Solennità del Corpo e Sangue di Cristo
Ricordo, molti anni fa, il volto di una persona indocinese, intervistata durante una trasmissione televisiva, la quale, dovendo rispondere sinteticamente sulla realtà del Cristianesimo, disse: «Ah….i cristiani sono colore che affermano che Dio si è incarnato e dal suo altissimo luogo ha preso un corpo di carne, che poi diventa pane e vino. Questo accadrebbe tutte le volte che si ritrovano in chiesa. Quindi Dio diventerebbe cibo per loro».
L’espressione che ha assunto il volto, certamente lì per lì incredulo, della donna sembrava rivelasse un cuore toccato dal grande atto di umiltà compiuto da Gesù e oserei dire che fosse tentato di credere. Si notava lo stupore e la meraviglia estasiata, ma anche l’incommensurabile serietà di questa affermazione, da cui però quel cuore non era affatto offeso, quanto indotto al silenzio, come dicesse: «E’ mai possibile che Dio ci ami così tanto da morire per noi!? E poi sia così umile, da farsi pane e vino per nutrire le nostre anime?»
Non mi era mai accaduto che un persona appartenente ad un’altra religione mi facesse una domanda così schietta sul punto più alto della nostra fede. Molte volte mi è capitato, invece, di vedere tristi tentennamenti quando le circostanze improvvise chiedono a qualche cattolico una chiara affermazione di fede. Ascoltare le affermazioni della donna indocinese è stato come rinnovare per intero il mio atto di fede, un autentico momento di conversione. Ero direttamente a contatto con la mistagogia, cioè la capacità di fermarsi e stupirsi di fronte al mistero di Cristo. Siamo contemporanei di un grande maestro della spiritualità eucaristica, come fu san Pio da Pietrelcina. Chi ha potuto vedere uno spezzone dei filmati delle sue celebrazioni eucaristiche può constatare come il momento della Consacrazione fosse per Padre Pio paragonabile ad un terremoto. Che Dio onnipotente arrivi a nascondersi dietro una sottile particola di pane, fu sempre per il frate cappuccino una gioia sublime! Verissimo: è impossibile abituarsi all’Eucarestia! In realtà, le cose non vanno sempre così!
Vogliamo, allora, oggi riprendere questa dimensione mistica del più grande dei sacramenti. La spiritualità eucaristica è un’impronta nell’anima del credente, che è possibile notare appena i fedeli varcano la soglia della chiesa, per esempio nell’uso dell’acquasantiera, nel segno di croce vissuto come un santo abbraccio, nella genuflessione, nell’incedere solenne verso l’altare e il tabernacolo, come chi si avvicina ad una grande presenza amica. Vicino ad un tabernacolo, anche vivendo la fede in modo imperfetto, accade sempre quello stesso moto, così evidente nei primi albori della Chiesa apostolica, quando dodici personaggi sconosciuti, pescatori e mestieranti, iniziarono a scindere i vizi dalle virtù con grande chiarezza, mostrando una volontà amante più forte del peccato, una volontà, dopo la Pasqua di Cristo, sempre sorretta dal Pane del cielo. Attorno a loro si cominciò a vincere la fame, la sete, l’ignoranza; nacquero famiglie indissolubili; si vide il rispetto dell’anziano, mai abbandonato, la vita nascente accolta come un dono di Dio. Il mondo viene trainato, così, verso la Città di Dio senza che gli operatori di pace siano eccessivamente affaticati e oppressi.
Su questo Pane getta anche tu le tue reti, secondo lo stile che dobbiamo tutti fare nostro, con grande coerenza eucaristica: «Fai di noi, Signore, un sacrificio perenne». Afferra pure il peccato più grave che ti appesantisce, il lato peggiore del tuo carattere, una questione che ti assilla e rimandi da tempo, un momento della tua vita di cui ti vergogneresti innanzi al tribunale del Salvatore, e portalo davanti a Gesù Eucaristia. Fondandoti sulle Sue parole e sul Suo Corpo eucaristico, affronta il mondo e sacrifica tutto ciò che ti distanzia da Lui, con la stessa determinazione nel compiere la volontà di Dio che manifestò lo stesso Gesù lungo le vie della Palestina.
E’ questo aspetto, cioè la grande disponibilità che ha manifestato Gesù Cristo verso noi peccatori, che deve portarci al grande rispetto e santo stupore innanzi al tabernacolo che si deve ad un’anima autenticamente cattolica. La solidarietà di Dio è grande e sempre disponibile ad un santo consiglio. Proveremo la medesima meraviglia di san Giovanni Battista, quando vide il Redentore accostarsi a lui per ricevere il battesimo: «Tu vieni a me!!» (Mt 3,14).
Mantenere lo stesso sguardo di riconoscente gratitudine del Battista è ciò che può caratterizzare maggiormente la festa del Corpus Domini, che celebra non un fatto storico della vita di Cristo, ma una grande verità della fede. Nasce in Belgio all’inizio del XIII sec., ma fu papa Urbano IV (1261-64) nel 1264 a diffonderla in tutta la Chiesa dopo il miracolo di Bolsena (1263), le cui reliquie si venerano ad Orvieto. Era indispensabile istituire un’ulteriore festa del corpo del Signore, quando ben sappiamo che la festa dell’istituzione del sacramento eucaristico ricorre il Giovedì Santo? Ripeto, non celebriamo un fatto storico della vita del Signore, ma esprimiamo il nostro atto della fede nella Sua presenza reale nel pane e nel vino consacrati. Questa adesione profonda è indispensabile che non scada mai in abitudine scontata. La comodità che abbiamo oggi e l’agio nel poter quotidianamente comunicarci, non divenga mai quell’eccesso di “confidenza che fa perdere la riverenza”. Questo è il rischio, che porta anche a pericolosi scadimenti liturgici. Tutto quanto facciamo durante la Santa Messa è di somma importanza ed ha sempre conseguenze morali sul comportamento quotidiano dei fedeli. Perdendo questo senso del mistero, si cade facilmente nello stesso rimprovero di Giovanni Battista ai farisei: «In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete». Per questo motivo si è sempre dato grande visibilità a questa festa, l’unica in cui il santissimo sacramento viene portato lungo le strade, le borgate, le piazze con la più solenne processione istituita nella chiesa cattolica, cui prendevano parte tutta la nobiltà e tutti i rappresentanti dei corpi sociali intermedi. L’Europa ha una memoria ricchissima di questa grande festa.
Tutti i canti tradizionali della liturgia odierna danno il senso profondo di questa celebrazione e sono carichi di stupore: basti pensare a inni come l’O salutaris hostia, o l’O sacrum convivium. Molti iniziano con l’interiezione “O” (oh), che è un vocativo, e altrettanti terminano con un punto esclamativo.
Il rischio che corriamo oggi è banalizzare l’Eucarestia. Non possiamo accostarci al SS. Sacramento se non conservando tutta la sua santità e maestà. Era uso nei primi secoli della Chiesa, pochi minuti prima della distribuzione delle particole al popolo, che il diacono dicesse: «Chi è santo si accosti, chi non lo è si penta!», allo scopo di conservare il raccoglimento, appena prima della comunione col Redentore. Il condiscendente amore del Signore che si fa pane per noi, sia oggi la causa del più autentico stupore, dal profondo dell’animo, innanzi al grande Sacramento, memoriale dell’amore di cui mai esisterà uno maggiore.
Il canto che più esprime questa riconoscenza è il Panis Angelicus, canto che solo se interpretato da un cuore fedele, porta a contatto col santo mistero. Tradotto recita: «Il Pane degli angeli diventa pane degli uomini! Il pane del cielo pone termine alle figure. Cosa mirabile: l’umile e povero servo mangia il suo Signore!».
Domenica, 6 giugno 2021