La preghiera, dice il Papa, alimenta la fede esattamente come fa l’olio con le lampade. E la Chiesa è maestra di preghiera
di Michele Brambilla
Presentando i contenuti dell’udienza generale del 14 aprile, Papa Francesco esordisce con la seguente affermazione: «la Chiesa è una grande scuola di preghiera. Molti di noi hanno imparato a sillabare le prime orazioni stando sulle ginocchia dei genitori o dei nonni». «Poi, nel cammino della crescita, si fanno altri incontri, con altri testimoni e maestri di preghiera»: all’ambiente familiare subentra, in perfetta sintonia, la catechesi parrocchiale, che introduce anzitutto il criterio ecclesiologico ed evita lo scoglio dell’intimismo. «La vita di una parrocchia e di ogni comunità cristiana è scandita dai tempi della liturgia e della preghiera comunitaria», sottolinea il Santo Padre. «Quel dono che nell’infanzia abbiamo ricevuto con semplicità, ci accorgiamo che è un patrimonio grande, un patrimonio ricchissimo, e che l’esperienza della preghiera merita di essere approfondita sempre di più» in un contesto comunitario, crescendo assieme all’età.
Il Papa paragona la preghiera al respiro. Il ruolo della Chiesa nell’educazione alla preghiera è altrettanto vitale di quello della famiglia, perché è proprio nella comunità cristiana che fioriscono molte iniziative di preghiera. «Qualche cristiano sente perfino la chiamata a fare della preghiera l’azione principale delle sue giornate. Nella Chiesa ci sono monasteri, ci sono conventi, eremi, dove vivono persone consacrate a Dio e che spesso diventano centri di irradiazione spirituale. Sono comunità di preghiera che irradiano spiritualità. Sono piccole oasi in cui si condivide una preghiera intensa e si costruisce giorno per giorno la comunione fraterna». Nel Settecento illuminista i conventi, specialmente se appartenenti ad un ordine contemplativo, erano giudicati “inutili”, invece «sono cellule vitali, non solo per il tessuto ecclesiale ma per la società stessa. Pensiamo, per esempio, al ruolo che ha avuto il monachesimo per la nascita e la crescita della civiltà europea, e anche in altre culture. Pregare e lavorare in comunità manda avanti il mondo. È un motore» insostituibile.
Spesso i cattolici si lasciano prendere dall’attivismo. Francesco parafrasa: «“Dobbiamo cambiare questo, dobbiamo prendere questa decisione che è un po’ forte…”. È interessante la proposta, è interessante, solo con la discussione, solo con i media, ma dov’è la preghiera», che è la vera arma contro il male e le tendenze disordinate che ognuno possiede? Occorre ribadire che «le donne e gli uomini santi non hanno una vita più facile degli altri, anzi, hanno anch’essi i loro problemi da affrontare e, in più, sono spesso oggetto di opposizioni. Ma la loro forza è la preghiera, che attingono sempre dal “pozzo” inesauribile della madre Chiesa».
Si può, quindi, introdurre un altro paragone: «“Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Questa domanda sta alla fine di una parabola che mostra la necessità di pregare con perseveranza, senza stancarsi (Lc 18,1-8). Dunque, possiamo concludere che la lampada della fede sarà sempre accesa sulla terra finché ci sarà l’olio della preghiera. La lampada della vera fede della Chiesa sarà sempre accesa sulla terra finché ci sarà l’olio della preghiera». Il Papa condanna ancora una volta lo stile “manageriale”: l’alternativa è il modello del “contemplativo in azione”, nel quale la contemplazione, cioè la preghiera, precede l’apostolato attivo e lo alimenta incessantemente.
Giovedì, 15 aprile 2021