Dio ci attende sempre a braccia aperte, ma i cattolici hanno i suoi medesimi sentimenti nei confronti dei “lontani”?
di Michele Brambilla
Cristo scandalizzava i farisei del suo tempo perché sedeva a tavola con peccatori di ogni genere. «Il Vangelo della liturgia odierna», dice infatti Papa Francesco nel discorso per l’Angelus dell’11 settembre, «ci presenta le tre parabole della misericordia (cfr Lc 15,4-32); si chiamano così perché fanno vedere il cuore misericordioso di Dio. Gesù le racconta per rispondere alle mormorazioni dei farisei e degli scribi, che dicono: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (v. 2). Si scandalizzavano perché Gesù era tra i peccatori», ma il Messia replicherà loro che sono proprio i malati ad avere bisogno del medico. «Le tre parabole, allora, riassumono il cuore del Vangelo: Dio è Padre», ribadisce il Pontefice, «e ci viene a cercare ogni volta che siamo perduti».
«Infatti i protagonisti delle parabole, che rappresentano Dio, sono un pastore che cerca la pecorella smarrita, una donna che ritrova la moneta perduta e il padre del figlio prodigo»: personaggi diversissimi, ma «tutti e tre, in fondo, hanno un aspetto comune, che potremmo definire così: l’inquietudine per la mancanza – che ti manca la pecorella, che ti manca la moneta, che ti manca il figlio –; l’inquietudine della mancanza, tutti e tre in queste parabole sono inquieti perché manca loro qualcosa», che ai nostri occhi sembrano un’inezia, ma per loro sembra essere tutto. Il Signore, infatti, non accetterebbe di perdere nessuno di noi: «chi ama si preoccupa di chi manca, ha nostalgia di chi è assente, cerca chi è smarrito, attende chi si è allontanato. Perché vuole che nessuno vada perduto».
Il Padre non sarà mai in pace fino a che i suoi figli non saranno tutti nella sua Casa. Il Papa insiste a ripetere che Dio «soffre, soffre. Dio soffre per la nostra distanza e, quando ci smarriamo, attende il nostro ritorno. Ricordiamoci: sempre Dio ci aspetta a braccia aperte, qualunque sia la situazione della vita in cui ci siamo perduti. Come dice un salmo, Egli non prende sonno, sempre veglia su di noi (cfr 121,4-5)».
«Guardiamo ora a noi stessi e chiediamoci: noi imitiamo il Signore in questo, abbiamo cioè l’inquietudine della mancanza? Abbiamo nostalgia per chi è assente, per chi si è allontanato dalla vita cristiana? Portiamo questa inquietudine interiore, oppure stiamo sereni e indisturbati tra di noi? In altre parole», domanda Francesco, «chi manca nelle nostre comunità, ci manca davvero, o facciamo finta e non ci tocca il cuore? Chi manca nella mia vita manca davvero? Oppure stiamo bene tra di noi, tranquilli e beati nei nostri gruppi – “vado a un gruppo apostolico molto bravo…” –, senza nutrire compassione per chi è lontano? Non si tratta solo di essere “aperti agli altri”, è Vangelo» cooperare, nel nostro piccolo, affinché ogni uomo ed ogni donna conosca Gesù e si salvi. Tutti devono essere raggiunti dall’annuncio del Vangelo: «il Padre ci chiede di essere attenti ai figli che più gli mancano. Pensiamo a qualche persona che conosciamo, che sta accanto a noi e che magari non ha mai sentito nessuno che le dica: “Sai? Tu sei importante per Dio”. “Ma io sono in situazione irregolare, ho fatto questa cosa brutta, quell’altra…” – “Tu sei importante per Dio”, dirlo, “tu non lo cerchi ma Lui ti cerca”».
L’imminente viaggio del Papa in Kazakhstan (13-15 settembre) va letto in quest’ottica: esso «sarà un’occasione per incontrare tanti rappresentanti religiosi e dialogare da fratelli, animati dal comune desiderio di pace, pace di cui il nostro mondo è assetato. Vorrei già da ora rivolgere un cordiale saluto ai partecipanti, così come alle Autorità, alle comunità cristiane e all’intera popolazione di quel vastissimo Paese. Ringrazio per i preparativi e per il lavoro compiuto in vista della mia visita. A tutti chiedo di accompagnare con la preghiera questo pellegrinaggio di dialogo e di pace». Proprio «in questo momento di preghiera mi è caro ricordare suor Maria de Coppi, Missionaria Comboniana, uccisa a Chipene, in Mozambico, dove ha servito con amore per quasi sessant’anni», indicando il livello di dedizione che deve caratterizzare i missionari del terzo millennio.
«E non dimentichiamo di pregare per gli studenti, che domani o dopodomani incominciano le scuole di nuovo», perché educare è, specie nel mondo post-moderno, un’altra declinazione del mandato missionario che Cristo affida a tutti i suoi discepoli.
Lunedì, 12 settembre 2022