Dove c’è Dio, dove c’è preghiera autentica, c’è anche l’uomo.
di Michele Brambilla
Papa Francesco si rivolge ai fedeli presenti all’udienza generale del 21 ottobre con molta franchezza, non solo dal punto di vista del rispetto delle norme sanitarie nel corso dell’evento. Il Pontefice mette infatti il suo uditorio davanti alla figura dell’antagonista per eccellenza della preghiera: «completiamo oggi la catechesi sulla preghiera dei Salmi. Anzitutto notiamo che nei Salmi compare spesso una figura negativa, quella dell’“empio”, cioè colui o colei che vive come se Dio non ci fosse. È la persona senza alcun riferimento al trascendente, senza alcun freno alla sua arroganza, che non teme giudizi su ciò che pensa e ciò che fa». Praticamente una fotografia dell’uomo post-moderno.
Il Salterio contrappone all’empio la centralità del rapporto con Dio, dato che «il riferimento all’assoluto e al trascendente – che i maestri di ascetica chiamano il “sacro timore di Dio” – è ciò che ci rende pienamente umani, è il limite che ci salva da noi stessi, impedendo che ci avventiamo su questa vita in maniera predatoria e vorace. La preghiera è la salvezza dell’essere umano», che all’inizio del XXI secolo sta cominciando ad assaggiare le conseguenze morali e sociali della Modernità empia.
«Certo, esiste anche una preghiera fasulla, una preghiera fatta solo per essere ammirati dagli altri», sebbene oggi pregare sia considerato generalmente poco trendy. Il Papa attacca frontalmente «quello o quelli che vanno a Messa soltanto per far vedere che sono cattolici o per far vedere l’ultimo modello che hanno acquistato, o per fare buona figura sociale»: un’ipocrisia che era presente soprattutto in certe famiglie alto-borghesi dell’Ottocento. Tutti costoro «vanno a una preghiera fasulla. Gesù ha ammonito fortemente al riguardo (cfr Mt 6,5-6; Lc 9,14). Ma quando il vero spirito della preghiera è accolto con sincerità e scende nel cuore, allora essa ci fa contemplare la realtà con gli occhi stessi di Dio».
Il Santo Padre osserva che «quando si prega, ogni cosa acquista “spessore”. Questo è curioso nella preghiera, forse incominciamo in una cosa sottile ma nella preghiera quella cosa acquista spessore, acquista peso, come se Dio la prende in mano e la trasforma». Allora «il peggior servizio che si possa rendere, a Dio e anche all’uomo, è di pregare stancamente, in maniera abitudinaria. Pregare come i pappagalli. No, si prega con il cuore», perché «la preghiera è il centro della vita», non ci allontana affatto dalla realtà. «Se c’è la preghiera», insiste il Pontefice, «anche il fratello, la sorella, anche il nemico, diventa importante. Un antico detto dei primi monaci cristiani così recita: “Beato il monaco che, dopo Dio, considera tutti gli uomini come Dio” (Evagrio Pontico, Trattato sulla preghiera, n. 123). Chi adora Dio, ama i suoi figli. Chi rispetta Dio, rispetta gli esseri umani». Chi svaluta la preghiera svilisce inevitabilmente la stessa dignità dell’uomo, come sta accadendo nel mondo post-moderno.
I Salmi, ribadisce il Papa, sono una grande scuola di preghiera con l’uomo e per l’uomo: «anche i salmi in prima persona singolare, che confidano i pensieri e i problemi più intimi di un individuo, sono patrimonio collettivo, fino ad essere pregati da tutti e per tutti. La preghiera dei cristiani ha questo “respiro”, questa “tensione” spirituale che tiene insieme il tempio e il mondo» perché «dove c’è Dio, ci dev’essere anche l’uomo. La Sacra Scrittura è categorica: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19)».
Nei passaggi introduttivi dell’udienza, mentre il lettore proclamava il brano biblico di supporto alla catechesi, gli occhi del Papa si sono posati su una mamma, impegnata a cullare il suo bambino. Lo racconta il Pontefice stesso: «e io vedevo la mamma che coccolava e allattava il bambino e ho pensato: “così fa Dio con noi, come quella mamma”. Con quanta tenerezza cercava di muovere il bambino, di allattare. Sono delle immagini bellissime. E quando in Chiesa succede questo, quando piange un bambino, si sa che lì c’è la tenerezza di una mamma, come oggi, c’è la tenerezza di una mamma che è il simbolo della tenerezza di Dio con noi». Raccomanda pertanto: «mai far tacere un bambino che piange in chiesa, mai, perché è la voce che attira la tenerezza di Dio».
Ai pellegrini polacchi ricorda che si è alla vigilia della festa liturgica di san Giovanni Paolo II (22 ottobre): «domani celebriamo la memoria liturgica di san Giovanni Paolo II, nell’anno giubilare del Centenario della Sua nascita. Egli, uomo di spiritualità profonda, ogni giorno contemplava il Volto luminoso di Dio nella preghiera liturgica e nella meditazione dei Salmi. Esortava anche tutti i cristiani a cominciare le giornate con le lodi al Signore, prima di intraprendere le non sempre facili vie della vita quotidiana», favorendo così la diffusione della liturgia delle Ore tra i fedeli laici.
Giovedì, 22 ottobre 2020