Nato intorno al 907, divenne, ancora adolescente, nel 921, duca di Boemia, in un momento decisivo della storia del suo popolo, quello della formazione della nazione boema e dell’organizzazione dello stato. Fu educato al Cattolicesimo in modo profondo dalla nonna Ludmila e, nonostante il diverso orientamento politico della madre, Drahomira [890-935 ca.], cercò di orientare il suo paese verso l’amicizia con la Cristianità occidentale e fu un propagatore instancabile della fede cattolica. Pagò, ancora assai giovane, questo suo atteggiamento con la vita: fu infatti assassinato, il 28 settembre 929, a seguito di una congiura capeggiata da suo fratello Boleslao e motivata dal suo atteggiamento considerato troppo filo-ecclesiastico e filo-occidentale. Venne ben presto venerato come martire della fede, esaltato in leggende, considerato il protettore dello stato; la sua immagine fu riprodotta sulle monete e sui sigilli dei duchi e poi dei re di Boemia; un’antica canzone medievale che lo invocava divenne inno nazionale; dal XIV secolo, per volontà dell’imperatore Carlo IV [1316-1378], il regno si chiamò «terre della corona di San Venceslao». Anche negli ultimi drammatici decenni del suo paese la sua figura è stata, per credenti e non credenti, per cattolici e protestanti, punto di riferimento delle lotte per la libertà. La sua figura ci ispira due rapide considerazioni. La prima vuol sottolineare l’importanza delle nonne: una decina di anni fa, nel periodo di maggior espansione del comunismo nel mondo, un amico ci diceva che «il comunismo non può vincere perché, per quanto brutale, non può uccidere tutte le nonne», intendendo individuare in esse le custodi di una tradizione che si può opprimere ma non uccidere. La seconda riguarda il ruolo storico decisivo del Cattolicesimo nella formazione delle nazioni, nel passaggio da orda a popolo, nell’inserimento nell’Europa; ed è una meditazione importante in un momento in cui si parla di unità europea senza voler ricordare le radici cristiane su cui tanto insiste Giovanni Paolo II [1978-2005].
Marco Tangheroni,
Cammei di santità. Tra memoria e attesa,
Pacini, Pisa 2005, pp. 45-46