I domenica di Quaresima
(Genesi 9,8 – 15; 1Pietro 3,18 – 22; Marco 1,12 – 15)
Immediatamente dopo il momento meraviglioso del battesimo nel fiume Giordano, dove si udì la voce del Padre che disse: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Mc 1,14), ci si attenderebbe un inizio “zelante”, da parte del Messia, lungo le strade d’Israele, nel proclamare l’inizio del Regno. Può sorprendere, invece, l’iniziativa dello Spirito Santo, che dopo una vera e propria investitura messianica, per sanare i cuori desolati, sospinge Gesù nel deserto. Rimase in quel luogo quaranta giorni digiunando, pregando, meditando, lottando in piena solitudine e silenzio.
Questo è il grande invito della Quaresima.
La storia della Chiesa è ricca di personalità che si sono ritirate nel deserto, a partire dai monaci egiziani, come sant’Antonio abate, fino agli oranti penitenti degli eremi montani, di cui è tutt’ora disseminata l’Europa.
Quest’invito non è rivolto solo ai monaci, tutti siamo invitati non tanto ad uno spazio, quanto a un “tempo” di deserto. Ritrova la via del tuo cuore, dove sempre risuona la voce del Padre: «La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16).
Pregare è anzitutto quest’opera di santa indifferenza, potendosi sempre esporre al sole di Dio e presentare tutta la nostra vita ad una totale verifica e divina conferma. Può essere anche solo uno spazio di pochi secondi, mentre viaggio in centro città su un autobus affollato. Si impara a fare deserto e si dispone la nostra giornata in modo che vada tutto bene, secondo la volontà del Padre. E’ possibile attingere sempre verità dal Cielo, dando il primato al Signore e permettendogli di essere Padre del nostro cuore. Un padre non sarebbe tale, se non parlasse al figlio.
La Quaresima, vissuta intensamente, è come un’ottima cura disintossicante dell’anima. Siamo tutti assillati da messaggi esterni. Non sono solo i credenti ad avvertire l’esigenza di un tempo di raccoglimento e di solitudine, ma ogni persona consapevole di avere uno spirito, un’anima, o almeno una libertà da custodire. E’ lo spirito che ha bisogno di “ferie”, urgentemente!
Può certamente essere un’operazione dolorosa, per tante persone dissipate, scoprire che tanti anni passati nella dissolutezza sono stati una vera e propria “fiction”! Preferiamo vivere nella finzione o nella realtà? Per scendere nel cuore e affrontare la vita, è indispensabile tutto quanto Gesù e Maria hanno mostrato, da Betlemme alla Pentecoste. Uno solo è il Maestro, quando parliamo di vita del cuore, disturbato da un intero universo di “movimenti”, spesso indecifrabili. Terribile essere ignoranti nella scienza dello Spirito: non si comprende nemmeno più «di quante anime siamo fatti».
Ne esce una fuga dal cuore e dalla Verità. Soltanto Gesù nel deserto sa combattere il demonio e custodire il cuore, al punto che «stava con le fiere e gli angeli lo servivano», un modo per dire che l’amicizia di Dio concede l’immortalità a chi vi si dispone debitamente (sant’Ireneo di Lione, Libro IV, 13). E’ pesante il chiasso, soprattutto per i giovani, che non decidono per conto loro, ma seguono le mode del momento.
La tradizione cristiana offre una risposta, nel digiuno quaresimale.
Esistono diversi tipi di digiuno. L’astenersi da cibi e carni ha sicuramente ancora senso. E’ altamente raccomandabile, quando è fatto con spirito di sacrificio, allo scopo di mortificare la gola e avere qualcosa in più da condividere con chi muore di fame, e non unicamente per la “linea”.
Il digiuno, quindi, è tutt’altro che uno sforzo inutile per ripagare un debito assolutamente impagabile: diviene la ricerca della vera gioia in Dio, al di là delle gioie passeggere di questo mondo. Ti chiedo la gioia, Signore, e perché questa mia richiesta sia assolutamente vera rinuncio temporaneamente alle gioie legittime che la vita mi potrebbe dare. Così i cristiani hanno sempre praticato il digiuno, unendolo paradossalmente ad senso inedito di festa.
Non si direbbe però che il digiuno dal cibo e bevande sia il più necessario, giacché Gesù afferma che «Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca» (Mt 15,11).
Viviamo in una civiltà dell’immagine, e ne siamo diventati divoratori. Attraverso l’infosfera lasciamo entrare un fiume, spesso amaro, di immagini. Molte di esse sono malsane, veicolano violenza e malizie, non fanno che aizzare i peggiori istinti che ci portiamo dentro. Sono confezionate espressamente per sedurre. Forse il danno peggiore è la trasmissione di un’idea falsa della vita, con tutte le conseguenze che ne derivano nell’impatto con la realtà: si pretende che la vita offra tutto quanto la reclamizzazione commerciale presenta.
Se non si crea un filtro, ma con forze solo umane è impossibile, la fantasia diventa sempre di più “la pazza di casa” e fa della nostra anima una grossa pattumiera. Soprattutto chi pratica attività di preghiera e di meditazione, sa che le immagini non muoiono appena giunte dentro di noi, ma si ripresentano per un certo tempo, con un lavorio continuo, e condizionano la nostra libertà. Nelle persone più labili diventano un impulso all’imitazione, specie tra i giovani e gli adolescenti. Emblematico il caso dei sassi scagliati dai cavalcavia sulle auto, come si è visto fare in un film. Dio ha creato gli occhi per vedere, ma anche le palpebre per coprirli. Gli Esercizi spirituali ignaziani hanno il pregio di essere anche una purificazione della memoria dalle immagini negative.
Un altro digiuno alternativo che possiamo fare in Quaresima è quello legato alla parola, seguendo il suggerimento di san Paolo: «Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca» (Ef 4,29). E’ un grande momento di perfezione parlare in modo che ogni parola la si possa ripetere innanzi al Padre, che nel giudizio finale non dimenticherà nessuna nostra esternazione. Dio creò il mondo con la parola, pertanto anche le nostre parole possono essere sempre benedette da Dio ed essere foriere di verità. Se abbiamo il Vangelo nel cuore, l’amore di Dio tracimerà dalla nostra bocca. E’ un atto di carità verso il prossimo, dei più diffusivi. La gente ci osserva con uno sguardo ben diverso quando gusta nelle nostre parole la profonda riflessione e la pace dei figli di Dio. Dona grande tranquillità al prossimo essere una lingua affidabile. Nel giro di pochi giorni, è gustoso osservare come il prossimo muti completamente atteggiamento nei confronti di chi evita non solo parole fuori vocabolario, ma anche il sarcasmo, le critiche fuori luogo, le frasi taglienti e negative, che mettono in luce perennemente il lato debole di una persona. E’ un grande esercizio di perfezione che positivamente ci costringe alla riflessione profonda, la quale abbatte sempre tutti i peccati. Riflettere è già pregare. Non a caso sant’Ignazio, quando espone il suo: «Principio e fondamento della vita cristiana», inizia dall’esigenza umana di comunicare la verità al prossimo: «L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio, e così salvare la propria anima». Nel termine “lodare” è sottointesa la verità della parola. Affidiamo a Maria la nostra comunicazione verbale, che è stata per tanti l’inizio dell’acquisizione di una più autentica vita cristiana come riconsegna del primato alla verità, nello Spirito stesso che Gesù desidera donare a tutti coloro che gli rendono gloria con la parola, parola che comporta la ricerca della verità con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze. Lo Spirito Santo è anzitutto spirito di verità.
Domenica, 21 febbraio 2021