Visita alla basilica di S. Maria del Carmine a Milano
di Michele Brambilla
Il 16 luglio ricorre la festa della Madonna del Carmelo, a cui è legata la devozione dello Scapolare, un abitino in tessuto che si indossa come segno di appartenenza a Maria e pegno della sua materna protezione. L’introduzione dello Scapolare si deve al generale dell’ordine carmelitano san Simone Stock (1165-1265), che lo ricevette nel 1251 direttamente dalla Vergine.
Nell’area milanese ci sono diversi santuari e conventi, ma il più insigne è la basilica del Carmine accanto al Castello Sforzesco. Edificata a partire dal 1391 su un terreno donato nel 1354 e rimaneggiata molte volte lungo i secoli (la prima volta già nel 1446), era la “cappella nobile” del medesimo Castello (che ne aveva un’altra, più “marziale”, all’interno delle mura castellane) e diede il nome ad una fiorente contrada cittadina. La Scuola (confraternita) dell’Abito del Carmelo nel Quattrocento era tra le più blasonate di Milano e mantenne un legame molto saldo con l’ambiente militare, tanto che ancora oggi ha sede, nei pressi, il Comando del III Corpo d’Armata.
La basilica si presenta con la propria facciata in mattoni, secondo il tipico schema gotico milanese: essa, però, nella forma odierna risale all’opera di Carlo Maciachini (1818-99), lo stesso architetto del Cimitero Monumentale di Milano. Il campanile della chiesa, edificato nel 1664, fu abbassato nel secolo successivo per ordine della guarnigione austriaca del Castello Sforzesco.
L’interno, solenne e arioso, è frutto anch’esso dei pesanti restauri ottocenteschi, ma conserva la strabiliante cappella del Carmine (1730), opera di Gerolamo Quadrio (1625-79), che la collocò a destra della cappella maggiore. La cappella, architettonicamente parlando, è introdotta da un quadrilatero e si conclude in un’absidiola spettacolare per le sue decorazioni pittoriche, affidate a Stefano Maria Legnani detto il “Legnanino” (1661-1713) e a Camillo Procaccini (1561-1629). Procaccini, in particolare, realizzò le grandi tele che illustrano le prefigurazioni veterotestamentarie di Maria. Un altro Quadrio, l’intagliatore Giovanni (1659-1722), scolpì gli intarsi della sacrestia storica tra il 1692 e il 1700: gli armadi sono tra i più belli di tutta Milano.
Numerose anche le opere ottocentesche: il battistero di Felice Pizzagalli (1787-1851), la cappella del Sacro Cuore di Maciachini e quella della Madonna del Rosario di Osvaldo Bignami (1856-1936). Tutti autori che si fecero un nome soprattutto al Monumentale e che qui vollero ugualmente imprimere il loro stile, pesante e pomposo come solo l’Ottocento romantico e positivista riuscì ad essere. Fortunatamente sopravvive anche qualcosa di medievale, come le volte a crociera con lo stemma di Angelo Simonetta (?-1472), consigliere ducale, di cui è conservata anche la tomba quattrocentesca nel transetto.
Il coro (1579-1662) è molto semplice ed è alterato dalla cassa d’organo neogotica, che stona con l’impronta serenamente barocca del presbiterio. Perlomeno le statue in gesso che ornano la mostra d’organo sono calchi originali di vere statue in marmo che furono collocate, nell’Ottocento, sulle guglie del Duomo di Milano.
Il magnifico altare maggiore marmoreo è in stile neoclassico e presenta il tipico schema borromaico a ciborio. Custodisce due tabernacoli: uno a turrula sotto il ciborio e un altro, sul piano della mensa, in legno, per comodità del celebrante.
Sabato, 16 luglio 2022