IV domenica di Avvento
(Mi 5, 1 – 4; Sal 79; Eb 10, 5 -v 10; Lc 1, 39 – 45)
Questo episodio non rappresenta soltanto un gesto di cortesia, ma raffigura con grande semplicità l’incontro tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Le due donne, entrambe incinte, incarnano infatti l’attesa e l’Atteso. L’anziana Elisabetta rappresenta Israele che attende il Messia, mentre la giovane Maria porta in sé l’adempimento di tale attesa, a vantaggio di tutta l’umanità. Nelle due donne si incontrano e riconoscono prima di tutto i frutti dei loro grembi, Giovanni e Cristo. L’esultanza di Giovanni nel grembo di Elisabetta è il segno del compimento dell’attesa: Dio sta per visitare il suo popolo. Nell’Annunciazione l’arcangelo Gabriele aveva parlato a Maria della gravidanza di Elisabetta (Lc 1,36) come prova della potenza di Dio: la sterilità, nonostante l’età avanzata, si era trasformata in fertilità.
A prima vista, quello di Maria fu un atto di fede facile e perfino scontato. Diventare madre di un re che avrebbe regnato in eterno nella casa di Israele, madre del Messia! Non era quello che ogni fanciulla ebrea sognava di essere? Ma questo è un modo di ragionare assai umano e carnale. La vera fede non è mai un privilegio o un onore, ma è sempre un po’ un morire, e fu così soprattutto la fede di Maria in quel momento. Anzitutto, Dio non inganna mai, non strappa mai surrettiziamente alle creature il loro consenso, nascondendo le conseguenze cui andranno incontro. Lo vediamo in tutte le grandi chiamate di Dio. Simeone, ben presto, darà espressione a questo presentimento, quando dirà a Maria che una spada le avrebbe trapassato l’anima.
D’altra parte, è impossibile fare tutto! Solo Dio è Onnipotente, noi siamo chiamati a scegliere, quindi a toccare i nostri limiti. Scegliamo con Maria, secondo ciò che il cielo consiglia. E facciamolo con un «Fiat» tutto mariano o un «Eccomi», come dice la seconda lettura per Abramo, Samuele e Isaia. Tutti questi hanno ascoltato, vagliato e desiderato compiere la volontà di Dio.
Elisabetta, accogliendo Maria, riconosce che si sta realizzando la promessa di Dio all’umanità. L’espressione «benedetta tu fra le donne» è riferita nell’Antico testamento a Giaele (Gdc 5,24) e a Giuditta (Gdc 13,1), due donne guerriere che si adoperarono per salvare Israele. Ora, invece, è rivolto a Maria, giovinetta pacifica che sta per generare il Salvatore del mondo. Ugualmente il sussulto di gioia di Giovanni (Lc 1,44) richiama la danza che il re Davide fece quando accompagnò l’ingresso dell’Arca dell’Alleanza in Gerusalemme (1Cr 15,29).
L’Arca, che conteneva le tavole della Legge, la manna e lo scettro di Aronne (Eb 9,4), era il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il nascituro Giovanni esulta di gioia davanti a Maria, Arca della nuova Alleanza, che porta in grembo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo.
La scena della Visitazione esprime anche la bellezza dell’accoglienza: dove c’è accoglienza reciproca, ascolto, il fare spazio all’altro, lì c’è Dio e la gioia che viene da Lui. Imitiamo Maria nel tempo di Natale facendo visita a quanti vivono un disagio, in particolare gli anziani, i carcerati, gli anziani e i bambini. E imitiamo anche Elisabetta, che accoglie l’ospite come Dio stesso: senza desiderarlo non conosceremo mai il Signore, senza attenderlo non lo incontreremo, senza cercarlo non lo troveremo.
Con la stessa gioia di Maria che va in fretta da Elisabetta (cfr Lc 1,39), anche noi andiamo incontro al Signore che viene. Preghiamo perché tutti gli uomini cerchino Dio, scoprendo che è Dio stesso per primo a venire a visitarci.
Domenica, 19 dicembre 2021