Da La presenza di Maria. Medjugorje del Dicembre 2018. Foto da ilfattonisseno.it
Ci sono due “mondi” ai quali il Papa dedica una costante attenzione e che ricorrono con frequenza nei suoi interventi: il mondo dei poveri, nel senso più ampio del termine, e il mondo dei perseguitati, in particolare i cristiani. Così, anche recentemente, il Papa li ha ricordati specificamente, i primi nell’omelia della Messa celebrata durante la Giornata mondiale dei poveri il 18 novembre e gli altri, i cristiani perseguitati, in occasione di un discorso rivolto ai cavalieri del Santo Sepolcro due giorni prima, il 16 novembre scorso. I poveri sono certamente quelli che muoiono di fame o comunque non riescono a mangiare in modo dignitoso in diverse parti del mondo, in Africa e in Asia certamente, ma anche in molte megalopoli dell’America Latina. Ma la categoria va estesa perché anche in Europa, soprattutto negli ultimi dieci anni, i poveri sono aumentati. Si tratta di una povertà diversa da quella degli altri continenti, ma certamente rivela una grande difficoltà ad arrivare alla fine del mese per tante famiglie e, per esempio, per tanti padri separati costretti spesso a mantenere due nuclei familiari. Secondo l’Istat, ci sono in Italia oltre 5 milioni di persone che vivono in povertà assoluta e quasi 10 milioni in povertà relativa. Le Conferenze di San Vincenzo e le Caritas delle parrocchie delle grandi città possono confermare l’aumento della povertà a partire dal 2005. Ci sono però altri poveri che il Papa ricorda e che spesso vengono dimenticati, per esempio i bambini ai quali viene impedito di nascere: «Il grido dei poveri: è il grido strozzato di bambini che non possono venire alla luce» ha detto il Santo Padre il 18 novembre. Non è politicamente corretto ricordarli oggi, perché vuol dire prendere una posizione culturale scomoda, quella della difesa della vita dal concepimento alla morte naturale. Ciò significa andare contro la “cultura della morte”, come la chiamava san Giovanni Paolo II, una cultura che vuole aborto ed eutanasia legali come simboli del diritto della donna di uccidere il concepito e di ogni persona di suicidarsi. È molto difficile, a 40 anni dalla legge 194, spiegare che la vita o è sacra sempre oppure rientra nella disponibilità del potere del più forte. Una legge crea tendenza e di solito aumenta il consenso che aveva quando divenne tale.
Il dramma della persecuzione Fra i poveri non dobbiamo dimenticare i perseguitati e fra i perseguitati in particolare i nostri fratelli nella fede: «È di fronte al mondo intero – che troppe volte volge lo sguardo dall’altra parte – la drammatica situazione dei cristiani che vengono perseguitati e uccisi in numero sempre crescente». I cristiani infatti sono le principali vittime della mancanza di libertà religiosa in tanti Paesi del mondo. Pensate al Pakistan e ad Asia Bibi, la madre cristiana che è stata in prigione in quel Paese per nove anni perché cristiana, accusata in base a una legge sulla blasfemia che può portare alla condanna a morte praticamente chiunque. Ma il Pontefice accenna anche a un altro problema, questa volta interno ai Paesi occidentali: «il loro “martirio bianco”, come ad esempio quello che si verifica nei Paesi democratici quando la libertà di religione viene limitata». La violazione della libertà religiosa non passa soltanto attraverso la violenza, ma si verifica anche quando le minoranze religiose non godono degli stessi diritti civili e politici delle maggioranze o quando anche nei Paesi cattolici la libertà religiosa viene limitata o emarginata, considerando per esempio la religione un semplice fatto privato che non deve incidere nella vita pubblica. Anche i cristiani perseguitati sono poveri per i quali pregare e verso i quali cominciare a dedicare una maggiore attenzione nelle parrocchie, nei movimenti, fra tutti noi “cattolici della domenica”, che a fatica riusciamo a comprendere la loro condizione di poveri o perseguitati e che ci vediamo togliere il diritto alla libertà religiosa senza neanche accorgercene.
Marco Invernizzi