizio alla fine, ha detto il Regnante Pontefice, e i diritti soggettivi sono presunti, sempre secondo le sue parole. Questo non significa che la legge 194 non preveda alcuni aspetti positivi, che vanno senz’altro attuati, come i Centri di aiuto alla vita negli ospedali, ma questo non cambia l’iniquità sostanziale di una legge, come del resto può testimoniare chi allora c’era e conobbe il clima in cui venne presentata e approvata la legge 194.
Per portare la tragedia delle foibe a diventare una solennità civile ci sono voluti 60 anni, dall’armistizio di Cassibile, che pose fine all’alleanza militare italo-tedesca, alla promulgazione della legge sulle foibe (1943-2004). Quanto ci vorrà per ricordare la verità dell’affermazione del Papa, cioè che le leggi che giustificano l’aborto sono comunque ingiuste?
Mercoledì, 10 febbraio 2021