Un’iniziativa del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, in collaborazione con l’Università Federale del Pernambuco, il CREA, il Centro di Ricerche e di Studi Antropologici dell’Università di Lione II, e l’Institute far the Study of American Religion dell’Università della California a Santa Barbara.
In un seminario a Recife, in Brasile
«Le nuove religioni. Missioni e missionari: l’espansione internazionale dei movimenti religiosi e magici»
Dal 15 al 18 maggio 1994 a Recife, in Brasile, l’Università Federale del Pernambuco ha ospitato l’ottavo seminario internazionale del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, organizzato in collaborazione con lo stesso ateneo, con il CREA, il Centro di Ricerche e di Studi Antropologici dell’Università di Lione II, e con l’Institute for the Study of American Religion dell’Università della California a Santa Barbara. Il seminario si è aperto con una cerimonia di inaugurazione presieduta dal professor Efrem Maranhao, magnifico rettore dell’Università Federale del Pernambuco, con la presenza di rappresentanti di diverse università brasiliane e del corpo diplomatico statunitense e francese in Brasile. Hanno presentato il convegno la professoressa Ana Maria de Oliveira, antropologa e ministro della Cultura della Repubblica di Angola, il professor Roberto Motta, dell’ateneo ospitante, il professor Jean-Baptiste Martin, del CREA, e il dottor Massimo Introvigne, direttore del CESNUR.
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I lavori scientifici del seminario sono iniziati il 16 maggio con la relazione di apertura dello stesso dottor Massimo Introvigne – presentato dal professor Roberto Motta – sul tema «Conservative» in a Liberal Land: Some Personal Thoughts on Mission and Missionaries, «Un “conservatore” in un paese di progressisti: alcune riflessioni personali sulle missioni e i missionari». L’oratore è intervenuto sulle recenti controversie che hanno opposto esponenti del mondo accademico – e del CESNUR – ai cosiddetti movimenti «anti-sette», distinguendo in materia di missioni e di missionari – secondo una terminologia proposta originariamente dal card. Joseph Ratzinger – fra atteggiamento progressista, conservatore e missionario, e mostrando come l’atteggiamento «missionario» — che corrisponde agli insegnamenti in tema di missione e di dialogo interreligioso del Magistero della Chiesa cattolica –, mentre non rinuncia alla critica, anche polemica, delle dottrine e del proselitismo dei nuovi movimenti religiosi, si tiene nello stesso tempo lontano dai metodi e dai presupposti di natura laicista e positivista del movimento anti-sette, con cui fatalmente entra in contrasto. La sessione plenaria inaugurale è proseguita con le relazioni della professoressa Ana Maria de Oliveira sul movimento kimbanguista in Angola e nello Zaire; del professor Francois Laplantine, del CREA, sui rapporti fra religione, modernità, scienza e tecnologia in quattro movimenti religiosi, lo spiritismo, il morfinismo, la Scientologia e il Movimento Raeliano; e della professoressa Liana Trindade, dell’Università di San Paolo, sulle relazioni fra diversi gruppi etnici all’interno dei nuovi movimenti religiosi.
Nei giorni 16,17 e 18 maggio il congresso è proseguito con diciassette sessioni tematiche, in cui sono state presentate settanta relazioni da parte di specialisti di diciotto paesi. Non potendo dar conto di tutti i temi trattati, si possono indicare tre linee generali emerse come costanti tematiche del seminario – ribadite anche nella tavola rotonda conclusiva, a cui hanno partecipato i professori J. Gordon Melton, dell’Università della California a Santa Barbara, Eileen Barker, della London School of Economics, Roberto Motta, e Luiz Felipe Baeta Neves, dell’Università Statale di Rio de Janeiro — facendo quindi cenno ad alcuni temi particolari.
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l seminario ha messo in luce come lo scenario della nuova religiosità sia profondamente cambiato nell’ultimo decennio, e come la ricerca stia percorrendo piste diverse rispetto a quelle che avevano caratterizzato i lavori di cui si era fatto stato nei primi seminari del CESNUR. Fino a qualche anno fa la maggioranza degli studi accademici in tema di nuova religiosità si concentrava su tre ondate di fenomeni – la prima di origine cristiana, dai mormoni ai testimoni di Geova; la seconda di origine orientale e la terza «inventata» in Occidente –, che avevano in comune la natura di movimenti: realtà strutturate, organizzate, gerarchiche, con dottrine e con dirigenti relativamente facili da identificare. Naturalmente tutti questi gruppi continuano a essere presenti, ma negli anni 1990 diventa sempre più evidente come la posizione di primo piano sia occupata da una quarta ondata, che ha diverse espressioni, accomunate dal non essere «movimenti» nel senso che le scienze sociali danno a questo termine. Si tratta, al contrario, di realtà tipicamente «post- moderne», che si presentano vantando il loro carattere non organizzato, non strutturato, non gerarchico: network, «reti» o «federazioni» di gruppi autonomi, che hanno qualche cosa in comune ma che possono professare dottrine e praticare riti e «liturgie» diverse. Questo sviluppo – che si situa nel cuore stesso delle discussioni sul passaggio dalla modernità alla post-modernità – in tema di nuovi fenomeni religiosi segue tre percorsi principali. Il primo – l’unico su cui esistono un certo numero di studi adeguati – è il New Age, sul quale hanno esposto prospettive diverse i professori Reender Kranenborg, dell’Università di Amsterdam, e Aldo Natale Terrin, dell’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova, e che si presenta appunto come il contrario di un movimento, come un network di gruppi diversissimi che hanno in comune momenti e luoghi di incontro oltre a un certo numero di temi dottrinali e di riferimenti storici. Il secondo fenomeno – su cui, nel corso del seminario, si è sviluppata una vasta discussione — è il pentecostalismo. Sotto la comune etichetta di «pentecostalismo» vengono infatti rubricati fenomeni molto diversi fra loro, ma che hanno un’origine storica comune. Diversi specialisti hanno ricordato che il pentecostalismo è nato – nel complesso sviluppo di generazioni diverse di denominazioni, comunità e nuovi movimenti religiosi all’interno della matrice protestante – come network di gruppi «non denominazionali», intenzionati a rifiutare le strutture, le dottrine e le gerarchie e a lasciarsi dirigere esclusivamente dallo Spirito Santo e dai suoi doni elargiti ogni giorno in modo diverso e imprevedibile. Lo straordinario successo del movimento pentecostale – che nel 1990 contava nel mondo oltre duecento milioni di fedeli, senza contare gli appartenenti ai diversi movimenti di natura carismatica all’interno delle Chiese e comunità cristiane tradizionali – ha portato necessariamente alla costituzione di vere e proprie denominazioni, talora di grandi dimensioni, come le Assemblee di Dio, che hanno superato i venti milioni di aderenti nel mondo.
Tuttavia, anche le Assemblee di Dio sono diverse dalle denominazioni protestanti tradizionali perché si presentano come «federazione» di realtà autonome con notevoli elementi di diversità. Inoltre, soprattutto in America Latina, la crescita più rapida si nota oggi in gruppi autoctoni come la Chiesa Universale del Regno di Dio in Brasile – su cui hanno riferito i professori Jesus Hortal S.J., vicerettore della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro, e Roberta Bivar Carneiro Campos, dell’Università Federale del Pemambuco –, passata in un decennio da qualche migliaio a sei milioni di aderenti, e in un vasto settore «non denominazionale», che attira anche cattolici e che rifiuta sia di definirsi in relazione a dottrine specifiche sia — talora — perfino d’identificarsi con un nome.
Secondo una serie di statistiche presentate da diversi specialisti statunitensi e brasiliani, nell’anno Duemila i pentecostali costituiranno intorno al venti per cento della popolazione dell’America Latina. Un terzo fenomeno religioso che non può essere definito tecnicamente un «movimento» è il gigantesco network di gruppi di origine «afro-brasiliana» – anche se questo termine è stato contestato da alcuni dei relatori – e comunque sincretistica. In questi culti entrano elementi di origine africana, indo-americana, cristiana, spiritista e oggi anche temi orientali o tratti dal New Age. Benché soprattutto l’umbanda di origine brasiliana – un sincretismo fra culti afro-brasiliani e spiritismo europeo – abbia cercato di darsi un minimo di organizzazione tramite «federazioni» sia in Brasile che in Uruguay, dove il fenomeno è stato descritto dai professori Renzo Pi Hugarte e Mariel E. Cisneros Lopez, dell’Università della Repubblica di Montevideo, l’espansione di queste realtà, che oggi coinvolgono poco meno di cento milioni di persone in tutti i paesi dell’America Latina, e ora anche negli Stati Uniti d’America, nella penisola iberica e in Francia, avviene in modo caotico. Come ha dimostrato una visita a un centro di Recife, organizzata per i partecipanti al seminario, capita spesso che un tempio o terreiro non sappia neppure a quale delle varie tradizioni afro-brasiliane appartiene, tale èil grado di sincretismo acui ormai si è pervenuti fra elementi delle più svariate provenienze.
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Il seminario si è peraltro anche occupato di fenomeni delle prime tre generazioni dei nuovi movimenti religiosi che, almeno in alcuni casi, continuano a crescere con notevole vigore. Così una tavola rotonda, a cui hanno partecipato l’avvocato Michael Homer, gli storici Martha Sonntag Bradley, della University of Utah, e Grant Underwood, della sede delle Hawaii della Brigham Young University, e l’antropologo David Knowlton, della Brigham Young University di Provo, nello Stato americano dello Utah, ha presentato diverse prospettive sugli stili missionari del mormonismo, che continua a crescere in Europa e in America Latina nonostante le controversie fra «progressisti» e «conservatori», che lo hanno caratterizzato negli ultimi anni. Una crescita ugualmente vigorosa – particolarmente in Brasile e in alcuni paesi europei, fra cui l’Italia – caratterizza alcune nuove religioni giapponesi, delle quali si è occupata una sessione in cui sono intervenuti i professori Peter Clarke, dell’Università di Londra, Robert Carpenter, dell’Università della California a Santa Barbara, e Yuni Fujikura, della Pontificia Università Cattolica di San Paolo. Avvicinandosi l’anno Duemila, crescono – infine – movimenti che hanno un forte elemento messianico e millenarista, come il gruppo messianico Luz del Mundo, su cui ha riferito l’antropologa Renée de la Torre Castellanos, dell’Università di Guadalajara, e The Family, un movimento che risulta dalle trasformazioni del gruppo un tempo noto come Bambini di Dio. In America Latina, e in alcuni paesi europei, questo movimento è stato al centro, ancora di recente, di fortissime polemiche e di controversi casi giudiziali che – inevitabilmente – hanno trovato un riflesso nella sessione tematica dedicata a The Family nel corso del seminario di Recife.
Il professor J. Gordon Melton ha illustrato in prospettiva storica la peculiare «teologia dell’amore» del movimento, che lo ha portato in anni passati a utilizzare la tecnica missionaria del flirty-fshing, della «pesca amorosa», cioè l’adescamento sessuale di potenziali nuovi membri da parte di adepte del gruppo, l’iniziazione sessuale di bambini talora in età molto giovane e lo sharing, la «condivisione», cioè la libertà di rapporti eterosessuali fra membri adulti del gruppo. Il professor Melton ha rintracciato i precedenti di queste pratiche in una tradizione di antinomismo che muove dalle eresie medievali e da alcune forme dell’anabattismo, e ha esposto le ragioni per cui ritiene credibile che, alla fine degli anni 1980, una sorta di «colpo di Stato» interno – causato anche dalla diffusione di malattie veneree e, in misura minore rispetto ad altre malattie, dell’AIDS – abbia portato a una radicale revisione dell’atteggiamento di The Family, con l’abbandono dell’iniziazione sessuale dei minori e del flirty-fishing, seguita da un parziale abbandono anche dello sharing. Il problema, naturalmente, consiste nel determinare se The Family ha effettivamente abbandonato le sue pratiche sessuali socialmente e moralmente inaccettabili, o se ha soltanto dichiarato di averle abbandonate per sfuggire a una serie di azioni legali promosse in vari paesi. Questo tema è stato discusso – a commento della relazione del professor J. Gordon Melton – dalla professoressa Eileen Barker e dal dottor Massimo Introvigne, che hanno rilevato come una risposta certa e finale vada al di là delle possibilità di ricerca degli studiosi e richieda gli strumenti tipici delle indagini giudiziali e di polizia, che in alcuni paesi hanno giudicato credibile la versione di The Family, mentre in altri sono tuttora in corso. Il dottor Massimo Introvigne ha ribadito che il problema, peraltro, non è solo giudiziale, ma richiede una riflessione su quale tipo di tradizione ereticale – che ha le sue origini in alcune forme di gnosticismo e in certe eresie medievali – abbia potuto portare a determinate aberrazioni, e se The Family sia disponibile a un’autocritica non soltanto sul piano del comportamento ma anche su quello più strettamente dottrinale. È seguito un animato dibattito e una risposta di Cindy Thompson, responsabile di The Family negli Stati Uniti, che ha ammesso il carattere discutibile di pratiche proseguite fino agli anni 1980, insistendo però sul fatto che queste pratiche sono ora cessate e che oggi sono vietate sotto pena di scomunica.
Benché abbia comprensibilmente attirato l’attenzione della stampa e di numerosi partecipanti, la sessione tematica dedicata a The Family è stata inquadrata dalla professoressa Eileen Barker in una prospettiva storica. Si tratta di uno degli ultimi episodi di una serie di controversie seguite con comprensibile enfasi dalle persone coinvolte – e utilizzate per i loro fini dai movimenti anti-sette –, che tuttavia riguardano gruppi nati negli anni 1960, che non sembrano più al centro della linea principale di sviluppo della nuova religiosità.