
Da Avvenire del 12/08/2020
«Esprimo la mia tristezza e la mia totale contrarietà ». Il vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca, alza la voce contro il governo per le nuove linee guida sull’aborto, che prevedono l’utilizzo della Ru486 inday hospital (quindi non più in regime di ricovero) e fino alla nona settimana di gravidanza. Il presule punta il dito contro «alcune affermazioni di parlamentari» secondo i quali si tratta di una «risposta civile e moderna, che spazza via ogni concezione medievale del ruolo delle donne». Al contrario, per il vescovo di Reggio Emilia, «invece di scegliere la strada dell’aiuto alla maternità, in una situazione di declino demografico che sta mettendo una seria ipoteca sul futuro del nostro Paese, si nasconde ipocritamente l’origine vera di questa decisione: gravare meno sulle strutture ospedaliere, anche a costo di pesanti conseguenze che il Consiglio superiore della sanità nelle sue Linee guida del 2010 aveva riconosciuto come rischiose per la salute della donna».
Le nuove guida sull’aborto sono tutt’altro che una «conquista di civiltà» anche per il vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D’Ercole. «Ministro Speranza – scrive in untweet rivolgendosi al titolare del ministero della Salute – non ho mai visto pace nel cuore di donne che hanno abortito. Solo chi, come noi sacerdoti, ascolta e confessa conosce questo dramma per cui tante mamme non riescono a trovar ragione. Altro che conquista di civiltà!».
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