XXVI domenica del Tempo ordinario
(Nm 11, 25 – 29; Sal 18; Gc 5, 1 – 6; Mc 9, 38 – 43.45.47 – 48)
La Chiesa supera i limiti che possono essere umanamente osservati. L’episodio della prima lettura fa da bell’introduzione al Vangelo di oggi. Giosuè, fedele servitore di Mosè, si indispettisce perché due uomini al di fuori dell’accampamento hanno ricevuto lo stesso spirito di profezia degli israeliti che erano presentiinnanzi a Mosè e chiede che sia loro impedito di predicare. Mosè, da uomo di Dio, risponde: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito!».
La scena del Vangelo è molto simile. L’apostolo Giovanni vide un uomo scacciare i demoni nel nome di Gesù, senza essere della loro cerchia, e glielo impedì. Quando riferì questo a Gesù, si sentì rispondere: «Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi, è con noi».
Cosa pensare di coloro che fanno del bene al di fuori della Chiesa e godono anche di manifestazioni spirituali e doni mistici straordinari, di tutto rispetto? Al di fuori della Chiesa cattolica c’è salvezza? Le aperture recenti della teologia su questo tema hanno sconcertato qualche credente: «Se anche gli atei possono aspirare alla salvezza eterna, purché vivano secondo una coscienza retta; se è vero, come dicono certi teologi, che c’è speranza di salvezza per chiunque abbia una fede, musulmano o ebreo che sia, mi chiedo: perché Gesù ha detto: “Chi crede in me sarà salvato”? E perché tanti sforzi per riunificare le Chiese cristiane, dal momento che, se non credi in Dio e non hai la fede ma fili dritto, ti salverai ugualmente?».
Il Concilio Vaticano II ha affermato che «lo Spirito Santo, in un modo noto solo a Dio, offre a ogni uomo la possibilità di un contatto con il mistero pasquale di Cristo» e quindi di essere salvato.
Questa dottrina era già presente nella Sacra Scrittura: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità» (1Tim 2,4), «Dio è il salvatore di tutti gli uomini ma soprattutto dei credenti» (1Tim 4,10). Soprattutto viene detto: non esclusivamente dei credenti!
Le vie ordinarie alla salvezza sono la fede in Cristo, il battesimo e l’appartenenza alla Chiesa, ma la teologia ha sempre ammesso la possibilità che Dio salvi persone per vie non ordinarie. Questa affermazione è stata avvalorata in epoca moderna dai viaggi oltremare, durante i quali si poté osservare l’esistenza di un numero infinito di persone che, prive di colpa, non avevano alcuna conoscenza della dottrina cristiana o l’avevano conosciuta in modo improprio, da colonizzatori privi di scrupoli che rendeva assai difficile accettare la fede.
Siamo innanzi ad una variazione dogmatica della fede cattolica? In realtà nulla è cambiato e tutto è stato chiarito. L’unico Salvatore è Gesù Cristo, anche chi non lo ha conosciuto si salva grazie alla sua morte in croce. Costoro, anche se non appartengono dichiaratamente alla Chiesa cattolica sono orientati verso di essa.
E’ indispensabile, inoltre, fare un distinguo tra il non credente e l’ateo acre e accidioso. Nessun uomo può dirsi estraneo ai dieci Comandamenti, che altro non sono che l’intelligenza del vivere.Chi si oppone alla verità che ha conosciuto e alla giustizia che ne deriva, opponendosi alla fede e alla morale, otterrà ciò san Paolo chiaramente afferma: «Sdegno, ira, tribolazione e angoscia, nel giorno della rivelazione del giusto giudizio di Dio», sia egli giudeo o greco, cioè credente o non credente (cfr Rm 2,5 – 9). Nel caso del non credente “volenteroso” siamo innanzi a quelle persone che non credono in Cristo, ma servono Dio in altre religioni, senza considerarsi superbamente autosufficienti, oppure siamo innanzi a dei non credenti, non per colpa loro, ma a causa di mille condizionamenti culturali e ambientali.
Due punti fermi vengono espressi in questa parabola a riguardo delle persone che sono “al di fuori”: – che non siano espressamente contro di Lui, quindi che non combattano apertamente contro Dio;- che se non sono in grado di amare Dio espressamente, servano colui che è immagine e somiglianza di Dio, cioè l’uomo, soprattutto se povero e sofferente.
Infatti nel brano si legge:
«Chiunque vi darà un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico che non perderà la sua ricompensa». Qui egli suppone che facciano del bene a qualcuno “perché è di Cristo”, ma nella famosa pagina del Giudizio finale non c’è neppure questa limitazione. Chi avrà dato da mangiare a un affamato o visitato un infermo, per il semplice fatto che era affamato o era infermo, si sentirà dire: «Vieni benedetto dal Padre mio…L’hai fatto a me».
La fede è virtù fondamentale, assieme alla speranza e alla carità, ma ciò che rimarrà eternamente è la carità. Nell’amore è implicita una forma di fede, perché «Dio è amore» e «chi ama è passato dalla morte alla vita». Il Concilio Vaticano II ha indicato questa categoria speciale di non credenti con l’espressione, divenuta tipica, di «uomini di buona volontà».
Che contrasto tra l’atteggiamento psicologico di Giosuè e Giovanni, rispetto ai loro maestri.
Si mostrano gelosi ed esclusivisti: «Chi non è con noi, è contro di noi»; Mosè e Cristo dicono invece: «Chi non è contro di noi, è con noi». Capisco, ma non condivido, l’amaro disappunto che qualcuno prova nel veder cadere ogni privilegio e vantaggio del credente in Cristo. Capita di sentire espressioni come questa: «Allora cosa serve fare i bravi cristiani..?». Al contrario, dovremmo rallegrarci della salvezza concessa anche a tante persone, che non hanno potuto gustare la dolcissima presenza del signore Gesù! Bella e infinita misericordia di Dio! Diciamo con Mosè: «Volesse Dio dare a tutti il suo Spirito!!».
Quando si cade in certi ragionamenti religiosi focalizzati sul lato negativo immediato, si evidenzia un’idea di fede intesa come dovere da compiere e diritti di ricompensa acquisiti. Quindi, come accadde il profeta Giona, diventa difficile capire e accettare la misericordia di Dio, che paga in egual modo i lavoratori dell’ultima ora, come quelli assunti al mattino. L’amore, la carità non si possono misurare a ore! Il Cristianesimo è anzitutto grazia e dono, non è qualcosa che noi facciamo per Dio, quanto qualcosa che Dio ha fatto per noi. E’ una grazia e un privilegio aver conosciuto Dio fin dal battesimo da infanti e aver lavorato nella sua vigna da sempre. Dovremmo aver compassione di chi non ha avuto una simile gioia.
Detto questo, potremmo pensare di lasciare tutti tranquilli nella loro convinzione, smettere di essere missionari, visto che ci si salva in tanti modi? Sicuramente no! Dobbiamo fare missione, come diceva san Pietro, «con dolcezza e rispetto», ma se per “tranquillità” intendiamo l’odierna indifferenza religiosa, paravento di un’anima sazia e disperata, non è proprio il caso di lasciare tranquillo nessuno! Raccogliamo, però, l’invito ad un sano dialogo interreligioso e non diciamo: «Credete in Gesù, perché chi non crede in lui sarà condannato in eterno».Affermiamo invece come Mosè e nello spirito del nostro Redentore stesso: «Credete in Gesù, perché è meraviglioso credere in Lui, conoscerlo, averlo accanto come Salvatore, nella vita e nella morte».
Domenica, 26 settembre 2021