Quando la bellezza diventa il punto di partenza per “introdurre” al senso dell’esistenza
di Francesca Morselli
“A voi giovani […]: abbiate sempre gli occhi rivolti al futuro. Siate terreno fertile in cammino con l’umanità, siate rinnovamento nella cultura, nella società e nella Chiesa. Ci vuole coraggio, umiltà e ascolto per dare espressione al rinnovamento.” (Messaggio del Santo Padre ai giovani della F.U.C.I. in occasione del Congresso nazionale straordinario per la Beatificazione di Papa Paolo VI, 17/10/2014)
Queste parole di Papa Francesco mi riecheggiano in testa quando sono in classe e guardo i miei alunni.
Sono docente di un liceo artistico statale, ogni giorno sono a contatto con ragazzi dai 15 ai 19 anni e li osservo nel procedere lento delle giornate scolastiche. Leggo spesso nei loro occhi e nei loro sguardi una vita difficile, non perché raminga o pericolosa come sperimentano molti loro coetanei in altre parti del mondo, ma per il “vuoto” in cui vivono: una mancanza di stimoli, motivazioni, interessi che rende la loro esistenza faticosissima. Guardo ogni giorno i miei studenti pensando che in epoche passate a 20 anni si era genitori, si governavano Stati, si prendevano decisioni che interessavano molte persone, o ci si appassionava e si lottava per una vita migliore e un mondo migliore…. Mentre loro sono soprattutto stanchi, esausti, e la domanda che porgo a loro quotidianamente è: “Ma che cosa vi stanca così tanto in un momento della vita dove la fatica normalmente non dovrebbe essere nemmeno percepita?”
Non sanno rispondermi, probabilmente è la noia, il non avere obbiettivi, motivazioni, non coltivare interessi se non veramente banali ed effimeri. Non credono a niente, non sperano in niente se non “possedere” (soldi, macchine..), e temono qualsiasi cosa (dai rapporti umani, all’amore all’amicizia) e poi piangono per nulla… in una parola, spesso sono davanti ad un esercito di FRAGILI per i quali la vita sembra una montagna insormontabile.
Difficile interagire con donne e uomini del domani che non riescono ad affrontare il reale, perennemente annegati nei loro smartphone, ancora più difficile trasmettere loro qualcosa che li possa interessare e svegliare dal loro torpore. Ecco, dunque, che davanti all’ennesima opera d’arte sacra che guardano distrattamente, inizio a raccontare una storia, quella del santo rappresentato. Una storia fatta di fatiche, di imprese che sembrano impossibili, di prove che vanno oltre la sopportazione naturale e… loro iniziano ad alzare la testa, increduli che persone della loro età abbiano fatto tanto e, incredibilmente iniziano a fare domande e a chiedere, a volere sapere.
Così mi trovo a raccontare vite vissute fino in fondo, storie che sembrano quasi impossibili e, man mano che il mio raccontare procede, li vedo “risorgere”. Allora mi chiedo: perché la società nega grandi ideali e grandi sogni a questi ragazzi offuscati dalle storie di Tik Tok e da quelle di Istagram, perché non si chiede e si pretende da loro di “fare”, di sognare il meglio?
E’ bastata una lezione di storia dell’arte per aprire nuove porte e far balenare la prospettiva di possibili nuove vite. Forse almeno qualcuno ci proverà! Verrà forse risucchiato dall’entusiasmo di compiere grandi cose e di “costruire nuove cattedrali”. Perché alla fine sono gli adulti a non dare loro questa possibilità, a indurli ad una vita in cui in cui l’apparire diventa l’essere e il filmare diventa il fare.
Voglio credere che una santità come quella di Carlo Acutis, ad esempio, possa contagiarli, loro che non credono che oggi esistono santi e che, scoprendolo, ne rimangono stupefatti e affascinati. Come anche rimangono affascinati dalla notizia che Cristo ha detto di amarli fino ad accettare di morire per salvarli (nessuno glielo dice più).
Qualcuno tra loro inizia a sospettare che lo “sballo” non è ubriacarsi il sabato sera, che la vita è una cosa seria e che esistono “porte” sul significato dell’esistenza che possono essere aperte e oltrepassate … se veramente lo si desidera.
Sabato, 7 dicembre 2024