Mons. Robert C. Morlino, Cristianità n. 392 (2018)
Lettera ai fedeli circa la crisi in corso nella Chiesa dovuta agli abusi sessuali
Cari fratelli e sorelle in Cristo della diocesi di Madison,
le scorse settimane hanno portato con sé tanto scandalo e tanta comprensibile indignazione, nonché un appello rivolto alla gerarchia ecclesiastica da parte di molti fedeli cattolici qui, negli Stati Uniti, e oltreoceano, perché vengano presi provvedimenti e si faccia chiarezza sui peccati di natura sessuale compiuti da preti, vescovi e perfino cardinali. Un’indignazione ancora maggiore è montata nei confronti di chi è stato complice nell’impedire che alcuni di questi peccati così gravi venissero alla luce.
Per quanto mi riguarda, sono stufo di tutto ciò, e so di non essere il solo. Stufo che le persone vengano ferite, e gravemente! Sono stufo dell’occultamento della verità. Sono stufo del peccato. E, da persona che ha provato — nonostante i molti difetti — a immolare la propria vita a Cristo e alla sua Chiesa, sono stufo della violazione sistematica dei sacri doveri da parte di coloro cui il Signore ha affidato l’immensa responsabilità della cura del Suo popolo.
Le storie che emergono, presentate in tutti i loro raccapriccianti dettagli, e che coinvolgono preti, religiosi e, ora, anche ecclesiastici del più alto rango, sono nauseanti. Davvero, ascoltare anche solo una di queste storie è sufficiente perché venga il voltastomaco. La mia reazione di disgusto viene poi meglio contestualizzata non appena rifletto sulle molte persone che, per anni, ne sono state vittime. Per loro, quelle non sono solo storie, ma realtà a tutti gli effetti. È a loro che mi rivolgo e dico, ancora una volta, che sono addolorato per ciò che avete sofferto e continuate a soffrire nella vostra mente e nei vostri cuori.
Se non l’avete ancora fatto, io vi prego — per quanto difficile possa risultare — di venire allo scoperto e cercare aiuto per intraprendere un percorso di guarigione. Inoltre, se a ferirvi è stato un prete della nostra diocesi, vi incoraggio a farvi avanti, a denunciare i fatti alle forze dell’ordine e alla nostra coordinatrice dell’assistenza alle vittime, in modo che con ciascuno di voi, a livello individuale, possiamo agire nel modo più giusto possibile.
Non vi è nulla in queste storie di accettabile. Queste azioni, commesse non da pochi, non possono che essere classificate come male, un male che grida giustizia e un peccato che deve essere scacciato dalla nostra Chiesa.
Di fronte alle storie di depravazione di peccatori all’interno della Chiesa sono stato tentato di disperare. E perché, visto che la realtà del peccato — anche del peccato nella Chiesa — non è affatto una novità? Siamo una Chiesa fatta di peccatori, seppure peccatori chiamati alla santità. Qualcosa di nuovo, però, c’è, ed è l’apparente accettazione del peccato da parte di alcuni nella Chiesa e gli apparenti sforzi di coprirlo da parte loro e di altri. A meno che e finché non prenderemo sul serio la nostra chiamata alla santità, noi, come istituzione e come individui, continueremo a soffrire il «salario del peccato» (1).
Per troppo tempo abbiamo minimizzato la realtà del peccato — ci siamo rifiutati di chiamare un peccato con il suo nome — e abbiamo scusato il peccato in nome di un’erronea concezione della misericordia. Nei nostri sforzi per essere aperti al mondo siamo diventati fin troppo inclini ad abbandonare la Via, la Verità e la Vita. Per evitare di risultare offensivi, offriamo a noi stessi e al prossimo solo carinerie e consolazione umana.
Perché ci comportiamo così? Per un sincero desiderio di mostrarci conformi a una malintesa «pastoralità»? Abbiamo coperto la verità per timore? Abbiamo paura di non essere graditi alle persone in questo mondo? O temiamo di essere chiamati ipocriti, perché nelle nostre vite abbiamo smesso di puntare senza stancarci alla santità? Le scuse, alla fine, non contano granché. Il punto è che dobbiamo farla finita con il peccato, che va sradicato e nuovamente considerato inammissibile. Amare i peccatori? Sì. Accettare il vero pentimento? Sì. Mai dire, però, che il peccato è in qualche modo accettabile, né fingere che gravi violazioni dell’ufficio e della fiducia non comportino conseguenze gravi e durature.
Per la Chiesa, la crisi che stiamo affrontando non si limita al caso McCarrick (2), al rapporto del Grand Jury della Pennsylvania o a qualsiasi altra cosa possa venir fuori. La crisi più profonda da affrontare consiste nel fatto che, per alcuni membri della Chiesa e a qualunque livello, la licenza di peccare sia di casa. Vi è una sorta di «livello di comfort» con il peccato che, alla lunga, ha pervaso la nostra dottrina, la nostra predicazione, il modo in cui prendiamo le nostre decisioni e il nostro stesso modo di vivere.
Se me lo consentite, ciò di cui la Chiesa ha bisogno ora è… più odio! Come ho ricordato in passato, san Tommaso d’Aquino [1225-1274] insegna che l’odio per l’atto malvagio in realtà è un’espressione della virtù della carità (3). Come dice il Libro dei Proverbi: «La mia bocca esprime la verità, le mie labbra detestano l’empietà» (Prov. 8,7). È un atto d’amore odiare il peccato e invitare gli altri ad allontanarvisi.
Per il peccato non ci deve essere più spazio alcuno. Non gli va concesso alcun luogo dove rifugiarsi, né nella nostra vita, né nella vita delle nostre comunità. Per essere — come dovrebbe — un rifugio per i peccatori, la Chiesa deve essere un luogo cui i peccatori possono rivolgersi per essere riconciliati. Dicendo ciò alludo a ogni forma di peccato. Tuttavia, tanto per essere chiari, nelle situazioni specifiche che stiamo trattando, parliamo di atti sessuali devianti — quasi esclusivamente omosessuali — compiuti da chierici, nonché di proposte omosessuali e di abusi ai danni di seminaristi e giovani sacerdoti da parte di altri sacerdoti con posizioni di potere, di vescovi e di cardinali. Stiamo parlando di atti e di azioni che non solo violano i sacri voti che alcuni hanno professato — ciò che, per farla breve, si chiama sacrilegio —, ma violano anche la legge morale naturale, che vale per tutti. Esprimersi in un altro modo sarebbe ingannevole e otterrebbe l’unico effetto di continuare a ignorare il problema.
Si è assistito a uno sforzo considerevole per mantenere separati gli atti classificabili come «di omosessualità», che la cultura dominante giudica oramai accettabili, da quelli «di pedofilia», ancora pubblicamente deplorevoli. In altre parole, fino a poco tempo fa si è affermato che i problemi all’interno della Chiesa riguardassero esclusivamente la pedofilia, nonostante le chiare prove del contrario. È giunto il momento di essere onesti sul fatto che i problemi riguardano l’uno e l’altro fenomeno, e che i casi sono numerosi. Cadendo nella trappola di analizzare i problemi in base a ciò che la società potrebbe trovare accettabile o inaccettabile, si ignora il fatto che la Chiesa non ne ha mai considerato accettabile alcuno: né l’abuso dei ragazzi, né l’uso della propria sessualità al di fuori della relazione coniugale, né il peccato di sodomia, né l’accesso di chierici all’intimità dei rapporti sessuali, né l’abuso e la coercizione da parte di coloro che esercitano un’autorità.
A tal proposito, merita di essere specificamente menzionato il più famigerato dei casi, quello che riguarda il più alto in carica dei prelati coinvolti, ossia le accuse di peccati sessuali, predazione e abuso di potere — oggetto di molte voci di corridoio e ora diventati molto pubblici — dell’ex cardinale Theodore McCarrick. I dettagli ben documentati di questo caso sono vergognosi e gravemente scandalosi, come lo è qualsiasi copertura di tali spaventose azioni da parte di altri pastori della Chiesa che ne erano a conoscenza sulla base di solide prove.
Mentre le recenti e credibili accuse di abusi sessuali su minori da parte dell’arcivescovo McCarrick hanno fatto emergere tutta una serie di questioni, il fatto che egli abbia abusato del suo potere per ottenere gratificazioni omosessuali è stato a lungo ignorato.
È tempo di ammettere che vi è una sottocultura omosessuale all’interno della gerarchia della Chiesa Cattolica che sta scatenando grandi devastazioni nella vigna del Signore. La dottrina della Chiesa insegna chiaramente che l’inclinazione omosessuale non è di per sé peccaminosa, ma è intrinsecamente disordinata (4), tanto da rendere ogni uomo che ne sia stabilmente afflitto inidoneo a essere sacerdote (5). E la decisione di cedere agi impulsi di questa inclinazione disordinata è un peccato così grave che grida vendetta al Cielo, specialmente quando preveda l’adescamento del giovane o del vulnerabile. Questa forma di malvagità andrebbe odiata con un odio perfetto. La stessa carità cristiana esige che si odi la malvagità così come si ama il bene. Mentre odiamo il peccato, mai dobbiamo tuttavia odiare il peccatore, che è chiamato alla conversione, alla penitenza e alla rinnovata comunione con Cristo e con la sua Chiesa, per mezzo della sua inesauribile misericordia.
Allo stesso tempo, però, l’amore e la misericordia che siamo chiamati a esercitare anche nei confronti del peggiore dei peccatori non escludono che questi siano ritenuti responsabili delle loro azioni attraverso una punizione proporzionata alla gravità della loro offesa. Infatti, una giusta punizione è un’importante operazione di amore e di misericordia, perché, se serve innanzitutto come punizione per l’offesa commessa, offre anche al colpevole l’opportunità di espiare il suo peccato in questa vita — basta che accetti la punizione di buon grado —, risparmiandogli così una punizione peggiore nell’aldilà. Motivato, dunque, dall’amore e dalla sollecitudine per le anime, mi schiero con chi chiede che sui colpevoli sia fatta giustizia.
I peccati e i crimini dell’ex card. McCarrick, e di troppi altri membri della Chiesa, alimentano sospetto e sfiducia nei confronti dei molti sacerdoti, vescovi e cardinali che sono buoni e virtuosi, dei molti seminari illustri e rispettabili, nonché dei tanti seminaristi santi e fedeli. La sfiducia danneggia innanzitutto la Chiesa e l’ottimo lavoro che svolgiamo nel nome di Cristo. Fa sì che altri pecchino nei loro pensieri, parole e azioni. Sono precisamente questi gli elementi che definiscono lo scandalo. La sfiducia, in secondo luogo, nuoce al futuro della Chiesa, poiché sono in ballo i nostri futuri sacerdoti.
Ho detto che, alla luce di tutto ciò, ero tentato di disperare. Questa tentazione, grazie a Dio, è passata rapidamente. Quantunque grande sia il problema, sappiamo che siamo chiamati a progredire nella fede, a fare affidamento sulle promesse che Dio ci ha fatto e a lavorare sodo per fare anche la più piccola differenza possibile all’interno delle nostre sfere di influenza.
Di recente, ho avuto l’opportunità di affrontare tali questioni, così pressanti, con i nostri seminaristi. Ho iniziato e continuerò a parlarne con i preti della diocesi e con i singoli fedeli, di persona, attraverso la mia rubrica settimanale e nelle omelie, cercando, dal mio punto di vista e per quanto ne sono capace, di mettere le cose in chiaro. Ecco ora alcune riflessioni che offro ai fedeli della mia diocesi.
In primo luogo, dobbiamo perseverare nel buon lavoro svolto a tutela del giovane e del vulnerabile. Quest’opera di vigilanza richiede un’attenzione continua, come continuo dev’essere l’affinamento dei nostri sforzi. Dobbiamo insistere nella nostra opera di formazione verso tutti e attenersi alle efficaci strategie già messe in atto, che prevedono perizie psicologiche per ogni candidato al presbiterato e controlli a tappeto sul passato di chiunque operi con i bambini e con altri soggetti vulnerabili.
Dichiaro ancora una volta, come abbiamo già fatto ripetutamente: se siete a conoscenza di un qualunque tipo di abuso perpetrato ai danni di bambini da parte di qualche esponente del clero, contattate le forze dell’ordine. A tal fine potrà eventualmente aiutarvi la nostra coordinatrice dell’assistenza alle vittime che vi metterà in contatto con i funzionari più appropriati. Se sei una vittima adulta di un abuso sessuale avvenuto quando eri piccolo, pure ti incoraggiamo a contattare innanzitutto le forze dell’ordine e, se non vuoi farlo, ti preghiamo comunque di farti vivo con noi.
Ai nostri seminaristi: se qualcuno — chiunque sia — vi ha fatto delle avances non caste, se avete subito abusi o siete stati minacciati, o se siete stati testimoni diretti di comportamenti non casti, riportatelo a me o al direttore del seminario. Affronterò la cosa con vigore e celerità. Nella mia diocesi, oppure ovunque io mandi uomini per scopi di formazione, non tollererò episodi del genere. Confido che il personale da me scelto molto oculatamente per la formazione dei nostri uomini non ignorerà questo tipo di comportamenti scandalosi, e vigilerò perché questo mio auspicio non venga deluso.
Ai nostri preti: molto semplicemente, vivete le promesse proferite il giorno della vostra ordinazione sacerdotale. Voi siete chiamati a servire il popolo di Dio, innanzitutto tramite la preghiera quotidiana della Liturgia delle Ore. Ciò vi aiuterà a mantenervi molto vicini a Dio. Inoltre, avete promesso obbedienza e fedeltà al vostro vescovo. Con spirito di obbedienza lottate per vivere la vostra vita sacerdotale da sacerdoti santi, solerti, puri e felici, come lo stesso Gesù Cristo vi chiama a fare. E, per estensione, vivete in modo casto il vostro celibato, in modo da offrire completamente la vostra vita a Cristo, alla Chiesa e ai fedeli che siete chiamati a servire. Dio vi darà le grazie necessarie per vivere così. Chiedete a Lui l’aiuto di cui avete bisogno ogni giorno e per tutto il giorno. E se qualcuno — chiunque sia — vi ha fatto delle avances non caste, se avete subito abusi o siete stati minacciati, o se siete stati testimoni diretti di comportamenti non casti, riportatelo a me. Non permetterò che queste cose accadano nella mia diocesi, come non lo permetterò nei nostri seminari.
Ai fedeli della nostra diocesi: se siete vittima di abusi di qualunque tipo perpetrati da preti, vescovi, cardinali, o da un qualunque operatore ecclesiale, sollevate la questione. Essa verrà affrontata con giustizia e celerità. E fatelo anche se siete stati testimoni diretti di avances a sfondo sessuale o di qualunque altro tipo di abusi. Tali azioni sono peccaminose e danno scandalo, e non permetteremo ad alcuno di sfruttare la propria posizione di potere per abusare di un’altra persona. Lo ripeto: queste azioni non feriscono solo singoli individui, ma l’intero Corpo di Cristo, la sua Chiesa.
Inoltre, aggiungo il mio nome a coloro che auspicano una riforma efficace e duratura nell’episcopato e nel clero, nelle nostre parrocchie, scuole, università e seminari. Una riforma che sradichi e inchiodi alle proprie responsabilità i potenziali predatori sessuali e i loro complici.
Pretenderò dai preti della mia diocesi il rispetto della promessa di vivere castamente il proprio celibato al servizio vostro e della parrocchia. E ogni mancanza a tale riguardo verrà adeguatamente affrontata.
Analogamente, ogni uomo che studia per diventare sacerdote nella nostra diocesi dovrà assumersi la responsabilità di vivere un casto celibato, in quanto parte integrante della sua formazione per il presbiterato. In caso contrario, si perderà ogni tipo di patrocinio da parte della diocesi.
Io continuerò a pretendere — con i nostri uomini e con il nostro denaro — che tutti i seminari che accolgono gli uomini che mandiamo a studiare vigilino affinché i seminaristi siano al riparo da predatori sessuali e forniscano un clima coerente alla globale formazione di preti santi, fatti a immagine di Cristo.
Chiedo a tutti i fedeli della diocesi un ausilio perché possiamo rendere conto alle autorità civili, ai fedeli nei banchi e a Dio onnipotente, per proteggere non solo bambini e giovani dai predatori sessuali nella Chiesa, ma anche i nostri seminaristi, gli studenti universitari e tutti i fedeli. Prometto di anteporre ogni vittima e le sue sofferenze alla reputazione personale o professionale di un prete, o di altro operatore pastorale, colpevole di abusi.
A ogni lettore di questo testo chiedo preghiere. Pregate ardentemente per la Chiesa e per i suoi ministri. E pregate per voi stessi e le vostre famiglie. Dobbiamo lavorare tutti quotidianamente per la santità personale di ognuno, responsabilizzando innanzitutto noi stessi e poi i nostri fratelli e le nostre sorelle.
Infine, vorrei chiedervi di unirmi a me e all’intero clero della diocesi di Madison nel compiere atti di riparazione, sia pubblici che privati, al Sacratissimo Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria per tutti i peccati di depravazione sessuale compiuti da esponenti del clero e dell’episcopato. Io offrirò, presso l’Holy Name Heights, una Messa di riparazione pubblica il 14 settembre prossimo, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e chiedo a tutti i parroci di fare lo stesso nelle loro parrocchie. Chiedo inoltre a tutti i sacerdoti, ai religiosi e agli operatori della diocesi di celebrare con me le Quattro Tempora di settembre di quest’anno — cioè i giorni 19, 21 e 22 — come giorni di digiuno e di astinenza, in riparazione dei peccati e degli oltraggi compiuti da membri del clero e dell’episcopato, e invito i fedeli laici a fare lo stesso. Alcuni peccati, come del resto alcuni demoni, possono essere scacciati sono con il digiuno e con la preghiera.
Questa lettera, le sue dichiarazioni e le sue promesse non vanno intese come un elenco esaustivo delle cose che possiamo e dobbiamo fare a livello ecclesiale per guarire — e poi difenderci in futuro — da questa grave malattia nella Chiesa. Esse intendono esprimere ciò che, localmente, intendo fare nell’immediato.
Ma prima di ogni altra cosa, come Chiesa dobbiamo porre fine all’accettazione del peccato e del male. Dobbiamo scacciare il peccato dalle nostre vite e correre verso la santità. Dobbiamo rifiutarci di rimanere in silenzio dinanzi al peccato e al male nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità e dobbiamo pretendere che i nostri pastori — io non escluso — lottino giorno dopo giorno in vista della santità. Ciò va fatto nel rispetto amorevole delle persone, avendo tuttavia ben chiaro che non può mai esserci amore vero senza verità.
Proprio in questi giorni — ripeto — vi è tanta comprensibile indignazione e rabbia da parte di molti santi e devoti cattolici, laici ed ecclesiastici, in tutto il Paese. Essi auspicano una riforma reale e «pulizie di casa» che ci liberino da queste forme di depravazione. Io sto dalla loro parte. Non so ancora cosa comporterà tutto ciò a livello nazionale e internazionale. Ma, per la diocesi di Madison, di una cosa sono sicuro, e questa sarà la promessa con la quale concludo: «Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» [Gs. 24,15].
Fedelmente vostro nel Signore.
Mons. Robert C. Morlino
Note:
(*) La traduzione, le inserzioni fra parentesi quadre e le note sono redazionali.
(1) «Perché il salario del peccato è la morte» (Rm. 6,23).
(2) Theodore Edgar McCarrick è stato arcivescovo metropolita di Washington dal 2000 al 2006 e cardinale dal 2001. Accusato di aver compiuto a lungo pratiche omosessuali, anche su minori, quando era vescovo, il 27 luglio 2018 ha presentato la rinuncia da membro del Collegio cardinalizio a Papa Francesco, che ha accettato e ha disposto la sua sospensione dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico, insieme all’obbligo di restare in una casa che gli verrà indicata, per condurre una vita di preghiera e di penitenza, fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico.
(3) «Il profeta odiava i peccatori in quanto peccatori, odiando la loro iniquità, che è il loro male. E questo è l’odio implacabile di cui egli parla [Sal 138,22]: “Li detesto con odio implacabile”. Ora, odiare il male di uno e amarne il bene hanno lo stesso movente. Perciò quest’odio perfetto appartiene alla carità» (Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-IIae, q. 25, art. 6).
(4) Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2358.
(5) «In relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio magistero, “la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate”» (Congregazione per il Clero, Il dono della vocazione presbiteriale, dell’8-12-2016.