Mons. Joseph Roduit C.R.A., Cristianità n. 378 (2015)
Messaggio dell’abate uscente di Saint-Maurice in Agaune, nel Canton Vallese, Joseph Roduit C.R.A., membro della Conferenza dei Vescovi Svizzeri, per la festa nazionale del 1°-8-2015, disponibile all’indirizzo Internet <http:// www.ivescovi.ch/ documenti/ dossier/ 1-agosto-2015/ messaggio-du-abate-joseph-roduit-1-agosto-2015>, consultato il 30-11-2015.
In occasione della Festa Nazionale del 1° agosto, i vescovi svizzeri hanno ritenuto opportuno indirizzare ai fedeli un messaggio, che sottolinei in particolare le radici cristiane della Svizzera. L’occasione è offerta anche dalla celebrazione dei 1500 anni dell’abbazia di Saint-Maurice, che con la sua esistenza ininterrotta incarna una grande storia di fedeltà.
1. Le radici cristiane della Svizzera
Il cristianesimo, nato nel Vicino Oriente, per diffondersi nelle nostre regioni si è servito delle vie di comunicazione romane. Le persecuzioni non hanno annientato la predicazione evangelica: anzi, l’esempio dei martiri, contrariamente a quanto ci si attendeva, ha dato coraggio ai convertiti. La testimonianza della Legione tebea, con il suo comandante Maurizio [m. 287 ca.], colpì i contemporanei, tanto che, anche da noi«il sangue dei martiri [fu] seme di cristiani» (Tertulliano).
La venerazione di sante e santi è legata proprio al culto dei martiri egiziani della fine del III secolo, come Vittore, Felice, Regula, Verena… Anche se, spesso, la leggenda ha preso il posto della storia, queste devozioni hanno contribuito a radicare la fede cristiana nel nostro Paese, al punto che al momento della caduta dell’impero romano, il cristianesimo non è crollato con esso, ma, al contrario, la Chiesa ha convertito i barbari!
2. La ricerca del consenso e della pace
Nel corso dei secoli, diverse invasioni e lo spostamento d’intere popolazioni hanno delimitato i confini geografici e linguistici attuali della nostra Elvezia.
Le basi della Svizzera moderna quale Paese indipendente sono state poste all’epoca delle cattedrali e delle prime università. La ricerca d’indipendenza e di libertà l’ha aiutata a difendere e a promuovere i poteri locali, cercando l’unità nell’accettazione delle differenze esistenti all’interno del Paese.
Grazie a successive adesioni, la Svizzera si è costruita più tramite alleanze, patti di pace e giuramenti di fedeltà fra cantoni, che con le guerre. I tentativi di dividere gli svizzeri, sia geograficamente, sia politicamente, sono stati superati grazie al rispetto per le culture, per le regioni e per i cantoni. Un bell’esempio in questo senso ci è stato offerto, nel XV secolo, da san Nicolao della Flüe (1417-1487). Egli ci ha insegnato a vincere le animosità attraverso il dialogo e la pace: «La pace è sempre in Dio», scrisse ai bernesi, «poiché Dio è la pace e la pace non può essere distrutta, ma la discordia è distrutta. Cercate dunque di conservare la pace».
3. Il ruolo della fede cristiana
La Svizzera non è nata in un giorno: i primi cantoni si sono alleati nel 1291, gli ultimi sono stati accolti nel 1815, solo duecento anni fa, senza dimenticare l’ultimo, il Canton Giura, nel 1979!
La religione è un fattore importante nella nostra storia, sia nella ricerca del bene, sia, a volte, nel male purtroppo suscitato. Anche se la Svizzera ha conosciuto delle tristi guerre di religione, bisogna riconoscere il ruolo essenziale delle Chiese. Esse hanno perseverato nell’annuncio del Vangelo. Oggi, le guerre di religione appartengono fortunatamente a un lontano passato, sebbene non siano dimenticate. La chiara volontà ecumenica — per noi cattolici con il Concilio Vaticano II e, oggi, con i forti incoraggiamenti in questa direzione di Papa Francesco — ha aperto nuove strade.
4. La vita sociale ed educativa
L’abitudine alla ricerca continua del consenso ha promosso uno spirito costruttivo di collaborazione, di accettazione delle differenze e di ricerca della complementarità. La vita associativa delle comunità locali ha forgiato un innegabile spirito di solidarietà. Il rispetto delle minoranze, così come l’attenzione ai più poveri, hanno plasmato l’anima svizzera. La nostra costituzione federale non dice forse che «la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri»?
5. Un Paese aperto al mondo
La Svizzera ha saputo evitare le trappole dei nazionalismi e del comunismo e ha saputo far crescere l’albero del benessere. Le radici cristiane, la cura dell’albero della solidarietà, la potatura dei rami troppo ingordi, hanno permesso alla costruzione sociale di portare buoni frutti. Ciò che la Svizzera ha saputo fare per sé stessa può farlo anche nell’aiutare altri Paesi e altre regioni del mondo, affinché possano vivere uno sviluppo sano, nella ricerca della pace, denunciando gli orrori della guerra. Non parliamo forse della Svizzera di Henri Dunant (1828-1910) e quindi della Croce Rossa?
La Svizzera ha una missione importante nel nostro mondo. La sua neutralità deve essere accompagnata da uno spirito di solidarietà internazionale, che la preservi dalla trappola del profitto a ogni costo.
6. Come portare avanti questi ideali?
Se il passato è garanzia del futuro, la Svizzera può ancora attendersi dei bei giorni per l’avvenire! Malgrado i cambiamenti continui dei secoli scorsi, oggi, giorno dopo giorno, sussistono valori fondamentali da coltivare e da salvaguardare.
La Svizzera deve però restare vigile, perché questi valori non vengano messi in secondo piano da altri fattori che più facilmente sanno tentarci, quali il benessere, la crescita, il profitto.
Il nostro Paese deve combattere l’egoismo attraverso una fondamentale solidarietà. E quest’ultima non può esistere senza la giustizia. Lo sfruttamento dei poveri per l’estrazione delle materie prime nei Paesi in via di sviluppo non è giustificabile. Una parte importante del commercio di alimenti prodotti in Paesi sfruttati a oltranza si genera in uffici che hanno la loro sede in Svizzera. Non ci si può arricchire sfruttando i Paesi detti poveri!
La Svizzera è un paese esemplare nell’accoglienza dello straniero: un abitante su quattro è straniero. Ciò non ci esime però dal continuare a impegnarci per restare una terra di accoglienza. Ricordiamoci che molti sono i migranti che contribuiscono alle nostre capacità industriali ed economiche.
La pace non può esistere se non con un lungo lavoro di giustizia, condivisione e rispetto. L’altro, chiunque esso sia, ha bisogno, più che di tolleranza, di rispetto. Ciò vale tanto dal punto di vista culturale quanto da quello religioso. Solo il rispetto esemplare della diversità può dare un esempio a coloro che vogliono imporre a tutti un solo modo di pensare, o una sola religione da professare.
La differenza è una ricchezza che arricchisce ciascuno con i valori dell’altro. Il rispetto per la natura deve essere una nostra preoccupazione: esso comprende il rispetto per la vita umana, dal suo concepimento alla sua morte naturale. Ciò significa anche il rispetto di ogni persona. È in questo modo di essere e di agire che troviamo la risposta alle domande del Vangelo riferite al Giudizio universale: «ho avuto fame… sete… ero forestiero… nudo… malato… carcerato… mi avete dato da mangiare, ospitato, vestito, visitato?» (cfr. Mt 25, 31-46).
7. Non vergogniamoci della nostra fede cattolica
Non dobbiamo vergognarci di appartenere alla Chiesa cattolico-romana, pur riconoscendo i nostri torti, errori e peccati. La Conferenza dei Vescovi Svizzeri non ha mai mancato di ricordare regolarmente ai fedeli gli insegnamenti dei Pontefici e i princìpi della Dottrina Sociale della Chiesa. Appoggiandosi al lavoro concreto di Caritas, Missio, Sacrificio Quaresimale e di molti altri movimenti di solidarietà, la Chiesa cattolica in Svizzera prosegue nella sua opera di evangelizzazione, in modo dinamico. La missione evangelizzatrice di ogni cristiano continua.
La Conferenza dei Vescovi raccomanda dunque la partecipazione a questi movimenti, che conservano nel cuore degli svizzeri la loro missione di speranza, amore e condivisione, e ringrazia e incoraggia i fedeli a continuare questa bella storia di evangelizzazione, qui da noi e nel mondo.
8. Gratitudine e incoraggiamenti dei vescovi
I vescovi incoraggiano e ringraziano anche tutti coloro che, fedelmente, partecipano alla vita della loro comunità parrocchiale, dove il reciproco aiuto nell’espressione della fede si manifesta dalla catechesi fino ai sacramenti. La partecipazione dei cattolici alla vita familiare e sociale contribuisce al bene di tutta la società svizzera. La vita della Chiesa è essenzialmente comunitaria: non si può esser cristiani da soli. La nostra fede rende ciascuno di noi fratello e sorella per gli altri.
La stessa partecipazione alle celebrazioni religiose domenicali o ad altre, così come agl’incontri parrocchiali o regionali, costituisce un incoraggiamento per coloro che ancora esitano ad avanzare sul cammino di fede. La nuova generazione di cristiani ha bisogno da chi ha più esperienza di una testimonianza di bellezza e di gioia nel vivere e nel credere.
In occasione della Festa Nazionale svizzera, i vescovi, i presbiteri, le religiose e i religiosi nel nostro Paese sono lieti di poter esprimere con questo messaggio la loro gratitudine a tutti i cattolici svizzeri per la loro fedeltà e la loro attenzione nel costruire sempre e ancora una Svizzera generosa, accogliente e solidale.
St-Maurice, luglio 2015
Abate Joseph Roduit, su mandato della Conferenza dei Vescovi Svizzeri