IV domenica di Quaresima
(2Cr 36, 14 – 16; Ef 2, 4 – 10; Gv 3, 14 – 21)
Una frase di dolce consolazione ci viene oggi presentata nel Vangelo di Giovanni: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna».
Il tema dell’amore di Dio, domina queste letture della “Domenica Laetare” (lat. “gioite”), così detta perché, un tempo, si interrompevano per un giorno le aspre penitenze praticate in vista della Settimana Santa, ormai imminente.
Il filosofo Soren Kierkegaard (1813-55) affermava: «Non importa sapere se Dio esiste; importa sapere se Dio è amore». Se la Bibbia fosse stata un CD Rom, per sintetizzarla basterebbe incidere tre parole:
“Dio vi ama”!!
Dante Alighieri (1265-1321) diceva che in Dio esistono, come fosse una miscellanea volutamente composta, tutte le forme di amore con cui il creato riverbera l’onnipotente carità del Padre. La Sacra Scrittura è la più completa scuola dell’amore, espresso in termini molto coerenti, nelle forme stesse con cui tutti veniamo in contatto.
L’amore di Dio è maschile? Il fatto che Lo si chiami Padre, lì per lì, lo farebbe anche pensare. Ma se fosse così, patirebbe un grande limite. E’ solo rivolto ai celibi? In realtà, scorrendo le pagine del testo sacro, questo problema è annullato dalla ricchezza espressiva dell’arte di amare del nostro Signore eterno.
Amore paterno: nel profeta Osea (11,1-4) Dio è un tenerissimo padre, assai paziente col suo bimbo mentre gli insegna a camminare. Lo solleva sulle sue spalle mentre lo nutre. L’Amore maschile è fatto di esortazioni per far crescere il figlio, in modo che egli dia il meglio di sé, senza esagerare negli elogi perché il bambino non si creda perfetto e smetta ogni impegno. Un altro aspetto è la correzione: «Il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto» (Pr 3,12). Dio corregge sempre con equilibrio, pazientando e attendendo il tempo della crescita, senza scoraggiare esigendo tutto e subito. Dio è anche colui che lascia la giusta libertà, rassicurando il figlio, facendolo sentire protetto nella vita. Si rivela a noi come «Roccia e baluardo», eretti a protezione della nostra vita, e «Fortezza sempre vicina nella angosce».
Amore materno: nel profeta Isaia splende l’amore materno, con cui Dio esprime il suo affetto verso Israele: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non mi dimenticherò» (Is 49,15). L’amore della madre è fatto di accoglienza, di compassione e tenerezza: è un amore totale e assai sensibile alla vita. Parte dalle fibre stesse che hanno originato in lei la vita. La donna freme di compassione. Qualsiasi cosa abbia commesso un figlio, se ritorna a casa è sicuramente accolto a braccia aperte da sua madre. Le mamme sono generalmente complici dei figli, che difendono a spada tratta più che intercedere per essi. Ma è quello che Dio sente per noi: «Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione» (Os 11,8) e ancora in Is 66,13: «Come una madre consola il figlio, così io ti darò consolazione». Oltre alla potenza e forza di Dio, emerge tenerissima la sua debolezza materna. Anziché fare giustizia punendo, Dio si mostra impotente verso il popolo infedele, a causa del suo grembo materno, per cui si commuovere e cede alla compassione (Ger 31,20).
Amore sponsale: nel Cantico dei Cantici viene definito come una «vampa di fuoco» (Ct 8,6)
forte come la morte. Dio utilizza anche le espressioni tipiche dell’innamoramento per esprimere il suo sentimento verso i figli di Adamo. Viene spesso usato anche il termine “seduzione”.
L’amore sponsale è strettamente legato ad una scelta libera. Non scegliamo i nostri genitori, ma ognuno è libero di accogliere o rifiutare una proposta nuziale. Un momento tipico è la gelosia. Infatti le Scritture affermano spesso che il Signore è un «Dio geloso». Negli sposi terreni la gelosia è indice di debolezza e di insicurezza. L’uomo geloso o la donna gelosa temono per sé stessi. Si teme che un uomo più forte o una donna più bella possano rubare il cuore della persona amata.
Così teme anche il Signore per noi, conoscendo la fragilità umana, che si protende verso falsi amori e idoli inconsistenti.
Gesù, venendo sulla terra, porta a compimento tutte queste forme dell’amore umano, ma non manca neanche di quel tratto così importante che è l’amicizia, oggi fondamentale di fronte all’enorme riduzione delle famiglie. Tanti giovani oggi fanno riferimento agli amici, essendo privi di un vero parentado. Gli antichi dicevano: «L’amicizia è come avere un’anima sola in due corpi». Spesso è un vincolo più forte della parentela, essendo essa solo un legame di sangue, mentre l’amicizia prevede gli stessi ideali, gusti, interessi. Nasce dalla confidenza, dal comunicare ciò che di più intimo abbiamo nel cuore. Gesù ci chiama amici perché tutto quello che conosceva del Padre l’ha fatto conoscere a noi, con santa confidenza. Ci ha fatto conoscere la Trinità, la sua predilezione per i poveri e i piccoli! Ci ama come un papà e ha preparato un posto per noi in cielo! L’amore di Dio, è un oceano senza rive e senza fondo. Quello a cui abbiamo accennato fin qui è una goccia, ma è tutto quanto serve alla salvezza. Ora bisogna credere all’amore di Dio e, soprattutto, accoglierlo, come ci propone san Giovanni: «Noi abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi» (1Gv 4,16). Qui siamo richiamati all’infanzia spirituale, che non è un regresso, tutt’altro! E’ l’atteggiamento tipico dei bambini, che si fidano dei genitori. Essi non hanno paura di lasciarsi amare: più dai loro attenzione e amore, più ne vorrebbero, e se lo prendono come la cosa più naturale del mondo. Ci sguazzano dentro lieti, come durante il bagno tra le mani della mamma. Gesù ha detto che bisogna accogliere il Regno di Dio come fanno i bambini (cfr Mc 10,15). Il Regno di Dio non è altro che il suo stesso amore, che deve essere il modello dell’amore umano. Due sono i punti forti da acquisire. Il primo: Dio non ha avuto paura di “peccare” di debolezza, dicendo spesso, nella Bibbia, alla sua creatura «Io ti amo, tu sei prezioso ai miei occhi». Perché ci sono genitori che non lo dicono mai ai figli? Mariti che non lo dicono alla moglie? Molti giovani soffrono per tutta la vita per non essersi mai sentiti rivolgere parole d’amore da chi più se lo attendevano. L’amore di Dio è, inoltre, un’ottima educazione alla libertà, come reazione al permissivismo. Significa trasmettere criteri di verità e sano spirito critico, per aiutare un’anima a non essere succube di nulla: tutto si deve confrontare con il Vangelo, di modo che la fede diventi cultura, cioè criterio di discernimento, senza passività alle mode o plagio indotto dalla paura di essere “diversi”.
Molte cose sbagliate vengono commesse perché non si è sufficientemente liberi nell’anima, non perché si è troppo liberi, e il servizio più bello che si possa fare ai giovani oggi, da parte di chi li educa, è guidare un’anima alla vera libertà, nella ricerca della volontà di Dio, in maniera tale che l’allievo non sia caratterizzato dalla mediocrità di Nicodemo, che visitava il Signore solo di notte, temendo il giudizio del prossimo: il fariseo dimostrava, in questo modo, di non voler aderire a Lui pienamente e convintamente.
Domenica, 14 marzo 2021