Cambiare tutto perché non cambi nulla?”: per tentare una risposta a questo quesito relativamente al futuro delle nazioni cadute sotto regimi socialcomunisti, e in modo particolare dell’Unione Sovietica, sono state formulate alcune ipotesi nel corso di un convegno internazionale, che si è tenuto a Milano domenica 8 aprile 1990, promosso da Alleanza Cattolica e dalla Conferenza Internazionale delle Resistenze nei Paesi Occupati, la CIRPO-Italia, e intitolato L’impero socialcomunista fra crisi e “ristrutturazione”.
Il convegno — annunciato attraverso l’affissione di manifesti e la diffusione di volantini nel capoluogo lombardo e presentato a Telelombardia e dal GR2 — si è svolto nel teatro del Centro Missionario PIME, il Pontificio Istituto Missioni Estere, davanti a oltre quattrocento persone, provenienti da diverse regioni italiane.
La manifestazione si è articolata in due sessioni, una al mattino e l’altra al pomeriggio, ed è stato aperto con il canto dell’Inno a Cristo Re eseguito dalla Societas Sancti Gregorii, un’associazione di Ferrara per la diffusione del canto gregoriano.
Dopo una breve presentazione delle finalità del convegno stesso da parte di Marco Invernizzi, responsabile lombardo di Alleanza Cattolica, che ha richiamato una recente meditazione di Papa Giovanni Paolo II sul tema della lotta nella storia fra la verità e la menzogna, è iniziata la prima sessione dei lavori sul tema Dentro la cronaca: i recenti avvenimenti e le nuove classi dirigenti nei Paesi dell’Europa dell’Est.
Presieduta dal giornalista di Avvenire Maurizio Blondet — che ha espresso la sua preoccupazione per come il mondo occidentale e in particolare gli Stati Uniti stiano rispondendo alla crisi dei paesi comunisti — la sessione si è articolata nelle relazioni di Fabrizio Del Noce e di Pierre Faillant de Villemarest.
Il primo ha portato la sua testimonianza di inviato speciale del TG1 in numerose nazioni dell’Europa Orientale, soffermandosi a descrivere gli avvenimenti che hanno portato alla caduta dei regimi socialcomunisti e come, soprattutto dopo il loro crollo, sia stato possibile rendersi conto di quanto il comunismo al potere abbia distrutto le infrastrutture nazionali e negato la stessa dignità delle persone, rendendo difficilissima la possibile ricostruzione di un mercato dopo decenni di collettivismo e pregiudicando la possibilità stessa che persone adulte sottoposte a decenni di regime totalitario possano ritornare a condurre una vita normale sotto il profilo della produzione e dell’imprenditorialità.
Ha quindi preso la parola il giornalista e sovietologo Pierre Faillant de Villemarest, che ha fornito una dettagliata descrizione delle nuove classi dirigenti delle nazioni dell’Europa dell’Est dopo gli avvenimenti della fine del 1989, raccontando i retroscena del lavoro dei servizi segreti dei rispettivi partiti comunisti collegati al KGB per favorire l’ascesa al potere di uomini strettamente legati alla politica di Mikhail Gorbaciov, come è avvenuto in Romania e in Bulgaria, e dell’opera di condizionamento delle attuali classi dirigenti anticomuniste, come in Cecoslovacchia e nella Germania Orientale, sempre ad opera dei servizi segreti. In quest’ultima nazione, come ha raccontato il fondatore della CIRPO-France, si è verificata la vicenda emblematica dell’ex direttore dei servizi segreti, Markus Wolf — strettamente legato a Mikhail Gorbaciov e per questo motivo “dimissionato” da Erich Honecker nel febbraio del 1987 —, che nei trenta mesi successivi, fino alla caduta del Muro di Berlino, è riuscito a costituire 2.400 comitati di base in tutto il paese e con questi a “infiltrare” sia il vecchio Partito Comunista — poi diventato socialdemocratico — sia buona parte dell’opposizione anticomunista, fra cui Neues Forum, l’organismo principale della dissidenza contro il regime di Eric Honecker. Queste considerazioni non significano — ha concluso il relatore francese — che le forze politiche vincitrici delle elezioni non siano sinceramente anticomuniste, ma vogliono sottolineare come le “talpe” presenti nell’apparato dello Stato rimangano molte, molto influenti e operanti in stretto collegamento con Mosca. Pierre Faillant de Villemarest ha concluso la sua relazione ricordando la drammatica prova di forza in corso in Lituania — dove opera fra l’altro, come consigliere del presidente Vitautas Landsbergis, uno dei fondatori della CIRPO-France, Richard Backis, che partecipò a Milano, il 1° dicembre 1984, alla fondazione della CIRPO-Italia — facendo peraltro presente al pubblico italiano come Lituania, Lettonia ed Estonia operino in stretto collegamento fra loro di fronte alla prepotenza sovietica e come in Lituania almeno un quarto dei residenti sovietici siano favorevoli all’ottenimento dell’indipendenza nazionale da parte della nazione baltica.
La sessione pomeridiana, dedicata al tema Dalla cronaca alla storia: passato e futuro dell’impero socialcomunista, è stata presieduta da Giorgio Olah de Garab, ingegnere ungherese profugo in Italia dopo il 1956, costretto alla fuga per aver partecipato alla rivolta anticomunista e da qualche anno presidente della comunità cattolica ungherese di Milano. Prima di presentare i relatori, l’esule ungherese ha brevemente ricordato le drammatiche vicende in corso in Transilvania, dove membri della Securitate e della ex Guardia di Ferro romena hanno provocato scontri di natura etnica fra la popolazione romena e quella ungherese abitanti nella regione.
Ha quindi svolto la sua relazione monsignor Josef Motal, docente di lingua ceka all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha ripercorso le tappe salienti della storia del suo paese, in particolare di quella recente, dal colpo di Stato comunista del maggio 1948 fino agli ultimi giorni del 1989, culminati nella caduta del regime e nella successiva elezione alla presidenza della Repubblica di Václav Havel. Monsignor Josef Motal — che solo recentemente è potuto ritornare nella sua patria, dopo oltre quarant’anni di esilio forzato — ha anche letto una significativa lettera scritta dal teologo cecoslovacco Josef Zverina a proposito dei gravi danni provocati alla Chiesa cecoslovacca, durante la persecuzione, dall’associazione Pacem in Terris, composta da sacerdoti legati al regime comunista.
L’ultima relazione del Convegno è stata tenuta dal fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni, con un intervento dal titolo Fra crisi e “ristrutturazione”: ipotesi sul futuro dell’impero socialcomunista. Il direttore di Cristianità — dopo aver premesso di dare al concetto di “impero socialcomunista” un significato non solo politico-statuale, ma anche culturale — ha segnalato l’esistenza di un’interpretazione del marxismo che propone la riduzione di tutto il reale — compreso l’uomo — a natura, mettendo in ombra la ri-creazione del reale medesimo. In quest’ottica, il relatore ha ipotizzato — anche sulla base di recenti interventi di pensatori e uomini politici comunisti — l’assunzione da parte marxista di una veste “romantica” in chiave “ambientalista” o “verde”, tesa a evitare la rilevazione del fallimento totale della modernità, a superare la drammatica crisi in cui il comunismo versa e a rilanciare una nuova fase del processo di secolarizzazione e di scristianizzazione del mondo.
Terminate le relazioni, il convegno si è concluso con la celebrazione, nella Cappella dei Martiri, adiacente al teatro del PIME, della Messa da parte di don Alfredo Morselli, del clero di Massa Carrara-Pontremoli, che è stata accompagnata da canti eseguiti dalla Societas Sancti Gregorii.
Al convegno hanno inviato messaggi di adesione il professor Plinio Corrêa de Oliveira, presidente del Consiglio Nazionale della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, l’assessore all’Industria e Artigianato della Regione Lombardia on. Serafino Generoso, l’on. Ignazio La Russa, l’on. Pino Rauti e il consigliere comunale Angelo Parisciani, presente in sala.