Di Graziella Melina da Avvenire del 27/06/2019. Foto redazionale.
Fra tre mesi scadrà l’ultimatum della Corte costituzionale: il Parlamento italiano deve legiferare in tutta fretta sul tema dell’eutanasia. Eppure il dibattito pubblico sembra non interessarsene più di tanto, mentre si fanno largo rivendicazioni ideologiche che, appellandosi all’autodeterminazione, rivendicano il ‘diritto alla morte’. Del tutto discutibile dal punto di vista giuridico, culturale e sociologico, come hanno dimostrato gli esperti e i giuristi che martedì sono intervenuti a Roma alla presentazione del libro curato da Mauro Ronco Il ‘diritto’ di essere uccisi: verso la morte del diritto?(Giappichelli editore), promossa dal Centro studi Livatino e dalla Fondazione Magna Carta. «Perché la volontà è sacra quando è indirizzata verso la morte e diviene una variabile pressoché irrilevante quando propende per la vita? – ha premesso Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta –. Se il parametro per l’accesso alla morte su richiesta è una sofferenza tale da rendere la ‘qualità dellavita’ al di sotto degli standard di efficienza richiesti da una società nichilista che tende all’eliminazione degli ‘inadatti’, chi può arrogarsi il diritto di stabilire che una sofferenza sia più sopportabile di un’altra?».
L’attacco «al favor vitae è un attacco all’umano, allo stare insieme, all’idea della fratellanza – è l’opinione di Eugenia Roccella, giornalista, già parlamentare e sottosegretario alla Salute –. Questa idea di decidere di noi stessi anche per le cose più estreme è ormai un luogo comune. L’idea stessa di autodeterminazione non è un’idea di libertà. Siamo persone immerse in un tessuto di relazioni che ci condiziona e che noi condizioniamo. Quando siamo fragili siamo in un tessuto di affidamento e di dipendenza». La vita, del resto, «nella fragilità è un bene giuridico che non muta – ha spiegato Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza & Vita –. Perché l’Italia nel giro di 24 mesi dovrebbe scavalcare gli ordinamenti più simili ai nostri? La morte del diritto è la morte delle regole sociali, di tutto quello che si è costruito nei decenni secondo il principio di solidarietà. Quando interviene il diritto e arma una libertà, essa diventa insidiosa anche per se stessi».
Il rischio è dunque che, secondo Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, si passi «da una non punibilità dell’aiuto al suicidio a un diritto al suicidio». Superando un dato di fatto: «Non c’è diritto alla morte – ha ammonito Mauro Ronco, presidente del Centro Studi Livatino –. Sarebbe una norma anticostituzionale».